«… Il credente può vivere la sua fede unicamente e sempre librandosi sull’oceano del nulla, della tentazione e del dubbio, trovandosi assegnato il mare dell’incertezza come unico luogo possibile della sua fede … ».
Questa non è una frase pronunciata da colui che molti ritengono sia il falso papa o l’Anticristo. È una frase scritta da chi sarebbe stato – sempre secondo taluni – il baluardo, il salvatore della Chiesa dal falso papa, decretando con la sua declaratio la sede impedita.
Non è la sola frase di questo salvatore della Chiesa che desta meraviglia, per usare un eufemismo. Il raffinatissimo e coltissimo Joseph Ratzinger, di cui molti mostrano di sentirsi orfani, infarcì il suo libro più famoso – Introduzione al Cristianesimo, nato dalle lezioni tenute dall’autore a Tubinga nel 1967, pubblicato nel 1968 e rieditato durante il suo pontificato – di affermazioni a volte inverosimili, spesso eretiche, comunque mai smentite, come ad esempio, queste: «È la struttura fondamentale del destino umano poter trovare la dimensione definitiva dell’esistenza unicamente in questa interminabile rivalità fra dubbio e fede, fra tentazione e certezza» (Introduzione al cristianesimo, p. 39); «Il credente sperimenterà sempre l’oscura tenebra in cui lo avvolge la contraddizione dell’incredulità, incatenandolo come in una tetra prigione da cui non è possibile evadere,…» (Introduzione al cristianesimo, p. 73). Per approfondire: https://www.aldomariavalli.it/2023/02/06/radaelli-vi-spiego-il-modernismo-di-ratzinger-e-perche-bisogna-guardarlo-in-faccia/.
Per documentarsi sugli atti e sul pensiero di Benedetto XVI (sempre che ci si voglia documentare):
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV4855_Polazzo_Ratzinger_fu_un_campione_del_modernismo.html.
Don Mauro Tranquillo, della Fraternità Sacerdotale San Pio X, scriveva esemplarmente nel 2016, in Note sull’attualità: «Gli spettacolari progressi dell’eresia sotto il pontificato di Bergoglio non ci devono mai far perdere di vista la realtà: Papa Francesco non è il primo Papa a porre dei problemi quanto alla sua personale adesione alla fede cattolica, né il primo Papa a dare scandalo pubblico a tutti i fedeli. Problemi posti alla coscienza cattolica da Francesco, sono gli stessi posti da Benedetto XVI, Giovanni Paolo II o Paolo VI»
https://intuajustitia.blogspot.com/2016/12/note-sullattualita-di-don-mauro.html?m=1
«La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’Uomo che si fa Dio». Queste parole, pronunciate da Paolo VI il 7 dicembre 1965, durante l’ultima sessione pubblica del Concilio Vaticano II, spiegano e sanciscono un periodo molto lungo, inquietante e oscuro della storia della Chiesa, che inizia formalmente con il pontificato di Giovanni XXIII, ma i cui prodromi si erano manifestati molto tempo prima.
La nuova religione ha un nome: si chiama Modernismo, una quinta colonna all’interno della Chiesa, formata da coloro che Nostro Signore nel Vangelo chiama lupi travestiti da agnelli. Lo stesso san Paolo ritenne opportuno avvisare i vescovi che tra loro sarebbero sorti lupi feroci, che avrebbero aggredito il gregge di Cristo e che tra gli stessi vescovi si sarebbero levati uomini che avrebbero detto cose perverse per fare dei proseliti.
Nell’enciclica Pascendi Dominici Grecis del 1907, san Pio X aveva individuato il nemico interno e aveva ammonito sulla sua pericolosità, ma quella formidabile quinta colonna – espressione della prima nemica del Cristianesimo, la Massoneria – sapeva bene come agire per corrompere le coscienze e, con il permesso di Dio, operò in modo insinuante all’interno della gerarchia ecclesiastica, al pari di Giuda, che vendette Gesù ai Suoi nemici. In nome e per conto dell’Architetto dell’Universo, nel 1966 abolì il giuramento antimodernista (http://www.unavox.it/Documenti/Doc0965_Giuramento_Antimodernista.html), prescritto da san Pio X nel 1910, non a caso ancora recitato dai membri della FSSPX.
