Mosca e Damasco hanno dichiarato una nuova pausa umanitaria per Aleppo per il 4 novembre, dalle 9 alle 19. “Per evitare vittime insensate, il ministro della difesa generale Sergei Shoigu, a nome del comandante supremo, Vladimir Putin, ha preso la decisione”. Il generale Valeri Gerasimov, capo dello stato maggiore, ha detto che la decisione della tregua è stata presa in accordo con la leadership della repubblica araba siriana, ossia con Assad.
I nostri media non se ne sono accorti . Come non si sono accorti che sono due settimane che né la Russia né la Siria mandano i loro aerei sopra Aleppo. Quindici giorni che non bombarda i “terroristi pro-occidentali che volessero uscire da Aleppo e i civili dietro i quali si proteggono”; ha scritto la giornalista Karina Bechet-Golovko. Due settimane in cui gli Usa avrebbero avuto tutto il tempo di separare i “terroristi moderati” che devono partecipare al futuro processo di transizione “democratica”, dai terroristi cattivi”, che per gli stessi Usa devono essere inceneriti. Una separazione che finora Washington non è riuscita a fare, come s’era impegnata negli accordi di tregua con Mosca.
Anzi, per le due settimane di tregua dal cielo i terroristi hanno ammazzato 40 civili, fra cui donne e 16 bambini nella zona sud-ovest di Aleppo – la zona sotto controllo del governo, dove i negozi sono aperti, le auto circolano, la vita è civile, in un fitto bombardamento con artiglierie. Fra cui l’uso di bombe al cloro che hanno obbligato al ricovero urgente di altre 35 persone. I civili feriti dai ribelli durante la tregua dal cielo sono 250.
E’ un vero peccato che i nostri media, la UE, l’Onu che fiumi di lacrime han versato sui “bambini di Aleppo” pretesamente uccisi dai russi, per i quali hanno invocato “un immediato cessate il fuoco umanitario”, non si siano commossi per gli scolari ammazzati nella zona pacificata di Aleppo (i due terzi della città). Anzi nemmeno abbiano registrato lo strano fatto: che i terroristi (loro dicono “i ribelli”) abbiano approfittato della sospensione degli attacchi dal cielo per tentare una sortita in forze , un’offensiva di grande ampiezza, per rompere l’assedio; senza badare alle loro proprie perdite, almeno 20 camion-kamikaze, carri armati e lanciarazzi multipli in abbondanza. “Vista l’intensità dei tiri d’artiglierie, è evidente che avevano approfittato della pausa umanitaria per farsi rifornire di armi ed uomini” dai loro alleati occidentali e dai complici del Golfo.
Anche quest’ultimo cessate il fuoco di dieci ore è stato rifiutato dai “ribelli” assediati ad Aleppo: “Non ci riguarda, ha dichiarato Yasser al-Youssef, il portavoce per la milizia Nour el-Din el-Zinki (sempre di Al Qaeda si tratta).
Come ha raccontato l’AP, nessuno ha percorso i corridoi umanitari aperti, alla cui fine aspettavano i pulmann e alcuni imam per accogliere i civili che si sperava uscissero dalla parte assediata di Aleppo.Ma i terroristi hanno bisogno dei 270 mila civili come scudi umani. Poi, quattro ore prima che la pausa spirasse, la risposta dei jihadisti: sette colpi di mortaio da loro sparati hanno colpito uno dei corridoi, la strada Castello a Nord Aleppo, ferendo lievemente due militari russi e un giornalista di una tv di Stato siriana. I russi hanno dunque dichiarato chiusa la tregua.
