APOCALITTICI E INTEGRATI? Informati e Disinformati

 

di Roberto PECCHIOLI

Apocalittici e integrati è un fortunato saggio giovanile di Umberto Eco in cui il semiologo analizza il rapporto tra cultura di massa e mezzi di comunicazione. Apocalittici sono per Eco gli intellettuali critici con la cultura di massa, integrati coloro che la esaltano con ingenuo ottimismo. A oltre mezzo secolo di distanza (l’opera è del 1964) la vittoria degli integrati è schiacciante e i pochi apocalittici superstiti negano la qualifica con orrore.  Chi scrive è costretto dalle circostanze a iscriversi all’esiguo partito apocalittico, tanto più in tempo di coronavirus, di reclusione e verità obbligatorie. Un amico giornalista veneto si è affiliato- forse suo malgrado- al fronte apocalittico diffondendo una riflessione che è il motivo di queste righe: se diranno – gli esperti, ovvio – che il virus viaggia a un metro di altezza, tutti cammineremo a quattro zampe.

Temiamo che abbia ragione: la cronaca di questi mesi è un’incredibile sequela di divieti, timori, paure, su cui si è innestato senza alcuna resistenza un nuovo modo di vivere i cui simboli sono le mascherine e il cosiddetto distanziamento sociale. Scrisse qualcuno che la vita della specie umana è scandita da innumerevoli paure, figlie tutte del terrore più grande, quello nei confronti della morte. Il contagio ne ha fornito la prova. Tutto- principi, valori, idee, modalità di vita, ideologie e addirittura quel che resta della religione- si è inchinato al tabù massimo, quello verso “sora nostra morte corporale”. Su di essa il potere – diventato dominio- ha lavorato senza fatica. Vogliamo tralasciare l’indagine sulle cause del fenomeno, il lungo cammino del materialismo d’Occidente, per avanzare una teoria bislacca, ma forse non del tutto folle. Apocalittica, questo sì, almeno dal punto di vista di un sentire comune ogni giorno più limitato, eterodiretto, superficiale.

Se è vero che esiste un livello di potere superiore a quello – declinante – della politica, più pervasivo di quello economico e finanziario, reticolare, capace di sorvegliare e conoscere – finanche prevedere e anticipare i nostri pensieri – ovvero un biopotere, esso si deve basare sulla conoscenza profonda dei meccanismi fisiologici, psicologici, neurologici dell’essere umano, nonché sulla possibilità di orientarli, organizzarli, canalizzarli. In particolare, il livello più elevato del potere deve conoscere e padroneggiare le modalità di funzionamento del cervello umano. Abolita l’anima, destituito lo spirito – di questo si sono incaricate le grandi narrazioni ideologiche e culturali degli ultimi due, tre secoli – l’ultima tappa è prendere il controllo dell’uomo-materia, attraverso il suo organo più complesso, affascinante ed ancora largamente sconosciuto, il cervello, sede del pensiero, luogo dell’elaborazione logica e linguistica.

Noam Chomsky è filosofo, linguista, scienziato cognitivista e teorico della comunicazione.

Le sue dieci regole sul controllo sociale attraverso la manipolazione ci paiono di stringente attualità. L’elemento primordiale è la strategia della distrazione, consistente nel deviare l’attenzione dalle decisioni delle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazione di continue distrazioni e informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è indispensabile per impedire al pubblico di interessarsi alle conoscenze essenziali della scienza, dell’economia, della psicologia, neurobiologia e cibernetica. Poi occorre creare problemi e offrire le soluzioni. Si suscita o si utilizza un problema, ad esempio il virus, per causare una certa reazione da parte del pubblico.

