Chiedere se Bitcoin è una bolla dovrebbe essere superfluo: l’aumento di prezzo della cosa poggia unicamente sulla crescita di domanda – diventata frenetica per le notizie sull’aumento del prezzo stesso; gli acquirenti futuri arricchiscono gli acquirenti precedenti entrando nella giostra vorticosa: è la definizione stessa di “piramide finanziaria”, in Usa detto “trucco Ponzi”, un tizio che pagava interessi principeschi ai primi, purché portassero “dieci nuovi investitori”, usando il denaro dei successivi clienti – fino all’ovvia bancarotta. Il lettore vi riconoscerà una versione digitale della catena di Sant’Antonio. Il che non impedisce ad alcuni, nel frattempo, di guadagnare soldi veri e tanti (io ne conosco tre).
La differenza con le altre piramidi è che questa consuma titaniche quantità di energia elettrica, dunque, al fondo, di petrolio e carbone. Già ora si dice che l’estrazione (mining) di Bitcoins consumi l’equivalente dei consumi elettrici di un paese intero, Irlanda o Austria; ora si preconizza che se continua a questo ritmo, il mining, a febbraio 2020, consumerà l’energia prodotta dall’intero pianeta.
Mi risparmio una illustrazione del meccanismo chiamato mining, rimandando a qualche sito semplice e chiaro come questo:
https://bitcointalk.org/index.php?topic=24228.0
Basterà dire che la pseudo-estrazione richiede potenze di calcolo sempre maggiori e quindi computers sempre più potenti e dedicati; mentre allo stesso tempo l’entrata di milioni di nuovi “minatori” (i più sono in Cina e in Russia) rende l’estrazione sempre meno redditizia. All’inizio bastava il computer casalingo (che veniva sacrificato per questa sola operazione), poi quello con schede grafiche, oggi “ASIC (microprocessori costruiti su misura per un preciso compito), hardware dedicato dal costo elevato e investimenti non trascurabili”.
ENORME SPRECO DI ENERGIA, PETROLIO, CARBONE
In una parodia dei veri cercatori d’oro del Klondyke (com’è vero che la storia si ripete, ma in forma di farsa) anche i minatori di bitcoin, attratti da fantasmagoriche promesse di ricchezza, restano poveri ed anzi lo diventano sempre di più, hanno magini risibili rispetto a quanto spendono in macchinari. Si ha notizia di fanatici che hanno distribuito i computers-estrattori da loro comprati nelle varie stanze del loro appartamento, in modo da usarli anche come caloriferi, e risparmiare il costo del riscaldamento domestico, per poter pagare bollette elettriche sempre più salate. Si è saputo che un tizio che ha comprato una Tesla (auto elettrica), ne ha trasformato il bagagliaio in un apparato di calcolo mostruoso, perché i padroni di una Tesla (almeno i primi) hanno il privilegio di caricarne le batterie gratis a vita negli appositi Tesla Supercharger. Apparentemente, i milioni di cinesi e russi che si dedicano a queste estrazioni lo fanno in paesi dove i costi dell’elettricità sono sussidiati, quindi sotto il prezzo di mercato.
Secondo un Digiconomist’s Bitcoin Energy Consumption Index, al 20 novembre scorso il “mining” di Bitcoin consumava più energia di quanti ne utilizza uno di 156 paesi reali, dall’Irlanda alla Nigeria. Fino al 20 del mese, si trattava “solo” dello 0,13% del consumo globale di elettricità; ma nel solo mese da ottobre a novembre il consumo di elettricità dedicato ai bitcoin è aumentato, per via dei milioni di nuovi “minatori” entrati nel gioco, del 29,98 per cento. Il 30 per cento in un mese. Di questo passo appunto l’estrazione di bitcoins esigerà tutta l’energia elettrica consumata dal pianeta. I costi dell’elettricità e delle macchine stanno aumentando per i “minatori”: tuttavia, finora i costi sono ancora compensati dai profitti (1,5 miliardi di dollari spesi per ricavare 7,2), la corsa non finirà – fino a che tutta l’energia prodotta dal mondo non sa stata sottratta a tutti gli altri usi necessari.