Caratteristica la reazione della portavoce di Staffan De Mistura, l’inviato speciale dell’ONU: senza nemmeno alludere la tregue russa di 10 ore, ha detto “l’inviato speciale è contrario all’evacuazione di civili se non volontaria” (Già, forse un referendum nella zona occupata dai jihadisti potrà stabilirlo) . Funzionari dell’Onu a Ginevra, in una conferenza stampa, hanno chiesto una tregua su tutta la Siria, non solo ad Aleppo. Amnesty International per bocca del suo rappresentante a Beirut, Samah Adid: “La pausa temporanee annunciata dai russi non sostituisce in alcun modo l’accesso umanitario illimitato e imparziale per assicurare la protezione dei civili nel lungo termine”: Aggiungendo: “Data i precedenti delle forze combattenti – in special modo le forze del governo – Amnesty International paventa che ci saranno altissime perdite civili quando le truppe siriane, sostenute dalla Russia, intensificheranno gli attacchi per prendere il controllo della città”.. Insomma Amnesty “paventa” stragi non ancora avvenute, allo scopo di tacere quelle messe a segno dai loro jihadisti, l’ottantina di civili e i sedici bambini effettivamente uccisi dai tagliagole preferiti dall’Occidente. Comunque sia, “è colpa di Putin”.
Non c’è dubbio che l’armata siriana e i russi stiano concentrando forze fresche per una contro-offensiva, mentre la tentata offensiva dei jihadisti per rompere l’assedio va smorendo; la tregua di 10 ore è stata offerta appunto per far uscire quelli che vogliono evitare la finale “purga” (come ha detto un membro della Duma)
Sembra strano che – come ha dichiarato Sergei Lavrov in visita ad Atene, “Russia e Grecia si aspettano risultati concreti dai negoziati con gli americani per regolare la situazione ad Aleppo”. Per Lavrov, “Mosca conta che Washington adempia agli accordi [firmati da Kerry] e non faccia come cogli accordi del 9 settembre [quando i caccia del Pentagono hanno attaccato a freddo e massacrato oltre 60 soldati a Der Ezzor, come “preparazione” ad un attacco dei terroristi sulle stesse forze siriane]
Ovviamente è un atteggiamento che viene criticato all’interno; ma Lavrov ha insistito che non c’è alternativa alla collaborazione con gli Usa per regolare la situazione in Siria. “Nessuno al mondo può oggi far niente agendo da solo, sicché si dovrà comunque negoziare. Più presto ciò avverrà, meglio sarà”.
E ha spiegato: “I nostri problemi sono cominciati quando gli Usa hanno visto che non scattiamo sull’attenti ogni volta che discutiamo con loro un problema internazionale, e hanno visto che il presidente Putin ha ricostituito l’indipendenza della nostra politica estera nel quadro del più stretto diritto internazionale”. I canali di comunicazione con gli Usa sono ancora intatti, ha concluso.
Tanta correttezza sembra mal riposta di fronte alla doppiezza della controparte. John Kerry , a fine ottobre, è andato ad accordarsi con i monarchi sauditi per il riarmo dei “ribelli”. Un comunicato congiunto dice: “Entrambi si sono impegnati a continuare ed intensificare il sostegno all’opposizione siriana mentre viene perseguita la via politica”, prontissimi a fare tutto quel che possono per “una Siria unita, stabile e pluralistica per tutti i Siriani Sic. Del resto, come ha dimostrato Julian Assange e ha detto in un’intervista, “la Clinton Foundation e l’IS sono finanziati dalle stesse fonti”: essenzialmente i sauditi e i principi del Katar, e del resto è stato mentre Hillary era segretaria di Stato che gli Usa hanno concluso con l’Arabia Saudita il più grosso contratto di vendita di armi mai visto nella storia, 80 miliardi di dollari.
Ha senso ostinarsi a trattare da gentiluomini con dei riconosciuti gansters in preda alla rabbia e al panico? Ma forse la calma di Mosca ha motivazioni che non conosciamo. Il tentativo americano di “liberare Mossul” spingendo i jihadisti di Daesh a muoversi in Siria, a dar manforte contro Assad, pare completamente fallito; gli irregolari sciiti iracheni hanno chiuso la strada verso Est da Mossul per Rakka.. Forse l’attacco decisivo ad Aleppo potrà avvenire quando i grandi network americani non avranno occhi che per le elezioni presidenziali; forse si attende l’arrivo della portaeri Kuznetsov.
