Santa Caterina da Siena (1347-1380)
terziaria domenicana, dottore della Chiesa, compatrona d’Europa
Dialogo della Divina Provvidenza, 18
«Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati»
[Santa Caterina ha sentito Dio dirle]: «Nessuno può sfuggire dalle mie mani. Perché io sono Colui che sono (Es 3,14) mentre voi, non siete da voi stessi; siete nella misura in cui siete stati fatti da me. Io sono il creatore di ogni cosa che partecipa dell’essere, eccetto del peccato, il quale non è, e dunque non è stato fatto da me. E poiché esso non è in me, non è degno di essere amato. La creatura mi offende soltanto in quanto ama ciò che non deve amare, cioè il peccato… È impossibile agli uomini uscire da me; o dimorano in me sotto la stretta della giustizia che sanziona le loro colpe, o dimorano in me custoditi dalla mia misericordia. Apri dunque l’occhio della tua intelligenza e guarda la mia mano; vedrai che ti dico la verità. »
Allora, aprendo l’occhio dello spirito per obbedire al Padre Altissimo, vedevo l’universo intero chiuso nella sua mano divina. E Dio mi diceva: «Figlia mia, ora vedi e sappi che nessuno mi può sfuggire. Tutti qui sono tenuti dalla giustizia o dalla misericordia perché sono miei, creati da me, e li amo infinitamente. Qualunque sia la loro malizia, farò loro quindi misericordia a causa dei miei servi; esaudirò la domanda che mi hai presentata con tanto amore e dolore» …Allora la mia anima, come in ebbrezza e fuori di sé, nell’ardore sempre più grande del suo desiderio, si sentiva nello stesso tempo beata e dolorosa. Beata a motivo dell’unione che aveva avuto con Dio, gustando la sua gioia e la sua bontà, tutta immersa nella sua misericordia. Dolorosa, al vedere offesa tanta bontà.
Il brano che potete leggere qui sopra è tratto dal “Dialogo della Divina Provvidenza” che raccoglie le esperienze mistiche di Caterina da Siena. Esso contiene alcune verità metafisiche di portata fondamentale. Vi è affermato, con chiarezza rivelatrice, che la nostra esistenza non è una auto-costruzione in quanto tutti noi siamo per partecipazione del Suo Essere e che senza questa partecipazione non saremmo. In ciò è significato che la creazione è un atto ontico d’Amore gratuito. Non è Lui ad aver bisogno di noi, ma noi che siamo per Amore Suo. Vi si attesta, inoltre, che il male, il peccato, non è un ente manicheisticamente opposto al bene, ma soltanto privazione, difetto, di essere, quindi mancanza di bene dato che tutto ciò che esiste è segno della Sua Bontà. Motivo per cui, contro certe affermazioni di origine spuria, il male non è in Dio, non ne è un suo lato in una sorta di dualismo manicheo. Il peccato non è in Lui contenuto e non è da Lui voluto ma soltanto permesso alle creature nel rispetto della loro originaria libertà che Egli ha ad esse donato e non ha mai rinnegato. Il male, il peccato, è la tendenza auto-centrica della creatura al nulla, alla dissoluzione nichilista di quanto è. Una tendenza che si manifesta nella volontà di abbattere, senza la Grazia, i confini del proprio essere, come ci sono stati donati, solleticando la übris umana volta alla realizzazione immanente dell’uniformità che non è l’Unità Universale della Trascendenza ma soltanto una sua parodia. Il male, però, resta una tendenza, solo una tendenza, perché, è evidente, il peccato, non essendo, non ha una effettiva capacità di nientificare l’essere. Tuttavia ha la forza di turbarne l’armonia nel tentativo di realizzare il nulla. Come tenta di fare Melkor, nel Silmarillion di Tolkien, una cosmogonia chiaramente modellata sulla Rivelazione biblica del Genesi, quando introduce elementi di dissonanza nel tema musicale creatore proposto da Eru Ilúvatar agli Ainur celesti. Un altro tema metafisico fondamentale messo in evidenza, nel brano cateriniano, è l’Onnicomprensività di Dio che tutto contiene – come disse nell’Areopago, ad Atene, san Paolo citando Arato di Soli, un poeta pagano, uno stoico, “
In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo
” (Atti 17, 22-28) – non potendo nulla sussistere al di fuori di Lui. Anzi non è neanche corretto ipotizzare un “al di fuori” di Dio. La categoria teologica “ad extra” non va fraintesa come se ci fosse una esteriorità rispetto a Dio. Essa indica soltanto la modalità dell’azione di Dio verso la creatura ma non una impossibile sussistenza di quest’ultima in uno “spazio” al di fuori di Lui. Ma, nonostante l’Onnicomprensività di Dio, la creatura resta altra da Lui benché, appunto, non fuori di Lui. La creatura è per partecipazione. Una partecipazione che conosce gradi diversi e può anche giungere all’identificazione intesa quale strettissima, fusionale, comunione che tuttavia non cancella l’alterità dei due amanti. La partecipazione se da un lato manifesta l’unità ontologica che ci lega a Dio, dall’altro nega qualsiasi distorsione “panteistica” la quale, invece, cela l’orgoglio costruttivista di chi, negando il Suo Amore e la Grazia, si autoproclama “dio a sé stesso” o va cianciando di “auto-realizzazione” o “risveglio” di una supposta divinità dell’uomo per natura e non per dono. C’è inoltre, nel brano, un chiaro riferimento all’inevitabilità della scelta tra Giustizia e Misericordia, che in Dio sono compresenti senza contraddizione. Un ammonimento, questo, che torna di continua nella letteratura mistica. Ad esempio, nelle Rivelazioni a suor Faustina Kowalska, un’altra mistica che è vissuta oltre sei secoli dopo la Benincasa. Come emerge dal “Diario” della Kowalska, mistica polacca la quale visse nella prima parte del secolo scorso, Nostro Signore le ha rivelato che coloro i quali non vorranno passare per la Sua Misericordia, la cui Via è stata aperta dal Suo Santo Sacrificio per i Tempi Ultimi (espressione con cui si deve intendere l’intera Era Messianica della Salvezza inaugurata con l’Incarnazione e che terminerà con la Parusia), dovranno di necessità passare per la Sua Giustizia. Una conferma della verità tradizionale per la quale dove abbonda il peccato sovrabbonda la Misericordia di Dio che salva cancellando le colpe, qualunque esse siano, ma soltanto per i pentiti in quanto la condizione previa e necessaria per attingere alla Misericordia Divina resta sempre il pentimento.
dalla pagina FB di Luigi Copertino