Grandi risparmi sulle provvidenze sociali, spesa pubblica improduttiva
Il Canada pagherà le spese per l'eutanasia delle persone troppo povere per vivere dignitosamente.
Evviva il progresso. https://t.co/y9gm8LsdJT— Silvana Torto (@silvamarilli) May 14, 2022
Il governo canadese nega. Pero, dopo aver legalizzato l’eutanasia dal 2016 per i malati terminali, dall’aprile del 2021 ha ampliato i criteri: adesso il Canada consente l’eutanasia delle persone con disabilità che non sono alla fine della vita; ha abolito il criterio della “morte ragionevolmente prevedibile” fino ad oggi dato come condizione per attuare l’eutanasia. Da un punto di vista medico non resta che la condizione legata all’esistenza di una malattia grave e incurabile e al fatto che il paziente vive una sofferenza che lui stesso considera insopportabile.
In pratica, questa espansione significa che una persona con handicap fisici o malata cronica è ora ammissibile all’eutanasia. In questo, la legge canadese è di fatto simile a un regime di morte su richiesta per qualsiasi persona affetta da una malattia incurabile, ea cui la professione medica è tenuta a rispondere.
Si registra difatti un forte aumento dell’eutanasia nelle case di cura o nelle residenze private (48% rispetto al 36% del 2019), parallelamente a una diminuzione dell’eutanasia praticata in ospedale. La posta in gioco è alta per le residenze che non vogliono che si pratichi l’eutanasia al loro interno, e che subiscono pressioni sempre maggiori per accettarla man mano che l’eutanasia si afferma come una vera e propria “opzione” di fine vita”.
La maggior parte dei casi segnalati riguardava la perdita della capacità di partecipare ad “attività significative” (84,9%) e “attività della vita quotidiana” (81,7%). Il dolore non è quindi il criterio predominante della sofferenza. Il controllo inadeguato del dolore o della preoccupazione a questo proposito è citato dal 57% dei pazienti, la “perdita della dignità” dal 54% e il controllo insufficiente dei sintomi diversi dal dolore o dalla preoccupazione a questo proposito, il 51%. La sofferenza di sentirsi un peso per la famiglia, i caregiver o gli amici, è menzionata dal 36% delle persone soppresse.
II precedente storico:
Vita indegna di essere vissuta
Voce del glossario nazista
da Wikipedia:
Con la frase vita indegna di essere vissuta (in tedesco Lebensunwertes Leben) s’intende la denominazione, interna al glossario della Germania nazista, con cui venivano indicati certi segmenti di popolazione a cui, secondo il regime del tempo, non doveva essere concesso il diritto alla vita. Questi individui sono stati particolarmente presi di mira attraverso il programma di eutanasia; includeva gli affetti da gravi problemi di salute e quelli ritenuti gravemente inferiori sulla base della rigida politica razziale nella Germania nazista.
Questo manifesto del 1938 recita: «60.000 Reichsmark è ciò che questa persona con malattie ereditarie costa alla comunità durante la sua vita. Camerata, questo è anche il tuo denaro. Leggi Neues Volk, il mensile dell’ufficio per la politica razziale del NSDAP».
Questo concetto ha costituito una componente importante dell’ideologia del nazionalsocialismo, fino a giungere alla politica di genocidio avviata con la Shoah[1].
Il programma di eutanasia nazista era conosciuto come “programma Aktion T4“; è stato ufficialmente adottato a partire dal 1939 attraverso una decisione personale di Adolf Hitler: cresciuto in estensione e portata fino al 1942, quando varie proteste pubbliche lo hanno di molto rallentato.
Tuttavia la metodologia di eutanasia forzata è continuata, utilizzando soprattutto l’iniezione letale e le camere a gas, fino ad esser così notevolmente ampliata all’interno dell’universo dei campi di concentramento, ove sono stati utilizzati in larga scala tanto da costituire parte integrante dell'”Olocausto”.[2][3][4]
Storia
L’espressione si usa per prima nel titolo di un libro datato 1920, Die Freigabe der Vernichtung Lebensunwerten Lebens (“Ciò che consente la distruzione di una vita indegna di vita”) del giurista Karl Binding, professore in pensione dell’Università di Lipsia, e dello psichiatra Alfred Hoche dell’Università di Friburgo, entrambi eminenti studiosi e scienziati.[5]Secondo Hoche, alcune persone pur ancora biologicamente viventi ma che hanno subito gravi danni cerebrali, ritardo mentale, autismo (anche se non ancora riconosciuto come tale, all’epoca), e psichiatricamente malati erano da considerarsi come “mentalmente morti”, “zavorra umana” e “gusci vuoti di esseri umani”. Hoche prevedeva che l’eliminazione di queste persone sarebbe stata utile alla società sana.[6].
In seguito l’idea di assassinio di massa è stato esteso anche a tutte quelle persone considerate razzialmente impure o di razza inferiore, rispetto al concetto di suprema purezza costituita dalla razza ariana, secondo il pensiero nazista[7].
Categorizzazione nazista
Lo stesso argomento in dettaglio: Simboli dei campi di concentramento nazisti.
Il concetto è culminato nell’istituzione del campo di sterminio, realizzato ed operante per uccidere sistematicamente tutti coloro che erano indegni di viver secondo l’opinione degli ideologi nazisti. È anche giustificato nei vari programmi di eugenetica nazista e sperimentazione umana, così come nella politica razziale.
Sviluppo del concetto
Secondo l’autore di Medical Killing and the Psychology of Genocide, lo psichiatra Robert Jay Lifton, la politica riguardante la vita indegna di essere vissuta ha attraversato un certo numero di iterazioni e modifiche nel corso del tempo.[8] Delle cinque fasi identificabili con cui i nazisti hanno portato avanti il principio della “vita indegna di vita” si citano:
- la sterilizzazione forzata ma non solo, anche nei confronti degli omosessuali;
- seguì l’uccisione dei bambini “deteriorati” (inutili e abbandonati) negli ospedali;
- poi l’uccisione degli adulti “deteriorati/degenerati”, in gran parte raccolti dagli ospedali psichiatrici, utilizzando il monossido di carbonio;
- il progetto è stato esteso ai detenuti dei campi di concentramento;
- infine, con le uccisioni di massa negli stessi campi di sterminio appositamente predisposti.
Nel 1939 Hitler introdusse l’Aktion T4, che condusse all’uccisione di 300.000 persone disabili e alla sterilizzazione di altre 400.000 questo programma segreto mise a punto la tecnologia della camera a gas dei campi di concentramento della seconda guerra mondiale.
Questa storia di vite disabili è stata dimenticata.
Molte delle vittime erano bambini.»