Forse conoscono meglio di noi sintomi di scollamento e cedimento nel fronte jihadista. Si è avuta notizia che gruppi di militanti sono arrivati allo scontro ad Aleppo assediata, “secondo alcuni per disaccordo sulla distribuzione dell’armamento” ricevuto dai sauditi-occidentali, secondo altri perché uno dei due gruppi, “Fastakem, voleva uscire dalla città” ossia arrendersi.
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E l’Egitto scende a fianco di Damasco
Forse la notizia-bomba è quella riportata da AlManar: “Secondo una fonte militare d’alto livello citata da Iran Today, il governo egiziano avrebbe inviato forze militari in Siria nel quadro della lotta al terrorismo e della cooperazione militare con lo stato siriano”. Secondo la fonte, “L’Egitto desidera fornire aiuto militare […] soprattutto dopo aver constatato che i suoi disaccordi con l’Arabia Saudita sono profondi per quanto riguarda l’aiuto che questa dà ai terroristi in Irak e Siria senza contare la guerra scatenata contro lo Yemen”. Secondo la notizia, l’Egitto ha inviato armamenti in Siria a sostegno del governo di Assad.
La notizia non è stata confermata da nessuna delle parti interessate. Però è un fatto che un gruppo di ufficiali dell’esercito egiziano era presente martedì nella città portuale di Tartous, che è anche sede della base navale russa, per addestramento con consiglieri militari russi presso la linea del fronte con l’IS.
Se l’Egitto – il più popoloso paese sunnita con una ragguardevole forza armata – entra nel gioco a fianco degli sciiti, l’”impulsivo” principe ereditario Mohamed Bin Salman dovrà congratularsi con se stesso per la sua abilità diplomatica: dieci giorni prima, in visita al Cairo, aveva minacciato il generale Al Sissi di “fargli fare la stessa fine di Mubarak” se l’Egitto non cedeva all’Arabia Saudita le due isole di Tiran e Sanafir. Questa notizia, smentita dal Cairo, è stata confermata da uno dei più celebri giornalisti egiziani, Mohkarem Mohammed Amad. La cessione delle due isole – che con un ponte finanziato dai sauditi avrebbe dovuto riunire la penisola arabica al Sinai – sembrava cosa fatta; ma poi, ha rivelato il giornalista, ci si è resi conto che la responsabilità della sicurezza dei due strategici isolotti l’avrebbe assunta Israele. Da qui una certa resistenza o ripensamento di Al Sissi. L’Arabia Saudita ha risposto interrompendo a più riprese le forniture energetiche all’Egitto; ha ingiunto al generale di porre fine immediatamente alle sue aperture verso Teheran; di rompere i rapporti con la Siria, altrimenti l’Arabia ritirerà tutti gli investimenti dall’Egitto, spingendo Al Sissi nella stessa condizione di Mubarak. Al Sissi non ha visto altra via di scampo che appoggiare la Russia nella sua campagna in Siria.
Cairo e Mosca finalizzeranno il contratto per la costruzione della centrale nucleare di Dabaa, 1200 MW, che sarà completata nel 2022, costruita da Rosatom e finanziata da un prestito russo di 35 anni. Mosca ha ritrovato un vecchio alleato…e probabilmente anche le due navi da sbarco porta-elicotteri Mistral, che aveva ordinata alla Francia e che Hollande non ha voluto consegnare. Le ha vendute all’Egitto – “vendita” finanziata dalle banche europee per metà, in pratica gliene abbiamo regalato un pezzo anche noi – e il Cairo le ha attrezzate con sedici elicotteri K-52K et 16 Ka-29/31, russi.