Solo se si comprende quello che ha condannato san Pio X, si può riconoscere quanto è accaduto nella Chiesa: è stata introdotta e praticata una visione distorta della religione cattolica, inventandone una nuova. Coloro che vogliono rimanere cattolici, devono considerare che attraverso Gesù Cristo, Dio ha rivelato delle verità a noi esterne, che vanno accettate per fede come reali: non potranno né cambiare né essere equivalenti ad affermazioni con esse contradditorie. Per il modernista, invece, la religione viene da dentro l’uomo: Dio non è un Padre trascendente, ma una specie di presenza panteistica che pervade tutto. Le affermazioni di fede sono solo espressioni di esperienze, non di realtà: per questa ragione, rispondono ad esigenze mutevoli, e risposte contraddittorie saranno ugualmente valide. Una religione del genere può cambiare continuamente, e può proclamarsi indifferente a tutti i tipi di credenza.
In altri termini, è stata compiuta una rivoluzione, che ha inteso eliminare la prospettiva trascendente dalla storia umana, per sostituirla con il principio d’immanenza, che dell’uomo fa il centro e la misura del reale e dei suoi valori; per cui le cose sarebbero quel che sono perché determinate da lui, generate dalla fecondità del suo pensiero, dalla libertà del suo volere, dalle esigenze della sua vita, dalla varietà e dalla mutabilità infinita dei suoi gusti, dalla forza delle sue abitudini, dalle produzioni della sua cultura, dall’onda delle sue tradizioni, dal corso della sua storia. Reale, positivo, valido sarebbe soltanto quel che rientra nell’orizzonte della sua coscienza e da questa quindi è vissuto, goduto o sofferto che sia. L’essere delle cose e degli eventi sarebbe soltanto quello condizionato ad un’interiorità così viva e possente che tutto afferma e nega, costruisce e distrugge, crea ed annulla. L’altro o ha il senso che da essa trae, o non ne ha nessuno, essendo per sé privo di ogni contenuto reale che possa imporsi e sia in sé pensabile, degno d’interesse. L’immanenza, dunque, è sinonimo di un’autonomia assoluta, di una Soggettività onnicomprensiva, da cui tutto emana e in cui tutto si risolve, nella quale tutto è e tutto diviene.
Il Modernismo è stato definito sintesi di tutte le eresie appunto perché fondato sul principio d’immanenza che, storicizzando il Cristianesimo, ne relativizza dogmi, morale e culto. Non si esagera perciò nel ritenere che l’accettazione del primato dell’atto-d’essere-in-sé è una virtuale professione di fede cristiana; mentre il suo rifiuto consiste nella celebrazione dell’essere di coscienza che, intesa in tutto il suo significato, porta alla demolizione del Cristianesimo: innanzitutto della verità, e per conseguenza di Dio, di Cristo, della Chiesa.
È questo il contesto all’interno del quale bisogna collocare la figura dell’attuale pontefice e quelle dei suoi predecessori. Sono tutti figli del Concilio Vaticano II, protagonisti di una stagione drammatica della Chiesa, analoga ad altre stagioni che la Sposa di Cristo ha vissuto nei suoi duemila anni di storia, ma con un elemento caratterizzante ed inedito: la sua natura anticristica, quindi diabolica, che ha colpito da un lato il cuore dell’annuncio cristiano, la liturgia della Santa Messa, trasformandola da sacrificio incruento della Passione e della Morte di Nostro Signore Gesù Cristo in rito luterano, blasfemo ed eretico, dall’altro il deposito della fede, un antichissimo concetto, anche giuridico.
