PAOLO SENSINI – Diciamocelo francamente, “il manifesto” è stato l’incubatore e il trampolino di lancio del più deteriore giornalismo che l’I-Taglia post-sessantottesca abbia partorito. Un impasto di cialtroneria, ottusità ideologica, arlecchinate di cattivo gusto, furbismo da quattro soldi e arrembaggio politico-carrieristico della peggior specie. Basta solo dare una scorsa all’elenco dei “ragazzi di bottega” che si sono fatti le ossa nella sede storica di via Tomacelli, ma anche alle “firme” già note che vi hanno scritto, per rendersi conto dei sinistri (nel senso etimologico del termine) prodotti in quasi mezzo secolo d’attività. Oggi il “quotidiano comunista”, da sempre finanziato col denaro dei contribuenti (solo nel periodo 2003-2012 ha incassato dalla Stato la bellezza di oltre 44 milioni di euro), è ridotto a una sorta ectoplasma, ma vale la pena ricordarsi di chi abbia dato lustro a cotanta “scuola di giornalismo”: Lucia Annunziata, Ritanna Armeni, Riccardo Barenghi, Stefano Benni, Alberto Burgio, Luciana Castellina, Geraldina Colotti, Astrit Dakli, Erri De Luca, Ida Dominijanni, Umberto Eco (Dedalus), Marcello Flores, Mino Fuccillo, Rina Gagliardi, Serge Latouche, Francesca Lazzarato, Lucio Magri, Tiziana Maiolo, Luigi Manconi, Lidia Menapace, Sandro Medici, Stefano Menichini, Mauro Paissan, Giovanna Pajetta, Letizia Paolozzi, Valentino Parlato, Luigi Pintor, Norma Rangeri, Marco Revelli, Gianni Riotta, Alessandro Robecchi, Rossana Rossanda, Guido Ruotolo, Sandro Ruotolo, Vauro Senesi, Giuliana Sgrena, Roberto Silvestri, Pierluigi Sullo, Benedetto Vecchi, Sandro Veronesi, Adriana Zarri, ecc. ecc. Dimenticavamo un ultimo “gioiello di famiglia” uscito dai lombi del “manifesto”: il direttore scelto per la nuova “Unità” è infatti quell’Erasmo D’Angelis che l’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi mise alla presidenza della partecipata Publiacqua, dove mosse i primi passi nel cda anche Maria Elena Boschi. Una volta premier si è portato con sé D’Angelis a Roma, prima come capo segreteria di Palazzo Chigi e poi come coordinatore della struttura di missione del governo contro il dissesto idrogeologico. Creata apposta per lui. Ora un altro delicatissimo compito: fare titoli belli sul governo. Il mestiere che decisamente gli riesce meglio. Insomma, “il manifesto” può fregiarsi di una galleria degli orrori che ben pochi possono vantare. Avanti Popolo!
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