Detta così, l’idea del dottor André Gernez assicurerà l’odio di tutti i positivisti, progressisti e materialisti,che sono legione. La cosa non gli sarebbe dispaciuta: Gernez, morto a 91 anni nel 2014, ha passato la vita a escogitare teorie mediche provocatorie e un protocollo di prevenzione non convenzionale del cancro che sono stati catalogati dalle autorità oncologiche francesi come “privi di basi scientifiche” e persino “scandalosi”. Poiché come sapete posso dirmi guarito dal cancro polmonare grazie ad un medico scandaloso che per le sue cure non convenzionali s’è visto colpire da condanne penali e privare persino della pensione – Mi si scuserà se non scarto subito l’ipotesi di Gernez sulla più diffusa, devastante e galoppante demenza senile del secolo.
Gernez abbraccia il postulato evoluzionista secondo cui il cervello umano consta di tre strati, che sarebbero apparsi successivamente nel processo evolutivo: il cervello-rettile, il più antico e primitivo, che presiede al funzionamento vegetativo incoscio, reagisce a pulsioni prmordiali – rabbia e paura, attrazione sessuale, fame – essendo il resto di quella fase evolutiva di quando avevamo antenati comuni coi tirannosauri…Sopra questo, s’è sviluppato il cervello “limbico”, che avvolge il rettiliano sottostante: è quello che aggiunge alla personalità la dimensione affettivo-emotiva, la facoltà di prendere decisioni in base a reazioni emozionali (“Le ragioni del cuore”); presiede all’olfatto ma anche alle intuizioni e alle credenze, e collega il sistema endocrino a quello nervoso; è il cervello della “interiorità”, sia somatica sia viscerale e psichica.
Sopra il limbico, si stende la cosiddetta “neo-corteccia”, per dire che è stata l’ultima e più avanzata ad apparire nell’evoluzione: presiede al ragionamento, al linguaggio articilato, alla conoscenza discorsiva, analitica e critica. Più il mammifero è “evoluto”; più la neocorteccia è sviluppata: nell’uomo moderno costituisce l’85% della massa cerebrale.
Ora, è interessante aggiungere che ciascuno di questi tre strati ha conservato “la propria specifica intelligenza, la propria soggettività, le proprie memorie e il proprio senso spazio- temporale”. Sono tre cervelli in qualche misura autonomi.
E nel sistema limbico è situata fisiologicamnte la “funzione religiosa”, come forte carattere dominante. Lo dimostra l’antropolgia: Quando appare l’Homo, sia Erectus, habilis, ergaster, Neanderthalensis, mostra invariabilmente pratiche religiose rivelate nelle sepolture; queste sono sistematicamente realizzate con rituali, implicanti una qualche forma di credenza in un mondo invisibile e superiore: la posizione fetale del cadavere, la sua colorazione con ocra rossa, le offerte rituali e le armi attorno al corpo… persino l’Ergaster di Giava, che a lungo è stato chiamato Pitecantropo perché ritenuto l’anello di congiunzione tra uomo e scimmia, vissuto mezzo milione di anni fa, rompeva i crani umani dei nemici (per succhiarne il cervello..) in un modo rituale (uguale per questo tipo dalla Cina all’Africa) dopo aver asportato la faccia. Il Neanderthal non sapeva parlare (era privo di faringe) ma aveva un culto dei morti. “L’uomo è stato religioso prima di essere pensante”, diceva Gernez. Verissimo. La paleontologia mostra che non c’è mai stata una umanità primitiva senza una religione; che questo istinto religioso non deriva da pensieri elaborati su Dio, ma è pre-logico (ogni devoto sa che è importante non la mente, ma “il cuore”).
La “religiosità” è contenuta nel patrimonio genetico e si trasmette ereditariamente. La domanda che si pone all’evoluzionista è: come mai questo carattere non è recessivo? Sono detti recessivi i caratteri ereditari che tendono a scomparire perché la funzione che assicurano diventa superflua o controproducente. La “religiosità” limbica è un carattere fortemente dominante: non solo è antichissimo e permane ancor oggi, ma è universale (non c’è una sola razza umana irreligiosa), e compare in qualunque civiltà.