Già la Legge delle XII Tavole, redatta a Roma a metà del IV a.C. – che Tito Livio chiamava fons omnis publici privatique iuris – colpiva come delitto l’infrazione della fides da parte di colui che si era assunto di custodire e restituire la cosa ricevuta. Da quella legge, derivò il contratto di deposito, dove il depositario aveva un solo obbligo: custodire per restituire. Per il diritto romano, il depositario non possiede per sè stesso, ma per il depositante; è un custode e conserva i beni a disposizione del tradens, che a sua volta conserva i diritti legati alla proprietà. Nel Nuovo Testamento, la parola deposito viene usata da san Paolo, nella prima e nella seconda Lettera a Timòteo. È una delle più importanti idee pastorali dell’Apostolo. Nel primo testo, scrive: «O Timòteo, custodisci ciò che ti è stato affidato; evita le chiacchiere vuote e perverse e le obiezioni della falsa scienza. Taluni, per averla seguita, hanno deviato dalla fede» (1Tm 6,20-21). Nel secondo, afferma: «È questa la causa dei mali che soffro, ma non me ne vergogno: so infatti in chi ho posto la mia fede e sono convinto che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato. Prendi come modelli i santi insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato» (2Tm 1,12-14).
Scrive Ceslas Spicq (1901-1992) in Saint Paul. Les Épîtres pastorales: «Presentando la sua prossima fine, Paolo percepisce più vivamente ancora la responsabilità che gli incombe di custodire intatto questo tesoro; fino al termine fissato egli deve preservare la parola di Dio (1Tm 4, 6) da ogni errore e corruzione. È, infatti, un deposito che Dio gli ha confidato ed è prossimo il giorno in cui il divino creditore gliene chiederà conto. Questo deposito Paolo l’ha ricevuto da Dio, e più precisamente da Gesù, sulla strada per Damasco. Visto che questo contratto reale non presupponeva, in origine, per il suo modo di formazione, che una semplice rimessa del possesso dei beni, è dunque al momento di questo incontro iniziale che è nato fra il Signore e il suo apostolo questo accordo – l’accordo delle loro due volontà – generatore d’obbligazione fin dal momento della trasmissione dell’oggetto affidato. Il contenuto di questo deposito è il Vangelo. La legge non autorizzava, salvo stipulazioni contrarie, alcun uso dei beni affidati. Ora, l’Apostolo non si è mai considerato che come un amministratore, un dispensatore, dei misteri divini (1Cor 4, 1). A differenza dei maestri che insegnano una dottrina originale, frutto di loro speculazioni, egli non è che un delegato. Quel che predica non lo inventa, non lo trasforma, l’ha appreso e ricevuto e deve trasmettere intatto – come un deposito – questo tesoro, che è la parola divina ovvero l’oggetto della fede […]. Ha terminato la corsa, il momento della sua dipartita è arrivato (2Tm 4, 6-8); esorta Timoteo a vegliare sul deposito che gli trasmette; è suonata l’ora in cui sta per comparire davanti a Dio che giudicherà il suo fedele depositario».
«Tieni saldo quello che hai», dicono gli Atti degli Apostoli (Ap 3,11). Il Concilio Vaticano I dice: «Per fede divina e cattolica si devono credere tutte quelle verità che sono contenute nella Parola di Dio scritta o tramandata e che dalla Chiesa, sia con solenne giudizio, sia con ordinario e universale magistero, vengono proposte a credere come divinamente rivelate». Scrive padre Serafino Lanzetta in Iuxta Modum – Il Vaticano II riletto alla luce della tradizione della Chiesa: «Traditio indica semplicemente il sussistere misterico e metastorico della Chiesa nel tempo, guardando oltre il tempo, senza lasciarsi afferrare da nessuna stagione pur calata interamente in ognuna di esse. Traditio è conservare il mistero-Chiesa nonostante il suo passaggio tra i marosi e le consolazioni di Dio e con esso tutto ciò che le generazioni di fedeli che ci hanno preceduto hanno creduto e credendo l’hanno trasformato in preghiera. Se si evita questo concetto, giudicandolo dannoso, c’è il pericolo di fare una nuova Chiesa».
