Ci sono voluti due attentati del terrorismo islamico, e il governo tunisimo ha ha ceduto: consentirà agli Stati Uniti di piazzare una base militare sul suo territorio, nella zona di Hauaria. Gli americani avrebbero già cominciato a scaricare il materiale. Lo afferma il giornale Al Arab, citando fonti dei servizi italiani. Nè Washington nè la presidenza tunisina hanno accettato di commentare l’informazione.
Come si ricorderà, dopo il primo attentato al museo del Bardo – opera dell’ISIS, che a questo punto tanto vale chiamare USIS — l’ambasciatore americano aveva fatto visita al presidente Essebsi chiedendo la base militare “per combattere il terrorismo”. Era la stessa richiesta che un mese prima aveva fatto un noto americano molto operaso nella destabilizzazione, il senatore John McCain, ricevendone un rifiuto, e dichiarandosene “meravigliato” e offeso. Quando s’era sentito ripetere la richiesta dall’ambasciatore Walls, Essebsi l’aveva fatto cacciare dalla residenza.
Poi il secondo, gravissimo attentato dell’USIS, direttamente sulle spiagge. Un colpo mortale all’unica attività economica che dà lavoro e valuta estera al povero paese. Cosa può fare una minuscola Tunisiaa? Ha ceduto. Speriamo che adesso abbia almeno ottenuto la “protezione” contro l’USIS. Al Capone, a chi si piegava, garantiva che il negozio non sarebbe mai più stato incendiato, e manteneva le promese – lui.
http://www.medias-presse.info/tunis-autoriserait-limplantation-dune-base-militaire-americaine/35703
L’Algeria mostra i suoi S-400
Coincidenza interessante, la dittatura algerina – da cui di solito non escono notizie – ha reso noto di aver acquistato batterie di S-400 russi: i famosi missili terra-aria capaci di abbattere qualunque qualunque bersaglio aereo, dai droni ai missili da crociera ipersonici.
La notizia può considerarsi ufficiale, visto che viene diramata da un sito algerino dedicato alla difesa – Secret Difa3 – che in un regime come quello è improbabile sia iniziativa di un blogger privato. Anzi sembra che l’Algeria sia diventata il più importante acquirente degli S-400.
http://www.secretdifa3.net/2015/07/14/algeria-have-begun-deploying-s-400-sam-systems/
Un sito francese rende il senso della notizia così: con il dispiegamento degli S-400, l’Algeria “mette fine ad ogni idea di scenario libico contro di sè”. Ma in Libia, come tutti sanno, è stata la popolazione che ha rovesciato il suo dittatore nel corso di una spontanea primavera araba; anche se poi s’è spaccata in un caos di milizie e di terrorismo islamico, con l’imprevedibile affermazione dell’USIS (ISIS volevo dire) sul suo territorio, completo di decapitazioni sulla riva del Mediterraneo di cristiani copti (l’USIS, decisamente, ci vuole in guerra contro l’ISIS, ci vuol fare sbarcare i marò in Libia). In che senso una fortissima difesa anti-aerea scongiurerebbe uno scenario libico? L’ISIS ha forse aerei e missili? No, certamente no.
Ma forse ricorderete che la NATO ha dato manforte alla sponteanea sollevazione in Libia, con bombardamenti. Sicché adesso, dotandosi del sistema anti-aereo russo, l’Algeria non si dice diventa invulnerabile, ma rende troppo costoso alle forze aeree delle potenze malintenzionate ogni progetto di bombardare il paese per restituirlo alla democrazia. Il sistema S-400 può lanciare simultaneamente 72 razzi contro 36 bersagli distanti fino a 400 chilometri, ed è mobile, montato su autocarri.