Fondamentale è rivolgersi all’opinione pubblica come a dei bambini; un esempio è il linguaggio della pubblicità, ma in queste settimane è particolarmente significativo il tema della perdita della libertà di movimento, presentata come necessaria, anzi virtuosa. La tecnica è quella classica del bastone e della carota. Tutti a casa, ma si può derogare se saremo “responsabili”, a insindacabile giudizio di lorsignori. Il potere ci conosce assai bene: manda in giro sui cieli d’Italia   le Frecce tricolori come segnale di vitalità nazionale – il grottesco patriottismo delle scie con i colori della bandiera- ben sapendo che moltissimi si affolleranno per vedere il passaggio della pattuglia acrobatica. Subito dopo, il sistema di comunicazione depreca gli assembramenti – provocati dal potere – invoca nuove chiusure e lancia all’attacco gli intellettuali di servizio. E’ il caso di Michela Marzano, filosofa à la page, che ha stigmatizzato l’irresponsabilità e l’infantilismo degli spettatori. Diventate adulti una buona volta, ha sbottato, dimenticando che il problema è stato causato dalla demagogia del potere. Inoltre, si è adulti solo se la si pensa come lei: grazie, professoressa, ne facciamo a meno.

Chomsky rileva che il potere, nel rapporto con la popolazione, usa l’aspetto emotivo, non la riflessione, perché l’uso del registro emotivo permette di aprire la porta di accesso all’inconscio, di impiantare o iniettare idee, desideri, paure e timori. Il corollario è il mantenimento del pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità, affinché, incapace di comprendere (o almeno sospettare) le tecnologie ed i metodi usati per il suo controllo e la sua schiavitù, sia più efficacemente manipolato. La conseguenza è la scarsa qualità programmata dell’istruzione impartita alla maggioranza. La mediocrità diventa condizione di massa sino ad essere considerata normale, persino piacevole. La gente è spinta a ritenere che sia positivo, di moda, essere conformisti, ignoranti, volgari.

Naturalmente, occorre anche diffondere il senso della colpevolezza, di una certa disistima di sé, che rende più facile far accettare le disposizioni che giungono dall’alto. E’ bene che ci sia una certa depressione indotta: il depresso è incapace di azione, tanto più di ribellione; si limita a chiedere, invocare aiuto. L’ultima regola è quella che riassume tutte le altre: il potere ci conosce assai meglio di quanto noi stessi ci conosciamo. Ciò è tanto più vero oggi, con gli strumenti potentissimi delle reti sociali, della sorveglianza da remoto, del controllo delle tecnologie informatiche. Strumenti scientifici come quelli forniti dalla neurobiologia, dalla psicologia applicata, dalla programmazione neurolinguistca, dalla medicina hanno prodotto un divario incolmabile tra le conoscenze dell’uomo medio e quelle delle élites.

Di conseguenza, il controllo che crediamo di possedere su noi stessi è infinitamente inferiore a quello esercitato dall’oligarchia. E’ talmente capillare e raffinato il meccanismo che siamo sinceramente persuasi di decidere in autonomia la nostra adesione a mode, linguaggi, modi di essere, vivere e pensare decisi dall’alto.

Siamo generazioni di assopiti dinamici, per utilizzare la felice espressione della bioeticista Giulia Bovassi. Assopiti in quanto ci muoviamo in uno stato di disattenzione critica indotta, ma dinamici, interessati ad assumere rapidamente mode, idee, novità calate dal sistema. E’ nostra convinzione, al di là di ogni questione ideale o spirituale, che la causa più importante dei nostri comportamenti, nonché dello stupefacente rapidità dei mutamenti di prospettiva a livello di massa, stia nella capacità del potere – che controlla tutti i mezzi- di usare massicciamente le conoscenze scientifiche di neurofisiologia del cervello. Non utilizziamo più che una piccola parte delle nostre facoltà, anche perché l’oligarchia ha i mezzi e le capacità per impedircelo attraverso una capillare opera di stimolazione, indirizzo e controllo dei meccanismi di funzionamento materiale del cervello umano.

