Putin a Netanyahu: “Le tue accuse all’Iran si riferiscono al secolo V a. C.; ma da allora il mondo è cambiato, permettici di parlare di questo”. Diversi siti (e pochi media) hanno riportato questa risposta di Putin a Netanyahu, che l’ha visitato il 12 marzo a Mosca. Era la risposta all’affermazione di “Bibi” secondo cui le forze iraniane in Siria miravano a distruggere Israele, e quindi la Russia doveva mandare via gli iraniani dalla Siria.
Questo sunto manca di dare conto della tensione, e delle minacce implicite, del colloqui di Mosca. Ora Israel Shamir ce ne restituisce il clima.
http://www.unz.com/ishamir/purim-gifts/
Il 12 marzo è la festa di Purim: che rievoca il primo caso di “stress-pre-traumatico” giudaico e festeggia il primo (speriamo immaginario) sterminio di un proverbiale nemico degli ebrei: Aman, visir del persiano Assuero (Serse, o forse Artaserse ) si fa’ dare il permesso da Assuero di sterminare tutti gli ebrei nell’impero; l’ebrea Ester divenuta amante di Assuero, istruita dal cortigiano Mardocheo suo cugino giudeo, commuove il re e lo induce a rovesciare l’ordine dato: gli ebrei avranno il diritto di uccidere Aman, la sua famiglia, tutti quelli che odiano gli ebrei nel vasto impero persiano… E’ un bagno di sangue permesso per due giorni; ma siccome non è bastato, Ester la seduttrice e lobbista strappa ad Assuero il permesso di prolungare il massacro. Gli ebrei, per la gioia, si ubriacano.
E’ questa l’origine immaginaria (non esistono conferme storiche) della festa di Purim: durante la quale gli ebrei possono impazzare un loro carnevale giudaico, e ubriacarsi “fino a non sapere più che è Mardocheo e chi è Aman”, ossia gli è lo sterminatore e l’ammazzato. Originariamente una festa mediterranea del vino novello, trasformata dall’0dio ebraico in celebrazione archetipica di sterminio dei goy – sterminio che si è avuto l’accortezza di far compiere dalla superpotenza dell’epoca, senza che gli ebrei appaiano nella trama se non come vittime indifese. Il Libro di Ester è un vero manuale, sempre consultato dalla nota lobby.
Quest’anno Purim cadeva il 12 marzo. Netanyahu ha scelto quella data per l’incontro con Putin; e a Mosca, ha portato al capo del Cremlino un regalo significativo: dolcetti di Purim, homentashen in yiddisch, che significa “Orecchie di Aman”. Orecchie tagliate al biblico immaginario avversario. E’ stato lo stesso Bibi a spiegare il dono a Vladimir: i persiani avevano voluto sterminare i giudei, ma Dio li aveva soccorsi. Anche oggi gli iraniani vogliono sterminare gli israeliani; è necessario che Mosca cessi di sostenere Teheran, cacci i combattenti iraniani dalla Siria, chiuda il passaggio degli iraniani (e delle loro armi) che giungono in Siria attraverso il Libano. Anzi, la Russia si unisca alla coalizione anti-Iran che si è costituita, e vede uniti Israele e l’Arabia Saudita e gli Usa. Secondo Shamir, Bibi (nei panni di Ester la seduttrice) deve aver proposto di porre fine alla campagna anti-russa che infuria in America, e impedisce a Trump di allacciare con Mosca rapporti pacifici.
E’ stato allora che Putin ha risposto a Bibi che le sue preoccupazioni risalivano a 2500 anni fa. Ridendo di cuore, ha augurato all’ospite e a tutto il popolo ebraico un felice Purim.
Nulla di fatto per Bibi. Del resto pochi giorni prima Mikail Bogdanov, il viceministro degli Esteri di Mosca, intervistato dal giornale londinese ma di proprietà saudita Al Hayat, aveva negato che l’Iran voglia esportare la sua rivoluzione islamica in Siria, Irak, Libano e Barhein (l’incubo sunnita e giudaico); aveva esortato l’Arabia Saudita a mettersi a un tavolo con gli iraniani, e auspicato che collaborasse a riavvicinare gli Usa a Tehran. Alla domanda-ingiunzione: quando i russi manderanno via gli iraniani dalla Siria? Bogdanov ha risposto: “In Siria ci sono decine di migliaia di combattenti stranieri, tunisini, marocchini, afghani…mentre gli iraniani, come i russi, sono presenti su richiesta del governo legittimo di Damasco. Spetta al governo legittimo chiedere agli iraniani di ritirarsi”.
Netanyahu insomma se n’è tornato con le pive nel sacco. Sapendo che da Putin non avrebbe ottenuto ciò che Ester con le sue arti di letto ottenne dallo sciocco Assuero. Certo fremente di rabbia e sete di vendetta: pardon, volevo dire in pieno PST, crisi di stress pre-traumatica.
E pronto ad attuare il piano B.
Mai finire la guerra in Siria
Il piano B consiste, come sempre, nel mobilitare la nuova amministrazione Trump a uno scontro con Teheran, strumentalizzando ancora una volta le usurate forze armate americane a impicciarsi di nuovo in Siria – allo scopo di impedire o almeno ritardare o rendere costosa una vittoria di Assad, e soprattutto di logorare in un conflitto senza fine le forze di Hezbollah.
Naturalmente la direzione di Hezbollah sa che è il nemico principale, il quale può ritenere che il momento migliore per attaccarlo e debellarlo è quando le forze di Hezbollah sono impegnate in Siria: infatti non impiega in Siria, ma tiene al confine libanese con Israele, i suoi reparti d’elite missilistici anti-carro e le unità lanciarazzi.
