EIR Strategic Alert:
Si sta facendo un gran polverone sulle dichiarazioni di Biden il 26 marzo a Varsavia, dove parlando di Putin ha detto: “Per l’amor di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere!”. Gli assistenti della Casa Bianca hanno cercato immediatamente di fare marcia indietro e il giorno dopo Biden stesso ha dichiarato che non stava chiedendo un cambio di regime in Russia. Alcuni commentatori le hanno associate ad un’altra dichiarazione, quella secondo cui gli Stati Uniti avrebbero risposto “in natura” se la Russia avesse usato armi chimiche o biologiche in Ucraina, affermando l’ovvio, ovvero che è problematico se non addirittura pericoloso che il presidente faccia tali dichiarazioni.
Il Segretario di Stato USA Antony Blinken ha smentito il suo capo dichiarando che “non abbiamo una strategia di cambio di regime in Russia o altrove”. Data la pletora di cambi di regime promossi dagli Stati Uniti in Iraq, Libia, Ucraina e il tentativo di farlo in Siria e Bielorussia, la smentita di Blinken non ha alcun peso e lo espone solo come un bugiardo nella maggior parte del mondo che vive al di fuori della bolla mediatica transatlantica.
Un’interpretazione più schietta è quella offerta dal membro del comitato di redazione del Wall Street Journal James Freeman, che ha scritto anche prima di queste ultime osservazioni che Biden “dovrebbe cercare di dire il meno possibile in pubblico durante una crisi internazionale”, anche se mettere la museruola a un presidente non è una buona idea. Un’osservazione più pertinente è stata fatta da Richard Haass, presidente dello U.S. Council on Foreign Relations, che ha detto che è improbabile che funzioni il tentativo di “fare marcia indietro” sulla palese richiesta di cambio di regime. Putin lo vedrà come una conferma di ciò che ha sempre pensato”. Ciò crea anche il rischio, a suo parere, che Putin “rifiuti il compromesso, scelga l’escalation o entrambi”.
Ma pur essendo più “realista”, Haass non coglie il punto centrale. Il commento di Biden, che sia preparato o spontaneo, descrive accuratamente la politica USA/NATO verso la Russia e fa parte della “guerra dell’informazione” lanciata dall’Occidente. Queste dichiarazioni hanno poco o nessun effetto sulla leadership russa, che sa che il cambio di regime è la politica dell’Occidente da almeno quindici anni. Il rifiuto di negoziare seriamente la richiesta del Cremlino di garanzie di sicurezza, le massicce forniture di armi all’Ucraina, la guerra economica con la politica delle sanzioni e il rifiuto di qualsiasi tentativo di de-escalation, hanno reso evidente alla leadership russa che Mosca è il bersaglio dei falchi guerrafondai transatlantici. Per quanto riguarda l’opinione pubblica russa, l’effetto più probabile sarà quello di aumentare il sostegno a Putin, che viene visto come difensore della nazione da coloro che sono intenti a schiacciarla e umiliarla.
Il vero bersaglio di questa guerra dell’informazione è la popolazione dell’Occidente, che deve essere condizionata ad accettare l’economia di guerra che si sta preparando. L’inflazione, la scarsità di energia e cibo e l’austerità generale vengono ingiustamente e convenientemente attribuite a Putin, mentre le enormi spese di bilancio per condurre una guerra per procura contro la Russia vengono ipocritamente presentate come un “sacrificio necessario” per sconfiggere “autocrati odiosi e criminali di guerra”.
L’alternativa: non mancate alla conferenza dello Schiller Institute
Il timore delle “élite” occidentali, come abbiamo descritto sopra, è che la loro propaganda non sia più convincente e che in Occidente possa coalizzarsi un movimento intorno ad una strategia competente che unisca la sconfitta dei piani di guerra al rifiuto della politica economica liberista e la sostituzione dell’ordine unipolare ormai al collasso con una nuova architettura di sicurezza e finanziaria.
Questo è precisamente l’obiettivo dello Schiller Institute, che il 9 aprile terrà una conferenza online con esperti e relatori preoccupati da tutto il mondo per discutere su come dare vita a tale “nuovo paradigma” nei rapporti internazionali. Invitiamo i lettori a seguire i lavori e a firmare la petizione diffusa dallo Schiller Institute:
Una conferenza per creare una nuova architettura di sicurezza e sviluppo per tutte le nazioni
9 aprile, con inizio alle ore 15
Per i dettagli sulla conferenza e il programma, si prega di consultare il sito dello Schiller Institute (https://schillerinstitute.nationbuilder.com/for_a_conference_to_establish_a_new_security_and_development_architecture_for_all_nations). Sarà disponibile la traduzione in francese, tedesco e spagnolo. È necessario registrarsi per accedere alle traduzioni.
