Dino Cofrancesco è senza dubbio una delle migliori intelligenze che calcano la scena del dibattito culturale. Le sue argomentazioni, in articolo ripreso dal blog dello storico Franco Cardini (in calce il link per prenderne visione), sembrano inoppugnabili in un’ottica liberale. Tuttavia, a giudizio dello scrivente, l’esimio Professore resta incagliato nelle ragioni stesse del liberalismo – Cofrancesco è un liberale conservatore – le quali inevitabilmente, avendo fatto cortocircuito, sono entrate in collisione con la dinamica storica della vicenda occidentale, che ha svelato la strumentale illusorietà di quelle ragioni. Per questo lo scrivente non può non propendere per il punto di vista di Marcello Veneziani, al quale Cofrancesco con il suo intervento ha voluto dare una risposta, e vado a spiegare brevemente le mie motivazioni. Quello del sincero liberale, come Cofrancesco (e come un mio caro amico con il quale sull’argomento ho da tempo un frequente ed acceso confronto), per il quale tutto sommato l’Occidente ha mille difetti ma garantisce libertà, anche di parola, senza che nessun oppositore o contestatore finisca in galera, è un “ritornello” smentito dai fatti, ad iniziare dalla vicenda di Julian Assange. Michele Federico Sciacca, un gentiliano che, attraverso Antonio Rosmini, trovò la fede cattolica, distingueva tra Occidente ed occidentalismo rilevando che il principio cardine del liberalismo, ossia la negazione della possibilità stessa della Verità data e non autocostruita dall’uomo, comporta inevitabilmente il tradimento di quel principio e la trasformazione del massimo di libertà in massimo di autoritarismo, indotto, tra l’altro, dalla conformistica acquiescenza delle masse verso il potere, verso qualunque forma di potere non escluso quello minimale presunto dal liberalismo. É esattamente questo rovesciamento paradossale che si ostinano a negare i cantori delle magnifiche virtù del liberalismo il quale, essi sostengono, nonostante tutto crea, laddove instaurato, un regime di libertà per chiunque, in modo che ciascuno possa esprimersi senza timore di repressione. Pertanto quando fai loro osservare la contraddizione ti annoverano subito tra i “nemici” della società aperta (quasi un onore se si pensa che Popper tra questi nemici poneva persino Platone). D’altro canto è difficile spiegare ad essi che chi, come lo scrivente e come Veneziani, critica il liberalismo partendo dalle sue contraddizioni ed aporie non lo fa perché auspica chissà quale dittatura totalitaria – per quanto mi riguarda, essendo per natura incline alla discussione, anche calda purché leale, mi sono sempre posto l’unico intento di convincere e non costringere – ma per spingere i liberali intellettualmente onesti a fare i conti con quelle aporie per convincersi che qualcosa non ha funzionato, ‘sì da evitare atteggiamenti di quasi a-critica rassegnazione del tipo “il liberalismo è imperfetto ma non c’è di meglio per tutelare l’uomo dal potere e dall’arbitrio”. Che è, appunto, lo spartito sempre eguale del “ritornello” di cui dicevamo. Ma vediamo meglio per quali motivi il “ritornello” è smentito dai fatti. Non lo è certo perché le nostre patrie galere sono piene di oppositori. Tutt’altro! Non lo è (solo) perché non è sufficiente la garanzia della libera espressione di tesi controcorrente se poi esse sono accolte con generale indifferenza, se va bene, o i loro sostenitori vengono invece, quando va male, violentemente, sebbene finora soltanto mediaticamente, aggrediti o ridicolizzati nei talk show, anche se si tratta di fior di accademici e di studiosi portatori di ineccepibili argomentazioni. Cosa che, se ci riflettete, è un modo, e tra i peggiori, di cancellare la libertà di pensiero e parola annientando la persona che canta fuori dal coro (quante intelligenze di alto livello, per evitare il tritacarne mediatico, preferiscono non scendere nel dibattito pubblico e continuare in privato le loro ricerche?!). Il “ritornello” non è smentito solo perché chi gestisce piattaforme come questa, sulla quale state leggendo queste righe, ha un potere che si pone al di fuori di ogni garanzia dello Stato di diritto, giacché, come molti hanno sperimentato, basta una parola che l’algoritmo, programmato per censurare, legge come proibita e sei bannato. Il “ritornello” non è stato smentito soltanto da provvedimenti, degni della peggiore dittatura, come quello del privare del lavoro i renitenti al vaccino. Provvedimenti promulgati