Difatti il ministro algerino per gli affari del Maghreb e Lega Araba, Abdelkader Messahel, ha dichiarato che l’algeria riafferma il suo rifiuto di lasciar impiantare base stranier sul suo suolo, con la scusa di combattere il terrorismo. Senza alludere ad alcuno stato in particolare, ha detto che l’Algeria è perfettamente capace di affrontare la minaccia islamista da sé. Pochi giorni prima Ahmed Ouyahia, direttore di gabinetto alla Presidenza della repubblica, in riferimento alle “difficoltà” che deve affrontare il paese nella “attuale congiuntura internazionale” (quasi certamente le infiltrazioni ISIS nell’incontrollabile confine sahariano) ne ha indicato le cause nel rifiuto dell’Algeria di mandare le sue forze armate a guerreggiare oltre frontiera (traduzione: non vuol partecipare alla coalizione americano-saudita e giordana per “combattere l’ISIS” in Siria, ossia per bombardare Assad), ricordando che, con la Siria di Assad, l’Algeria “è rimasto il solo paese a fianco del popolo palestinese” contro l’occupazione israeliana. Per poi portare alla memoria di chi fosse interessato, che Algeri è ancora “giuridicamente in stato di guerra”: contro chi, non l’ha detto. Contro Israele, l’han capito tutti.
Il Mossad ha degli amici in Algeria
E’ stato un alto uficiale del Mossad oggi a riposo, Yossi Alpher, a rivelare che l’agenzia sionista ha cercato, e stabilito, solide relazioni con i movimenti indipendentisti berberi nella Kabilia; utile amicizia in vista di una primavera araba con relativa destabilizzazione, sovversione interna, ed espansione dell’USIS (pardon, ISIS) ad un altro paese che ha rifiutato le basi militari americane sul suo territorio. Due indizi sembrano indicare però che la sovversione interna sia stata per il momento fatta fallire dal regime. Una, è il fatto stesso che Alpher ne parli nel suo libro di memorie intitolato Periphery: Israel’s Search for Middle East Allies (ossia: Périferia, Israele cerca alleati in Medio Oriente – titolo di per sè interessante). Il secondo è che l’uomo che l’ex capo del Mossad indica come suo “amico” ossia suo contatto ed agente della sovversione, è Ferhat Mehenni, portavoce del Movimento per l’Autonomia della Kabilia – un tizio che si fa’ intervistare dal Jerusalem Post sperticandosi in lodi ad Israele, si dichiara pubblicamente vicino alla lobby ebraica in Francia, e si è recato in visita ufficale a Tel Aviv nel 2012. Tutta un’agitazione che lo indica come un agente “bruciato”, neutralizzato ed ormai utile solo per svolgere una parte nella propaganda pubblica. Una utilità marginale che, magari, è quella che li tiene in vita: il povero Boris Nemtsov, ucciso il febbraio scorso a Mosca, praticamente davanti al Cremlino in un attentato fatto apposta per poterne incolpare Putin, è lì ad insegnare cosa succede agli amici dell’Occidente a libro-paga, quando non servono più a nulla, se non da morti. Di questi tempi, dell’oppositore non si butta via nulla.
Una Maidan in Siberia? L’idea è lanciata.
“Un potente movimento nazionale” sta nascendo nei “più grandi centri intellettuali siberiani come Novosibirsk, Tomsk, Omsk, Irkutsk”: li ha scoperti il giornalista Bradley Jardine, che scrive per il ricco blog “Muftah”…Blog istruttivo, perché si dà l’aria di essere progressista islamico o filo islamico, sostiene la causa palestinese, applauda all’accordo anti-nucleare con l’Iran…e si sbraccia a promuovere la cultura LGBT in Medio Oriente; il che dovrebbe bastare a farsi un’idea di chi lo paga.
http://muftah.org/category/queering-the-middle-east
Del resto è il progetto formulato da Stratfor in uno studio dal titolo ‘Decade Forecast: 2015-2025’, in cui si profetizza: la caduta de prezzi energetici riduce la capacità di Mosca dimantenere l’infrastruttura nazionale, ciò che offre un’ottima occasione di rompere “i legami economici che legano la periferia russa” a Mosca, specie la Siberia, dove basta rinfocolare i sentimenti della popolazione di essere sfruttata per le sue materie prime dal centro. Sottinteso: facile far ingrossare un movimento indipendentista.