Ecco, la Chiesa nuova, consapevole che la comprensione dell’uomo muta col tempo, la sua coscienza si approfondisce, le forme di espressione della verità possono essere multiformi e che si dovrebbe considerare come errata la visione della dottrina come un monolite da difendere. Al contrario, il depositum fidei è la Tradizione, è la certezza sul mistero della fede in Nostro Signore Gesù Cristo e nella Chiesa, Una, Santa, Cattolica, Apostolica e Romana.
Ecco, l’incertezza sul mistero della fede e, di conseguenza, sulla Chiesa di Cristo di cui scriveva il modernista Joseph Ratzinger.
Ecco, le sintonie sostanziali tra l’uomo pratico Bergoglio e il teologo Ratzinger. Sintonie imprevedibili, come quella sul Nuovo Ordine Mondiale. Dice Bergoglio ai giovani di Assisi, in occasione dell’evento The economy of Francesco, il 20 novembre 2020: «L’attuale sistema mondiale è insostenibile, Urge una nuova narrazione economica, urge prendere atto responsabilmente del fatto che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i più poveri e gli esclusi (…). Abbiamo bisogno di un cambiamento, vogliamo un cambiamento, cerchiamo un cambiamento. Ci manca la cultura necessaria per consentire e stimolare l’apertura di visioni diverse, improntate ad un tipo di pensiero, di politica, di programmi educativi e anche di spiritualità che non si lasci rinchiudere da un’unica logica dominante. Se è urgente trovare risposte, è indispensabile far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi – non dimenticatevi questa parola: avviare processi – tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze. Ogni sforzo per amministrare, curare e migliorare la nostra casa comune, se vuole essere significativo, richiede di cambiare gli stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società. Senza fare questo, non farete nulla».
Attraverso il richiamo al concetto di transizione ecologica – così caro alle élite – e utilizzando lo strumento offerto dalla diffusione del virus da Sars-Covid-19, si propongono nuovi stili di vita, nuovi modelli di produzione e consumo, nuove strutture di potere, nuovi gruppi dirigenti. Un Nuovo Ordine Mondiale, insomma.
In termini molto più espliciti, di Nuovo Ordine Mondiale aveva già parlato – ancora più esplicitamente – il salvatore della Chiesa, Ratzinger, nel lontano 2001. Si trovava a Cernobbio, sul lago di Como, nell’hotel Villa d’Este, già sede, nel 1965 e nel 1987, delle conferenze del Gruppo Bilderberg, per il Seminario organizzato dallo Studio Ambrosetti, giunto alla 27ma edizione. Tra i presenti: il padrone di casa, Giorgio Ambrosetti, Gianni Agnelli, il presidente della BCE Wim Duisenberg, l’allora presidente dell’UE, Romano Prodi, Shimon Peres, Henry Kissinger, Valery Giscard d’Estaing, Mario Monti, Giulio Tremonti, Giorgio Napolitano, membri dell’Aspen Italia. L’allora cardinale disse: «(…) Oggi ci troviamo in un secondo illuminismo, che non solo ha lasciato dietro di sé il “Deus sive natura” (di Spinoza), ma ha anche smascherato come irrazionale l’ideologia marxista della speranza e al suo posto ha postulato una méta razionale del futuro, che porta il titolo di Nuovo Ordine Mondiale e ora deve divenire a sua volta la norma etica essenziale. (…) Il Nuovo Ordine Mondiale, della cui necessità non si potrebbe dubitare, dovrebbe essere un ordine mondiale della razionalità. Fin qui tutti sono d’accordo».
Ratzinger definisce addirittura il Nuovo Ordine Mondiale, norma etica essenziale. Essenziale a chi, viene da chiedersi? All’uomo, al quale Cristo, con la Sua morte in Croce, ha offerto l’unica possibilità di salvezza dalla dannazione eterna o alle strutture del potere di cui l’uomo si dota su questa terra, che sono tutte prive di qualsiasi ancoraggio spirituale e, quindi, etico e morale, perché appartengono al nemico di Dio? Il Nuovo Ordine Mondiale è il tentativo di un gruppo di uomini di privarsi di Dio e di sostituirsi a Dio. Se questa è la prospettiva che la Chiesa propone, è contraria alla volontà di Dio, il quale non ha creato l’uomo per renderlo servo di altri uomini e dei potentati terreni. L’ha creato a Sua immagine e somiglianza, libero, alla continua ricerca della Verità, della Parola del Cristo. Come diceva san Paolo «Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini!» (1Cor 7, 23).