da Mattarella nonostante il suo ruolo di “Custode della Costituzione” e poi ratificati da una Corte Costituzionale composta anche da membri nominati da chi quei provvedimenti aveva adottato. Il “ritornello” è smentito soprattutto perché non corrisponde al vero che, come dice Cofrancesco, in Occidente nessuno è mai riuscito a monopolizzare le tre sfere tradizionali del sacro, del politico e dell’economico, detenendole tutte in suo potere. C’è un verso di Ezra Pound che sintetizza il problema dell’Occidente moderno. Un problema che sfugge ai liberali pur onesti. Questo verso recita: “Quando cessarono i re, ricominciarono i banchieri/ gli archi dei crociati furon tarlati dal verme-oro” (“Troni” c. 97-1277, c. 99-1323). Il poeta intendeva dire che la promessa illuminista e liberale della sovranità popolare, inaugurata dalla Rivoluzione francese, è stata solo lo specchio per le allodole onde rendere possibile l’estensione incontrastata del potere della finanza. Un potere di per sé sempre esistito ed il cui peso non è mai stato di poco conto ma nel corso dei secoli, fino a che la modernità non lo ha del tutto emancipato in nome della “libertà”, sottoposto a vincoli di vario genere. Ritengo che, come tutti i liberali, Cofrancesco non abbia ben presente la forza dirompente della finanza transnazionale che quelle tre sfere, che lui ricorda non essere mai state nelle stesse mani, le ha tutte piegate ai suoi scopi, le ha manipolate con la forza del denaro creato ex nihilo e le usa per i suoi obiettivi. Non solo in Occidente ma tendenzialmente in tutto il mondo, sebbene fuori dell’Occidente il potere della finanza incontra difficoltà e resistenze. Sempre Ezra Pound si domandava perché mai se non tutti i liberali sono usurai tuttavia tutti gli usurai sono liberali? Orbene, se il passaggio del potere dai monarchi ai banchieri è stato l’esito del liberalismo occidentale ciò è accaduto proprio per le ragioni esposte da Veneziani: l’affermarsi del primato dell’individualismo, della tecnica, dell’economia sulla politica e della finanza sull’economia reale. Ma, soprattutto, è accaduto a causa della cancellazione, dall’orizzonte dell’Occidente moderno, della Trascendenza, la quale – benché anch’Essa suscettibile di strumentalizzazione ed in passato è avvenuto che sia stata strumentalizzata – resta l’unica porta aperta, verso l’Alto, a disposizione dell’umanità. Laddove, invece, la tanto declamata “società aperta”, di popperiana memoria, invocata da Cofrancesco, si va mostrando, nella realtà fattuale, vieppiù come compiutamente totalitaria, o almeno totalizzante, giacché è proprio l’indifferenza ai valori, alle culture, alla spiritualità, a porre le fondamenta di un mondo nel quale ciascuno vive nel suo isolamento privatistico mentre le leve del potere cadono nelle mani di forze impersonali come, appunto, quelle della finanza anonima, che in verità hanno ben precisi volti ormai noti ai più, da George Soros a Bill Gates. Il relativismo – che non è affatto pluralismo né tolleranza ma omologazione – alla fine porta al totalitarismo, magari morbido, come quello occidentale, ma non per questo meno totalizzante. Le considerazioni critiche a Veneziani, esposte nell’articolo, di cui al link che segue, il noto studioso liberale le avrebbe potuto rivolgere non solo ad un Papa preconciliare ma anche, ad esempio, a Giovanni Paolo II per una enciclica come “Veritatis Splendor”. Ed infatti, un relativista liberale quale Gustavo Zagrebelsky fulminò Papa Wojtila come l’alfiere di un rinnovato “oscurantismo clericale”. Il liberalismo – che più di altre filosofie politiche ha bisogno del “nemico” dato che non esiste alcuna neutralità assoluta – finisce vittima dei suoi cortocircuiti, svuota di senso la vita dei singoli e delle comunità umane, apre abissi nichilistici dai quali emergono, dal profondo, pulsioni anti-umane. Questo, come i fatti della dinamica storica dell’Occidente stanno ampiamente dimostrando, avviene non perché i liberali complottino per distruggere la società ma per la forza stessa dell’essenza del liberalismo. I liberali, ma lo facevano anche i comunisti, si pongono scopi in apparenza buoni e degni – chi mai potrebbe essere contro la libertà? – ma essi, come i comunisti, non tengono in debito conto che, nelle vicende umane, esistono l’eterogenesi dei fini ed il disincanto. Anche per il liberalismo.
https://www.francocardini.it/minima-cardiniana-437-4/
Luigi Copertino (Dalla pagina Facebook dell’autore)