http://sputniknews.com/analysis/20150719/1024810412.html#ixzz3goiWu0NN
Perchè gli Usa rafforzano le loro basi in Germania
“Per contrastare la crescente minaccia russa” sull’Europa, ha risposto al Wall Street Journal il generale Ray Odierno, capo di stato maggiore dell’esercito Usa. Tonnellate di materiale, centinaia di corazzati e nuove truppe continuano ad affluire nelle basi tedesche che gli Usa vi tengono dal 1945. Ma perché proprio in Germania? La “periferia” orientale europea, Ucraina Polonia e Baltici forse sono già strapieni di mezzi ed armati….Ma il rafforzamento delle posizioni nel “centro” del vassallo Europa, sembra unirsi ad uno spiegamento senza precedenti dalla fine dell’URSS in tutti i paesi della NATO di più antica data: blindati, artiglierie, aerei ed elicotteri, ammassati con la motivazioni di tenere esercitazioni. Mai la presenza americana è stata così massiccia in Europa da 30 anni.
Secondo l’analista politico Randy Martin, è possibile che gli americani si preparino a “tenere unita” l’ Unione Europea, minacciata di collasso e sgretolamento dalla recessione senza prospettive, dalla decisione brutale tedesca di espellere la Grecia (e poi Italia, Spagna, Portogallo) dall’eurozona, e dalla salita di partiti che favorevoli al distaccco dal sistema attuale di economia ed alleanze occidentali, con forze centrifughe che guardano verso Mosca. Se necessario, in caso di “Euromeltdown”, avverrebbe un colpo di stato classico, coi cingolati per le strade.
E’ una tesi che ci pare degna di riportare. Anche se i motivi del riarmo possono assumere, al bisogno, la motivazione di “difendere i nostri alleati europei dal terrorismo islamico”. A questo proposito viene a punto una nota di Réseau Voltaire, ove Thierry Meyssan racconta che fin dal 2012, elementi jihadisti hanno acquistato case e terreni in Boscnia-Erzegovina, a Gornja Maoča, Ošve e Dubnica, per allestire campi d’addestramento dell’ISIS (o sarà USIS?). Il capo dell’impresa risponde al nome di Nusret Imamović. Noto ai servizi siriani prima come affiliate ad Al Qaeda, poi salito a numero 3 della sua filial e siriana – Fronte al-Nusrah -, oggi s’è unito a Daesh, portandosi dietro la sua armata di jihadisti bosniaci: un classico percorso USIS.
Tutto ciò avviene sotto gli occhi, diciamo, dell’Occidente: dal tempo degli accordi di Dayton il “governo” musulmano-croato della Bosnia Erzegovina è meno di un consiglio comunale. Sotto la sorveglianza di un Alto Rappresentante Internazionale (attualmente è un austriaco, Valentin Inzko) che rappresenta gli interessi della UE; ma a sua volta affiancato e consigliato dall’ambasciatore americano David Robinson: un veterano della sovversione interna, che s’è fatto la mano servendo i Contras in Nicaragua, è stato accusato di aver cercato di manipolare le elezioni in Venezuela, nel 2008, ha servito a Kabul, ed ora eccolo qui, in Europa, alle prese con l’ISIS in uno dei suoi covi…Usis volevo dire. Insomma fate voi.
Ma a Washington fa’ paura la Shanghai Cooperation Organization (SCO): ha scoperto che Mosca e Pechino hanno esteso questa alleanza militare non solo all’India, ma al Pakistan. Anbcor più panico deve aver creato una iniziativa di Putin – che approfitta dei buoni rapporti stabiliti col principe ereditario saudita, stabiliti nella recente visita del giovanotto – per cercare di mediare una riconciliazione fra il Regno saudita e il regime siriano di Assad.. “Beati i costruttori di pace”.
Ma di questo, nella prossima puntata.