Il che dovrebbe indurre a qualche azione le schiere di ecologisti angosciati dal riscaldamento globale d’origine umana, di ambientalisti assillati dall’inquinamento prodotto dalle industrie, dai violenti oppositori No-TAV ai politici e magistrati decisi a far chiudere l’ILVA di Taranto perché avvelena “i nostri bambini”.
L’ILVA consuma energia e inquinamento termico per produrre acciaio; le altre industrie fisiche del pianeta che voi ecologisti guardate con tanta ostilità perché (secondo voi) sono colpevoli dell’effetto-serra, producono beni materiali reali e concreti ausili non solo utili, ma spesso necessari, ad una vita umana dignitosa. Mi sapreste dire, ecologisti, che cosa producono i minatori di Bitcoins? Quale bene reale e necessario alla vita umana, per guadagnare il vostro silenzio?
Mai una piramide finanziaria è stata così energivora, mai la vendita di flatus vocis ha sprecato tanta elettricità ossia – alla fin fine petrolio, carbone, uranio, vapore surriscaldato. Dov’è Greenpeace? Come mai tacciono i Verdi? Non si mobilitano i militanti Die Linke, non scendono in piazza i No-Tav? Eventualmente i BlackBlok?
Amazon ha per socia la CIA. E SATOSHI, chi?
Perché credo, Bitcoin è l’estremo vertice, il superamento ultimo del capitalismo finanziario: fare miliardi producendo niente, con la massima inefficienza energetica. E siete voi tutti, voi tutti che andate su Facebook e avete fatto un miliardario di Zuckerberg, che avete comprato con Amazon e avete alzato a 100 miliardi la ricchezza del fondatore Bezos, eccetera. A capo di aziende che nulla producono – Amazon al massimo è un’azienda logistica, recapita – e vendono a credito fuffa. So che a definire fuffa il bitcoin mi faccio dei nemici fra amici, che ne esaltano il valore di bene rifugio.
Sono pronto a dire che ho sbagliato e chiedere perdono. Ma per ora sottoscrivo le note di Bruno Bertez(un economista che i media non conoscono), e che ha scritto:
“A forza disancorare tutto, di sopprimere tutti i referenti, di rimpiazzare il reale con dei segni, si scatenano delle tentazioni: “E perché non andare anche più lontano di LORO e vendere del vento puro”, del vento di cui si garantisce la rarità? Andare oltre LORO, oltre Goldamn Sachs, oltre le emissioni di derivati e di ingegneria finanziaria, oltre Bezos, oltre Zuckerberg, oltre Musk… Ecco il mercato finalmente del tutto purificato da ogni utilità e da ogni materialità. Tutti a inseguire il purissimo profitto, tutti dietro a qualcuno che ha genialmente inventato e che diceva di chiamarsi Satoshi NAkamoto. E nessuno si chiede chi si nasconda dietro questo pseudonimo. Ma forse qualcuno s’è chiesto come quali sono le relazioni che riccone di Amazon, questo Jeff Bezos da 100 miliardi di dollari, con la CIA?
Ha dovuto essere un portavoce della CIA a spiegare in conferenza-stampa recentemente che è stato su ordine dell’Agenzia che Bezos, nel 2013, ha comprato il Washington Post per 600 milioni di dollari, “la miglior decisione che abbiamo mai preso”: dunque il Washington Post è diventato apertamente un organo del Deep State, oltre che del Partito Democratico. Fra i 700 miliardi di dollari che il Senato ha approvato per la Difesa, c’è anche un portale di e-commerce per la Difesa, che Amazon gestirà, diventando il fornitore monopolista di computers e arredamento d’ufficio per gli apparati di intelligence. “E questo mese, Amazon e la CIA hanno annunciato il lancio di un nuovo cloud “Regione Segreta”, dove la società immagazzinerà i dati per la CIA, NSA, il Pentagono, e altre agenzie di intelligence”. Insomma il miliardario esaltato come grande vincitore del “mercato competitivo” è un appaltatore monopolista delo Stato e del suo apparato burocratico-militare (e criminale).
Chissà quando ci diranno chi è in realtà Satoshi Nakjamoto. Frattanto il Sistma sta agendo come pompa idrovora ed energivora, impoverendo milioni di persone per finanziare non si sa bene cosa.
