di Andrea Zhok – 18/05/2024
Fonte: Andrea Zhok
La proliferazione di diritti particolari serve a rimuovere i diritti collettivi.
La giustapposizione di diritti speciali serve a spezzare la comune umanità.
La pubblicizzazione dei diritti di minoranza serve a dimenticare i diritti dei più e ad opprimere le maggioranze.
La recita della presunta difesa della fragilità è oggi un’arma per rendere tutti, senza eccezioni, più deboli e ricattabili.
Mi permetto un’autocitazione da un testo pubblicato qualche anno fa:
“Ciò che chiamiamo “sacralizzazione della vittima” è un’operazione etica caratteristica del trionfo della ragione liberale.
(…) Ogni negazione della libertà soggettiva è letta come un esercizio di “violenza” su un soggetto passivo, la “vittima”. La vittima entra così nella storia e nella sfera della coscienza altrui a partire dalla propria passività originaria: essa è “chi ha subito”, e perciò chi è proverbialmente senza colpa. Nella cornice liberale la “tutela delle vittime” è perciò l’unica cosa rimasta su cui creare un simulacro di unità etica.
Ma chi sono le “vittime”? Tutti noi possiamo trovare esempi univoci di soggetti cui riconosceremmo lo statuto di vittima di certe circostanze, e che perciò ci muoverebbero a compassione. Qui tuttavia il processo di riconoscimento non ha la forma della pietà personale, ma innanzitutto quella della normatività. La vittima gioca infatti qui un ruolo di fonte normativa. La creazione di un gruppo vittimizzato è, nella logica della ragione liberale, una mossa etica fondante. La vittima in quanto vittima acquisisce immediatamente uno statuto particolare: essa è l’innocente per definizione (nasce come passività), che perciò viene posto al di sopra di ogni giudizio; mettere in discussione la sua condizione di vittima sarebbe un gesto moralmente imperdonabile. Una volta che qualcuno è riuscito ad accreditarsi nella posizione di “vittima” (o è stato così accreditato da altri), esso acquista quell’autorità morale che nella società moderna è stata sottratta a tutte le altre voci, che per definizione esprimono solo “opinioni personali”. (…)
Così, la nostra epoca non conosce “credenze fondative”, come in altre epoche sono state le varie diramazioni del “sacro”, ma conosce una fede negativa nella forma della “vittimizzazione assoluta” (…). Ciò è insufficiente a determinare “chi siano i buoni” o “cosa sia un’azione buona”, ma basta a “colpire i malvagi”. Nel dibattito etico-politico contemporaneo chi riesce a giocare le sue carte in modo da apparire dalla parte della vittima, facendo perciò apparire la controparte nei panni del carnefice, ha vinto l’argomento.”
George Soros e la Open Society (2023) – Libro