Peggio: nel ventesimo secolo, ideologie totalitarie hanno vietato l’espressione pubblica e l’educazione religiosa con mezzi repressivi e polizieschi di una violenza e capillarità mai visti prima. Dagli anni ’10 agli anni ’30 il Messico conosce un regime massonico che mette il cattolicesimo fuorilegge; preti vengono uccisi a Messa, nasce la rivolta dei Cristeros, la fede resiste ancor oggi. La Turchia sotto Ataturk diventa uno stato radicalmente secolarizzato: oggi il 98,2 per cento dei turchi professa la fede islamica. La Russia scatena una persecuzione feroce e mai vista per 70 anni; appena la coercizione si allenta, il popolo torna alla fede. Nel 2011 il presidente Dmitri Medvedev incontra il patriarca Kirill e ammette: “Non avrei mai potuo immaginare, quindici anni fa, che la rinascita della fede ortodossa sarebbe stata così rapida”: In Vietnam, nel 2013, “410 candidati si sono presentati alla porta del seminario di Vinh-Tanh…affluenze recordo anche negli altri seminari e case religiose; il fenomeno è specialmente vistoso nel Nord, dove questi erano stati chiusi d’autorità da decenni” .
Quando un carattere genetico resiste così tenacemente, quando non tende a scomparire nemmeno se diventa superfluo o addirittura dannoso alla sopravvivenza dell’individuo, vuol dire – per l’evoluzionista – una cosa ben precisa: vuol dire che svolge una funzione essenziale alla specie. Vuol dire che la ritualità, la credenza, la tendenza a mitologizzare, la pulsione a rivolgersi ad una entità suprema – il dottor Gernez parla di Teotropismo, come per i girasoli si parla di “fototropismo”, orientamento verso la luce – è utile. Il teotropismo è una funzionee “che serve” all’uomo. Altrimenti sarebbe stata da tempo cancellata, come un carattere recessivo, con lo sviluppo della razionalità e della neocorteccia.
E’ esattamente ciò che credeva Auguste Comte (1798-1857), fondatore del Positivismo filosofico: giunto felicemente allo stadio della scienza e dell’industria- predicò Comte – l’uomo si applica alle osservazioni sulla materia, e abbandona le illusioni metafisiche. Anzi, le “deve” abbandonare, perché l’oscurantismo e la superstizione sono di ostacolo al Progresso.
Sulla base delle idee di Comte, nella Francia di fine ‘800, vengono chiuse 16 mila scuole cattoliche, soppresse 265 congregazioni religiose, vietate l’educazione alla religione, 6 mila religiosi sono espulsi. Il celebre ministro della pubblica istruzione, Jules Ferry, framassone e socialista, introduce l’educazione laica obbligatoria al posto della religione, alle elementari. “Il mio scopo”, dirà a Jean Jaurés, “è di organizzare l’umanità senza Dio e senza re”.
Scopo raggiunto, e non solo in Francia. Oggi la secolarizzazione compiuta sembra aver raggiunto il successo auspicato da Comte: in tutta Europa la pratica religiosa è ridotta al 2-5% della popolazione, le masse accettano serenamente di essere pure entità zoologiche, senza un destino ulteriore alla morte, senza obblighi verso un Salvatore. E’ un’umanità liberata, e tutta orizzontale, quella che avanza nella storia occidentale.
Liberata davvero? Il dottor Gernez la dichiarava una umanità “carente”. In carenza cronica di stimolazione limbica, quindi con questa parte del cervello in qualche modo appiattita e sottosviluppata. La maturazione limbica avviene nel bambino, e gli anni dell’insegnamento elementare sono cruciali per il suo sviluppo sano. L’insegnamento “laico” non cancella senza conseguenze le aspirazioni religiose; le deforma e arretra a liveli retrogradi di superstizione: 37 francesi su cento credono all’astrologia e 23 su cento consultano veggenti, 21 su cento vanno dai maghi e temnopno la stregoneria…e la credutlità è spesso proporzionale alle conoscenza scientifiche dell’individuo.
Potreste obiettare: ma se il “teotropismo” fosse una funzione innata come sostiene Gernez, finirebbe per esprimersi nonostante tutti gli sforzi positivisti. Non è esattamente così: le funzioni innate hanno bisogno di essere educate. Gernez porta il caso raro ma documentato dei “bambini-lupo”: allevati da animali negli anni cruciali dell’apprendimento infantile, non sono mai stati in grado di parlare in modo articolato. Eppure il linguaggio è – eccome – una funzione innata; ma non si compie senza un apprendistato, una stimolazione complessa e vivace del mondo umano esterno. Tutti conoscono fin troppo bene la difficoltà ad imparare una lingua in età adulta, mentre il bambino la impara dalla mamma senza sforzo.
L’insegnamento “positivista”, lo sforzo di svluppare già nel bambino la “mentalità scientifica”, la “concretezza”, far leggere i giornali anziché raccontargli favole, demitizzare i miti…insomma tutto questo si traduce in una immaturità, in un mancato sviluppo del cervello limbico.