Naturalmente dicono che il Bitcoin è moneta, anzi la moneta del futuro, la riserva di valore che proteggerà i risparmi…il commentatore James Howard Kunstler l’ha definita “la prima divisa steampunk”, termine che indica un filone della fantascienza fantastica che introduce nel futuro strumenti anacronistici, tipo una nazione di un altro pianeta che conduce guerre stellari con astronavi a vapore (steam). Effettivamente, mai una catena di Sant’Antonio ha consumato tanta potenza di calcolo e sprecato tanta energia fisica.
Bitcoin è una moneta? Lo è, ma per adesso manca o è deficiente dei tre o quattro caratteri che deve avere la definizione di “moneta”:
- Essere un mezzo di scambio.
- Essere una unità di conto.
- Avere valore liberatorio, ossia accettata dagli Stati come pagamento delle imposte.
Milioni di bitcoin perduti. Erano “SICURI” nelle memorie di vecchi computer.
E’ una riserva di valore? Il punto in comune tra oro e Bitcoin è la loro rarità; esistono in quantità finita. Per l’oro, quello finora estratto nella storia umana ammonta a circa 180 mila tonnellate, e si valuta che ne restino da estrarre, al più, altre 60 mila.
Per il Bitcoin, la rarità è stata predefinita dal sistema di “Satoshi Nakamoto”: si conosce la data in cui il mining dovrà cessare definitivamente, il 2040. A quel momento dovrebbero essere in circolazione 21 milioni di Bitcoin. Attualmente dovrebbero esserne in circolo 16 milioni e 382 mila.
Ma dove si trovano “fisicamente” i bitcoin? Non sono fisici, vi obietteranno, quindi non si trovano “fisicamente” da nessuna parte.- Errore: in ultima analisi, si trovano in magazzini digitali, che sono di fatto gli hard disk e memorie flash nei computer dei proprietari della cripto valuta.
Il guaio è che, secondo gli analisti di Chainalysis, molti di questi proprietari hanno perduto milioni di Bitcoin: per la precisione, tra i 2,8 e 3,8 milioni. Oggi che il Bitcoin vale 10 mila dollari, fate voi il conto della perdita.
Sono soprattutto i “minatori” e gli investitori di lunga data, quelli entrati nel gioco speculativo anni fa, quando il Bitcoin valeva poco, che hanno perso una quantità del loro gruzzolo di cripto valute. Come mai? La domanda da fare è invece: chi si tiene un computer del 2009? Molti dei nostri padroni di bitcoin hano cambiato computer, adesso ne hanno l’ultimo modello, ma hanno dimenticato o gettato via col vecchio elaboratore la memoria, il disco duro, che conteneva la loro valuta digitale e virtuale.
Nel 2013 un giovane informatico britannico, James Howells, decise di liberarsi del suo vecchio computer, un portatile Dell XPS N1710, che s’era irrimediabilmente guastato nel 2010 (obsolescenza pianificata). Ha dimenticato che dentro la memoria del catorcio aveva immagazzinato 7500 bitcoin, “estratti” da lui stesso nel 2009, quando la moneta virtuale era stata appena lanciata. Al valore 2013, ha perso 5,8 milioni, oggi sarebbe il doppio. Ovviamente non li ha più ritrovati, finiti.
https://www.theguardian.com/technology/2013/nov/27/hard-drive-bitcoin-landfill-site
Si stima che il 30% se non il 50%, dei Bitcoin creati nei primi anni siano stati perduti così, perché tanti hanno comprato un nuovo computer.
“L’esistenza dei bitcoin poggia, in ultima analisi, sull’affidabilità dei sistemi digitali che li immagazzinano. Un monte di Bitcoin può sparire, semplicemente scomparire , per corruzione dei dati informatici, per virus o per la distruzione dell’hard disk in cui si trovano”.
In confronto l’oro, l’antico bene rifugio, è fisicamente indistruttibile. Le 187 mila tonnellate scavate dai primi uomini ad oggi esistono ancora, in una forma o in un’altra. Anche se è nelle casseforti di navi naufragate, o è stato sepolto in tesori antichi e sepolture della civiltà del Bronzo, esiste davvero e può essere ritrovato. I bitcoin perduti sonno perduti in modo irrimediabile. Erano digit scritti su supporti magnetici. Vento. Aria. Ottenuta con il più enorme spreco di energia mai speso per scopi utili.