L’aviazione israeliana ha ripetutamente attaccato dal cielo, in territorio libanese e siriano, presunti convogli d’armi che l’Iran inoltra a Hezbollah “sostenendo che non lascerà che cadano in mani Hezbollah missili avanzati o armi chimiche” (già, le armi chimiche, scusa ottima per un’aggressione americana, già usata in Irak e Siria). Per questi attacchi aerei, i caccia israeliani hanno sfidato gli S-400 russi, che non possono certo rispondere: scatenerebbero l’ampliamento del conflitto che stanno cercando di chiudere, e provate a figurarvi gli strilli mediatici e delle cancellerie europee: Putin ha abbattuto un F-16 della Vittima! E’ anche antisemita!, eccetera.
Inoltre, come sa chiunque non si limiti a leggere i media ufficiosi, i caccia israeliani hanno anche attaccato impunemente posizioni del governo siriano, sostanzialmente a supporto dei terroristi di Sion, ossia quelli di Jabreh al-Nusra (Al Qaeda) che Israele ha stanziato nel Sud siriano, ai suoi confini, e a cui fornisce direzione militare oltre che supporto logistico e assistenza medica, con l’idea di ritagliarsi alla fine una bella fetta di Siria, quando questa sarebbe stata smembrata (come prevedeva il piano Obama).
Non è nemmeno escluso che il sanguinoso attentato “islamista” a Damasco, che ha ucciso una quarantina di pellegrini sciti che visitavano lo tomba di un loro santo nel cimitero della città vecchia, abbia lo zampino di Sion. E’ avvenuto l’11 marzo, un giorno prima di Purim. Nell’entourage di Bibi ci si può essere ben ubriacati di gioia per questo regalo di “orecchie di Aman”. Persa la guerra, resta il terrorismo per dimostrare che se Assad non sene va, “non ci sarà mai pace”.
L’altra parte si prepara ugualmente a contrastare il piano B israeliano? Sembra sia una prima risposta la seguente notizia: il presidente siriano Assad concede all’Iran una base navale sulla costa siriana, vicino alla base aerea di Hmeymim, quella usata dall’aviazione russa per bombardare i “ribelli”.
Teheran: base navale nel Mare Nostrum. Ma Erdogan…
Se ciò verrà confermato, Netanyahu, che voleva allontanare l’Iran da Israele, si troverà una base navale iraniana permanente sul Mediterraneo. E non basta: poco tempo fa Mohammad Bagheri, il capo di stato maggiore iraniano, aveva ventilato che Teheran avrà bisogno di una base in Siria e anche in Yemen : quel che sembrava un pio desiderio adesso sembra l’accettazione della sfida di Bibi e l’allargamento del conflitto. Del resto nei giorni scorsi Teheran ha fatto sapere che, dopo un’esercitazione, i suoi S-300 sono a punto e pronti a contrastare ogni minaccia.
Una base iraniana nel Mediterraneo? Un altro dei grandi “successi” politico-militari di Berlino e Bruxelles, effetto del loro servile ausilio alle politiche rovinose di Obama, alla loro complicità nel progetto di rovesciare Assad, per non dire dell’ostinato mantenimento in vita dalla NATO e la sua trasformazione da alleanza difensiva a offensiva.
Provate solo a immaginare le urla degli europei nella NATO, le minacce di Stoltenberg, Merkel e Mogherini – e Gentiloni, l’agente Clinton supersite. E il Pentagono? Il Pentagono già sta ampliando la base tedesca di Ramstein, prolungando la pista e aumentando il numero degli aerei-cisterna per il rifornimento in volo, spostandoli dalla Gran Bretagna, insomma facendo della serva tedesca la centrale di future guerre, per le quali probabilmente non ha i mezzi.
Mosca non sembra eccessivamente preoccupata dalle minacce che possono venire dalla NATO. Invece, guarda con preoccupazione ad un suo recente “alleato”: Erdogan. Come reagirà la scheggia impazzita ad una base iraniana vicino alle sue coste? “Si opporrà vigorosamente”, prevede l’esperto militare russo Yury Netkachev: “come Stati Uniti, Israele e i membri della NATO. La Turchia oggi è considerata formalmente alleata dell’Iran nel processo di pace organizzato [da Mosca] nella cornice di Astana [per mettere fine alla guerra civile in Siria, dove non sono invitati gli americani]”. In dubbio russo è tutto in quell’avverbio: formalmente. Erdogan voleva anche lui la sua fetta di Siria; ha colluso coi terroristi comprandone il greggio, ha abbattuto l’aereo russo dopo che l’aviazione di Mosca gli aveva rovinato il grasso affare incenerendo centinaia di autobotti; ha ripetuto continuamente che Assad doveva essere rovesciato, ancora pochi giorni fa le sue truppe, che non si sono ritirate dalla Siria, hanno appoggiato i turcomanni anti-curdi con le artiglierie … insomma non è certo da convinto uomo di pace che si è seduto al tavolo di Astana per finirla col conflitto siriano. Vi è stato cordialmente costretto da Putin, e dallo scontro contro la UE che lui stesso ha provocato sulla questione dei comizi che pretende di far tenere in Germania, Olanda e Francia (la Francia ha dato l’accesso: un altro grande successo della coesione europea, Mogherini può esser fiera).
La preoccupazione russa è evidente: Erdogan, se vede l’occasione, può tornare al vecchio progetto di impadronirsi del nord Siria, pronto a fare un nuovo voltafaccia.
Per ogni evenienza, un sommergibile russo, forse più d’uno, è stato visto passare lo stretto di Gibilterra, diretto alle coste siriane.