Eccoci iscritti non solo al partito apocalittico, ma anche alla corrente complottista. Al contrario, si tratta, con Nicolò Machiavelli, di guardare con occhi asciutti la realtà effettuale, “dai fatti trarre significazione”, prendere atto che il potere ha obiettivi assai distinti dai nostri e sa comportarsi da volpe o da leone, secondo l’immagine del segretario fiorentino.

Nella fattispecie, gli studi sulla struttura cerebrale, dagli anni 60 del XX secolo hanno cominciato a chiarire alcuni aspetti del funzionamento del cervello. Il materialismo radicale si serve delle scoperte scientifiche per fare avanzare una teoria generale dell’essere umano come semplice fascio di meccanismi biochimici, ma sa utilizzare con intelligenza le ipotesi che formula. In particolare, è diffusa la teoria di Paul D. Mac Lean sul cosiddetto cervello “trino”, triune brain. Il dibattito è aperto; il cervello è l’organo più complesso del corpo dei vertebrati; “contiene tra i 15 e i 33 trilioni di neuroni interconnessi e, oltre a essere la centrale operativa della coscienza individuale e delle decisioni inconsapevoli, esercita un controllo centralizzato sull’intero organismo.” (<lamenteemeravigliosa>)

Il fisico e scienziato americano basò le sue teorie sull’idea che nel cervello umano si possano individuare tre aree, altrettanti “cervelli” apparsi in diversi stadi evolutivi: il Cervello rettiliano (o R-Complex) è la parte più istintiva. Grazie a essa prendiamo molte decisioni inconsapevoli con l’intento di soddisfare i bisogni elementari (riproduzione, controllo, autodifesa, paura, fame, fuga) e gestiamo i processi automatici, come la respirazione e il ritmo cardiaco. Quest’area si trova nel tronco encefalico, nel diencefalo e nei gangli basali. Il secondo è il Cervello paleomammaliano (o sistema limbico), responsabile di sentimenti ed emozioni con un sistema binario organizzato secondo i concetti di “gradevole” o “sgradevole”. Infine, gli esseri umani hanno sviluppato il cervello neomammaliano, o neocorteccia, la parte e logica e razionale, ma anche creativa del cervello.

Se la teoria di Mac Leod è vera, chi gestisce il biopotere può riuscire, attraverso il controllo del sistema educativo e di comunicazione di massa, nonché il potere predittivo e di sorveglianza della tecnologia digitale, a fare sì che gran parte degli esseri umani siano raggiunti e bombardati da messaggi, consci, inconsci e subliminali processati solo dal cervello rettiliano e, per la “creazione” delle emozioni volute, da quello limbico. In questa logica, gran parte dell’umanità sarebbe espropriata, derubata dall’uso delle funzioni più propriamente umane, quelle della neocorteccia. Ammettendo come verosimile tale ipotesi, possiamo immaginare che esista orami una doppia umanità. Una parte minoritaria, destinataria delle conoscenze e delle funzioni più elevate, è in grado di prevalere, dominare sull’altra attraverso il controllo sulle funzioni cognitive, attivando o spegnendo specifiche aree del cervello. Fantascienza, follia, ragionevole possibilità o concreta prassi operativa?

Certo, stupisce rilevare come una parte di umanità –quella sotto il controllo del modello occidentale – in pochissimi anni sia stata portata a credere, per esempio, che non si nasce uomini o donne, ma il sesso è una scelta o un costrutto culturale, o che sia possa chiamare matrimonio l’unione fisica tra persone dello stesso sesso. Avere rovesciato verità autoevidenti a tutte le civiltà e ad ogni generazione non è solo un’operazione di sofisticata ingegneria culturale. Presuppone la rimozione di pensieri innati, convincimenti ancestrali, invarianze: si può ipotizzare che la conoscenza di alcuni meccanismi della formazione del pensiero, a cavallo tra neurologia, psicologia del profondo e biologia, permetta, a chi controlla la trasmissione della conoscenza e della cultura, di manipolare grandi masse umane. La molla della paura è certamente la più efficace, più dell’istinto sessuale e del “principio di piacere”.

