E’ accaduto nei giorni di Purim, quando il popolo di Israele celebra in maschera i precedenti stermini che ha attuato con successo. A cominciare da quello raccontato da Libro di Ester, che giustamente Gilad Atzmon ha definito il primo manuale per l’infiltrazione ebraica di una superpotenza.
Ester seduce l’imperatore persiano Assuero, e lo induce a concedere agli ebrei l’autorizzazione reale per uccidere i loro nemici – ciascuno i suoi – per prevenire un genocidio degli ebrei del tutto immaginario. Uccisero 75 mila “nemici” del popolo fra cui abitavano, e per la gioia i giudei si ubriacarono tanto da “non distinguere più Mardocheo da Aman, da ottenebrare la coscienza del loro crimine.
Anche quest’anno a Purim, dove ci si maschera, alcuni ebrei hanno vestito i loro bambini da Twin Tower squarciate dagli aerei, il trionfale false flag a cui devono seguenti 20 anni di guerre e stermini sferrati dagli Usa ai loro nemici anche solo potenziali. Alla lista dei nemici da distruggere, manca ancora l’Iran, su cui si appuntano le brame ossessive genocide dei sionisti.
Veniamo all’attacco ai giganteschi impianti di raffinazione dell’Arabia Saudita, che ha dimezzato la produzione del regno di Bin Salman. Gli Houti yemeniti lo hanno rivendicato; ovviamente, Mike Pompeo ha accusato l’Iran. L’inviato dell’Onu ha detto che non è chiaro chi abbia colpito.
L’attacco è stato messo a segno non con un drone, ma con uno sciame di droni teleguidati e missili da crociera: dieci dicono gli yemeniti, ma le foto satellitari mostrano 17 punti d’impatto. Sono stati distrutti deliberatamente e con precisione gli impianti di stabilizzazione, il procedimento intermedio della distillazione. Certi impianti sono “a doppia ridondanza”: sono stati colpiti entrambi. “Chi l’ha fatto ha una conoscenza dettagliata del processo di raffinazione e sue conseguenze”.
Per di più, i fori dei grandi serbatoi ovoidali mostrano che l’attacco è venuto da Ovest, non da Est da dove sarebbero partiti i droni yemeniti o iraniani. Ragion per cui DEBKA, l’organo di disinformazione del Mossad, ha proclamato che gli iraniani hanno colpito sì, ma dall’Irak.
Un simile attacco a sciame richiede una tale sofisticazione di tele – guida su video, immagini satellitari e GPS, ed una così completa conoscenza della immensa area delle raffinerie, e dei processi di raffinazione da colpire per infliggere danno, che dovremmo solo ammirare i tribali yemeniti per l’eccezionale livello raggiunto dai loro laureati militari.
Tanto più se, come dice una fonte non confermata, le fittissime batterie mobili di missili Patriot comprati dall’Arabia Saudita alla Raytheon , supposti capaci di neutralizzare simili attacchi, sono stati accecati preventivamente – da piccoli droni-giocattolo, in libera vendita, che sono stati mandati a sfracellarsi (e sfracellare) sui radar dei Patriot.
Un simile scacco totale dei Patriot – coi prevedibili contraccolpi negativi del marketing Raytheon – porterebbe ad escludere almeno che siano stati gli americani ad operare il false flag. Non a caso, Vladimir Putin ha subito offerto a Ryiad di venderle i S-400: una punta di chutzpah che deve aver preso dalla frequentazione dell’”amico Bibi”.
Ovviamente, l’amico Bibi e le sue forze armate sono perfettamente in grado di mettere a segno un’operazione così sofisticata. Bisogna pensare a un disperato che affronta elezioni che teme davvero di perdere, il che lo consegnerebbe alla magistratura israeliana che lo persegue per gravi corruzioni. Un disperato abbandonato in pochi giorni da John Bolton (licenziato da Trump) e dai coniugi Adelson, i miliardari suoi grandi sostenitori storici, che ormai vanno dicendo che Netanyahu e consorte sono clinicamente pazzi.
Al saudita, dopotutto, conviene
Ma può aver fatto questo, Bibi, al quasi alleato saudita? All’utile Mohamed Bin Salman? Attenzione, il saudita ha bisogno estremo di un rincaro del prezzo del greggio per aumentare i suoi profitti; un bisogno frustrato dal protettore USA, che pretende da anni che il regno esageri nell’estrazione petrolifera per tenere basso il prezzo, per vari motivi geopolitici (fra cui infliggere danno alla Russia, al Venezuela, all’Iran…). Ora, dopo l’attacco, ecco che il greggio rincara del 20 per cento. Ed ora si stabilizza al 12, che probabilmente compensa alquanto l’entità della (supposta) perdita; ma soprattutto offre al reuccio un concreto pretesto per dimezzare il suo ritmo di estrazione, il che significa far durare del doppio le sue riserve residuali sotto la sabbia, di cui si dice che non ne resti più tanto. Si aggiunga il vantaggio economico: il valore della ARAMCO, l’azienda petrolifera di Stato che Trump vuole che sia privatizzata e quotata a Wall Street, è stato rimandato; la sua importanza per la clientela occidentale viene aumentata; e lo stesso valore geostrategico dell’Arabia diventa più pesante nella scarsità.
Senza contare che l’avanzare della recessione mondiale sta inducendo consumi minori di petrolio a livello mondiale, con prevedibile crollo dei prezzi. Crollo per il momento scongiurato.
Né va sottovalutato il vantaggio per l’America stessa. Se non per la sua industria di armamento, per i suoi petrolieri. Oggi gli USA sono il maggior produttore mondiale di greggio, ma l’estrazione americana (da scisti) non diventa redditizia finché il Brent non sale almeno a 60 dollari il barile. Con la recessione europea (Germania anzitutto) alle porte, erano prevedibili cali della domanda e quindi del prezzo. L’attacco “yemenita” è venuto a puntino per “sostenere” il corso del greggio a livello mondiale.
Il rincaro del petrolio implica anche un rafforzamento del dollaro: sono richiesti dai mercati per acquistare greggio, e i titoli del Tesoro Usa vanno a ruba in caso di crisi pre-bellica e destabilizzazione, perché sono considerati “I più sicuri del mondo”.
Per l’ex militare Gordon Duff (Veterans Today) bisogna valutare che il ventennio di destabilizzazione israeliana dei suoi vicini, innescato dal false flag dell’11 Settembre, è al capolinea. Ed è finita male per Netanyahu,. La Russia garantisce la Siria e la stabilizza. L’ISIS, l’armata usata da Sion e Ryad, è sconfitto. L’Iran è il vincitore geopolitico. La visita di Netanyahu a Mosca s’è risolta in un fallimento. L’amico Bolton, il super-guerrafondaio al servizio di Sion, è fuori della Casa Bianca. L’Arabia Saudita starebbe cercando un modo di finirla con la guerra allo Yemen, che lo dissangua e che non riesce a vincere. “Un disastro per la politica di Israele nell’area, che è far durare tutte le guerre” attorno allo stato ebraico. Traete voi le conclusioni.