Contrasti tra Dipartimento di Stato e Pentagono?
Alcuni osservatori esperti hanno confutato la narrazione secondo la quale, in primo luogo, la Russia starebbe bombardando senza pietà i luoghi abitati in Ucraina uccidendo i civili, sarebbe a corto di munizioni e rifornimenti e avrebbe subito pesanti perdite; in secondo luogo, che questo “prova” che il Cremlino ricorrerebbe in qualsiasi momento all’uso di armi chimiche o biologiche.
Il direttore di Consortium News Joe Lauria, tuttavia, va oltre e avanza l’ipotesi che le fughe di notizie vere su ciò che la Russia non sta facendo in Ucraina provengano dal Dipartimento della Difesa USA, che sarebbe “impegnato in una battaglia importante contro il Dipartimento di Stato e il Congresso per impedire uno scontro militare diretto con la Russia, che potrebbe scatenare la più orribile guerra immaginabile”. Nell’articolo, intitolato “Pentagon Drops Truth Bombs to Stave Off War With Russia”, Lauria scrive che Biden viene messo in mezzo, ma finora si è schierato con il Pentagono sul rifiuto di una no-fly zone in Ucraina (https://consortiumnews.com/2022/03/23/pentagon-drops-truth-bombs-to-stave-off-war-with-russia/).
A dimostrazione di questi contrasti tra Difesa e Dipartimento di Stato, Lauria cita un articolo che considera una fuga di notizie del Pentagono, pubblicato su Newsweek il 22 marzo da William Arkin, un ex ufficiale dell’intelligence dell’esercito che si è guadagnato la reputazione di rendere pubblici dei segreti che gli enti militari e di intelligence preferirebbero restassero tali. Il titolo dell’articolo di Arkin è eloquente: “Putin potrebbe devastare l’Ucraina con l’aviazione, ma si sta trattenendo. Ecco perché”. L’autore cita funzionari di intelligence ed analisti militari degli Stati Uniti, i quali parlano liberamente a condizione che venga manutenuto l’anonimato, che sono in forte disaccordo con la narrazione ufficiale di Washington su ciò che i russi stanno facendo in Ucraina (https://www.msn.com/en-us/news/world/putin-s-bombers-could-devastate-ukraine-but-he-s-holding-back-here-s-why/ar-AAVnuAJ?ocid=EMMX).
Pur non essendo affatto favorevoli a Vladimir Putin, questi analisti dicono che le forze russe stanno causando molti meno danni in Ucraina di quelli che potrebbero causare e colpiscono solo obiettivi militari. Per mettere le cose in prospettiva, nelle prime cinque settimane dell'”operazione militare” in Ucraina, la Russia ha effettuato meno bombardamenti e lanciato meno attacchi missilistici che Bush e Cheney nel primo giorno (!) della guerra in Iraq. Altri esperti sostengono che un po’ di onestà nel valutare la campagna militare russa in Ucraina fornirebbe indicazioni su come porre fine alla guerra. Viene citato un anonimo ufficiale dell’aeronautica militare degli Stati Uniti che esprime la sua “frustrazione” per l’attuale narrazione secondo cui la Russia starebbe intenzionalmente prendendo di mira i civili e demolendo le città. “Una visione così distorta impedisce di trovare una fine prima che il vero disastro colpisca o che la guerra si estenda al resto d’Europa”, dice. Un analista della Defense Intelligence Agency conferma che “la Russia potrebbe uccidere migliaia di civili se volesse”.
Il secondo segnale menzionato da Lauria è la dichiarazione di un funzionario ad alto livello della Difesa secondo cui gli Stati Uniti non hanno ancora visto alcuna prova che l’uso di armi chimiche in Ucraina da parte della Russia sia “imminente”, ma che sono in allerta se dovessero emergere segnali in questo senso. Anche se stava parlando durante un briefing on-the-record, e la trascrizione è stata pubblicata sul sito del Dipartimento della Difesa, la Reuters è stata l’unica agenzia stampa a riportare la dichiarazione del funzionario.