La disputa, allora, si sposta dal crinale apocalittici/integrati a quello tra informati e disinformati, consapevoli e inconsapevoli.

In questi mesi, l’accelerazione nel processo di regressione zoologica dell’uomo è formidabile. Poteva funzionare solo in presenza di una paura forte, ma sostanzialmente controllabile dal potere (virus: problema- reazione-soluzione), unita al movimento coordinato e unanime di tutti le reti del potere, globalmente inteso: politica, tecnologia, finanza, scienza, ma anche comunicazione, cultura e religione. Nessuno, tranne la scienza – posseduta e manovrata dai padroni universali – è autorizzato a fornire speranza. La Chiesa ha rinunciato a seppellire i morti, la “dignità” dell’essere umano, bastione dell’uomo d’Occidente, è stata barattata con la speranza di essere curati e domani immunizzati dal virus.

La chimera di un vaccino è stata diffusa con tale potenza da aver fatto crollare ogni protesta di privatezza rispetto all’impianto di apparati elettronici o sensori nel corpo umano, la cui proprietà – o almeno l’uso – sta passando dall’individuo all’oligarchia dominante, in grado di controllare, con la tecnologia, lo stato del nostro corpo, decidere se possiamo vivere o morire, muoverci o essere reclusi. Per entrare in certi locali, si ha l’obbligo di farsi controllare la temperatura. Il cervello “logico” dovrebbe reagire, porsi domande. Non lo fa: che sia stato, come dire, disattivato? Intanto, chi pensa diversamente non è più un dissidente, ma un malato da allontanare dal corpo sociale. Chissà come valuta Michela Marzano il TSO a carico del giovane siciliano che ha manifestato rumorosamente la sua incredulità verso la narrazione ufficiale sul virus, o la semi –reclusione del parroco bresciano, anch’egli colpevole di non credere al potere, ossia, per parlare in termini neurologici, di aver attivato, magari sbagliando, affermando idee sbagliate, la corteccia, quella che ci differenzia dagli altri vertebrati.

La psichiatrizzazione del dissenso non è solo una prova evidente della natura totalitaria del sistema, ma denuncia altresì quali armi dispone, quali strumenti di conoscenza negati a noi sudditi. Con la maschera oltre il bavero, il gregge non si ribella: spera, invoca la sopravvivenza ed è disposto a tutto. Persino Thomas Hobbes, nell’esporre la sua teoria del potere- Leviatano, ebbe parole di fuoco per l’umanità che non crede in altro che alla sopravvivenza soggettiva.

Apocalisse, poi, significa rivelazione, verità che prorompe, esplode e lascia a bocca aperta. Se fosse vero che i padroni universali – il cui livello di conoscenza è indubbiamente superiore al nostro- ci stanno ingannando manipolando il nostro stesso modo di ragionare, chiudendo inesorabilmente le fenditure del pensiero, facendoci regredire ad animali governati esclusivamente dagli istinti, in particolare quello di conservazione? Il corpo umano è un fardello soggetto a malattie: lo si integri, lo si completi impiantandovi apparati, fino a creare il cyberuomo. Per l’Apocalisse di Giovanni, quella è la prova dell’azione diabolica, il marchio della Bestia. Il culto fanatico del corpo, unito al suo superamento nell’apparato tecnico, è un elemento in più dell’odio di sé, malattia terminale dell’occidente.

In qualche modo, è già operativa la direzione del transumanesimo, H+, l’uomo “aumentato”, il membro dell’oligarchia, che “sa” e “può”, diverso e distante dal resto dei conspecifici, la cui sconfitta fu annunciata da uno scienziato come Konrad Lorenz nel Declino dell’Uomo. Apocalittici o integrati, cerchiamo di usare l’intelligenza, l’anima, lo spirito, a costo di chiamarli cervello neomammaliano o neocorteccia. In caso contrario, l’homo + avrà la meglio definitivamente sulla specie umana-rettiliana, neppure consapevole del tramonto.