Un’atrofia del cervello limbico
Ora, dal 1901 viene descritta per la prima volta, dal dottor Alois Alzheimer, una speciale demenza senile precoce. Da allora la malattia di Alzheimer, da rara, è diventata un’epidemia in crescita spaventosa: in Italia i casi sono 700 mila, in Francia erano 860 mila nel 2005, si prevede che saranno 1,3 milioni nel 2020. “Una patologia inattesa, esuberante, senza controllo, nè prevenzione nè cura”. Che dà una terriobile dipendenza: il malato deve essere preso in carico istante per istante, spesso il suo peso grava sulle famiglie – o su un familiare singolo, in questo mondo che ci ha “Liberato” dalle famiglie allargate.
“Quando raggiungerà la cifra attesa di 1.2 -1,3 milioni di casi, per la semplice assistenza bisognerà mobilitare un decimo della popolazione”. A quel punto, il Regista ne approfitterà: “Si dovrà togliere l’interdetto sull’eutanasia”.
“Dal punto di vista istologico e funzionale, l’Alzheimer si caratterizza come una atrofia del cervello limbico…la grande severità delle lesioni limbiche spiega perché il primo sintomo sia la turba della memoria breve. Viene colpita la memoria semantica, ciò che costituisce il bagaglio culturale del paziente, il sapere sul mondo…in modo gravissimo. Una gravità che non si riscontra nell’invecchiamento cerebrale normale”.
Il dottor Gernez sosteneva che la pedagogia positivista , specie alle elementari, potesse essere la causa di questa epidemia esplosiva di una demenza che colpisce il cervello limbico. Sarebbe saggio non escluderla pregiudizialmente dalle ipotesi: la funzione teotropica, carattere così fortemente dominante nella storia e preistoria umana, non può essere forze repressa senza effetti collaterali inattesi. Personalmente, terrei presente anche l’abbandono di bambini (e vecchi) per dcine di ore davanti alla tv: bombardati da immagini che “sostituiscono” la fantasia come produzione autonoma, e la capacità di farsi immagini mentali. Un tempo questa capacità eidetica doveva essere più facile: gli esercizi spirituali di Loyola, e la Vita Devota di san Francesco di Sales, e gli altri corsi di addestramento alla preghiera, come lo yoga indù, invitano tutti a farsi immagini mentali, ad immaginarsi in situazioni o ambienti composti con la memoria, a “vedere” interiormente. La difficoltà nella preghiera che incontra l’uomo d’oggi, temo, sia un risultato del bombardamento di immagini e suoni cui siamo immersi, della manzanza di silezio, persino della abolizione di ogni momento di “noia”, solitudine e riflessione. Tutto questo appiattisce ciò che si chiamava “l’Esprit de Finesse”, le ragioni, la sapienza del Cuore – il cuore così centrale nella vita religiosa, come ispiratore e luogo dell’ascolto intimo di Dio, che fisiologicamente è appunto un evocare le risorse e le funzioni del cervello limbico, fino alla conoscenza mistica, la visione pre-razionale o sovra-razionale.
Come possiamo capire, è assai difficile che il Sistema di potere della secolarizzazione compiuta corregga la sua pedagogia carenziale e insegni ai bambini le favole, e le preghiere. Ed anche se per assurdo accettasse, “l’effetto – ha scritto Gernez – non si vedrebbe che dopo decenni, mentre la progressione vigente della malattia implica provvedienti d’urgenza”.
Una buona notizia, finalmente.
C’è un modo applicabile subito, e piacevole, per – se non impedire –r itardare l’insorgenza dell’Alzheimer. E se solo si potesse ritardare di cinque anni l’apparizione dei primi sintomi, hanno valutato all’Istituto Pasteur, già si diminuirebbe della metà la frequenza della malattia. Ebbene: il rimedio è bere.
L’alcolizzazione alimentare. Uno studioo condotto in Francia ha dimostrato che coloro che bevono tra 250 e 500 ml di vino al giorno hanno un rischio di Alzheimer diminuito del 72% rispetto agli astemi.
Uno studio olandese (Università Erasmo da Rotterdam) condotto su 5395 persone seguite durante sei anni, e completato nel 1999, ha mostrato quanto segue: degli individui studiati, 197 avevano contratto l’Alzheimer o una demenza senile simile. Coloro che bevevano da 2 a tre bicchieri al giorno presentavano però un rischio di incidenza inferiore del 42 % rispetto a coloro che non bevevano. Lo studio ha sfatato il “mito” del vino rosso come toccasana; qualunque tipo di alcol va bene, senza supearre le dosi dei due o tre bicchieri al giorno. Finalmente una buona notizia. Che conferma, del resto, la vox populi: in Toscana s’è sempre detto che “il vino è il latte dei vecchi”.