Che dire? Esiste la Chiesa ed esistono gli uomini di Chiesa. Nessun uomo di Chiesa, nonostante tutti gli sforzi che possa compiere, le menzogne e gli errori, potrà mai abbattere il Corpo mistico e l’Istituzione Chiesa, perché essa è stata fondata da Nostro Signore.
Esiste anche uno stato di necessità spirituale, ben descritto da don Mauro Tranquillo (https://www.sanpiox.it/archivio/articoli/crisi-nella-chiesa/1627-l-apostolato-della-fsspx-e-lo-stato-di-necessita), in base al quale si può combattere l’azione della quinta colonna, che vorrebbe demolire la Chiesa di Cristo. Tenendo ben presente che questo accade solo per un misterioso disegno di Nostro Signore, il quale, come ha voluto che durante la Passione la Sua Umanità si abbandonasse alla Sofferenza e al Sacrificio e la Sua divinità si eclissasse, così ha permesso – dopo duemila anni – che il Suo Corpo mistico soffrisse una Passione dolorosa e terribile, nella quale il suo elemento divino si eclissasse ed apparisse solo quello umano, totalmente martoriato, quasi irriconoscibile.
Come combattere questa Modernità e il calvario dell’Apostasia, l’abbandono della Fede, nel quale siamo immersi? Sono tre i punti principali da tener presente (da Parole chiare sulla Chiesa, Don Daniele Di Sorco, p. 133, Edizioni Radio Spada):
- I Papi conciliari e postconciliari, da Giovanni XXIII a Francesco compreso, sono veri Papi, nel senso che posseggono veramente l’autorità papale nella sua integralità.
- Tuttavia, a partire dal Concilio Vaticano II, l’esercizio di quest’autorità è difettoso, nel senso che: a. alcuni insegnamenti del Concilio e dei Papi postconciliari sono oggettivamente erronei, poiché contengono dottrine che si oppongono inconciliabilmente con ciò che la Chiesa ha sempre insegnato: è necessario, quindi, rifiutarli pubblicamente; b. altri insegnamenti, pur non essendo oggettivamente erronei, emanano però da un’autorità la cui volontà d’insegnare e d’imporre una dottrina è dubbia: per il momento, dunque, è più prudente non accettarli, in attesa che l’autorità ecclesiastica, finita la crisi, si pronunci con un giudizio definitivo e sicuro.
- La liturgia scaturita dalle riforme del Vaticano II, e in particolare la nuova Messa di Paolo VI, professa la fede cattolica in maniera fondamentalmente ambigua e può essere interpretata – come di fatto è avvenuto – in senso non cattolico. Di conseguenza, pur potendo essere valida, non è mai lecita (poiché non è mai lecito professare la fede in modo intrinsecamente ambiguo) e non è mai possibile assistervi attivamente.
Uomini di Chiesa privilegiati da Dio – come mons. Marcel Lefevre – avevano visto il pericolo e la realtà che viviamo. Forse non potevano immaginare che nel volgere di una generazione si arrivasse a tanto, ma avevano certamente interpretato e letto la realtà della Chiesa che vivevano come opposta a quella che avevano appreso, conosciuto e che intendevano trasmettere. Ci hanno consegnato un’eredità da custodire, da diffondere e da difendere, per la quale vale la pena battersi. Con coraggio. Nella certezza che Nostro Signore – quando vorrà – restituirà alla Sua Chiesa la sua missione e a ciascuno di noi darà la ricompensa in ragione della semina che avrà fatto nella sua vita.
Il mio ultimo libro, “La porta stretta”, è ancora disponibile. Chi lo volesse o chi vuole regalarlo ad un amico, invii un messaggio al 340.0727761 o scriva a pasqualedanilo.quinto@gmail.com – La porta stretta – Danilo Quinto.