CI STIAMO ESTINGUENDO – E NON INTERESSA A NESSUNO. ANZI.

Meno di mezza giornata è durata l’attenzione alle informazioni dell’Istat sul collasso demografico accelerato in Italia. “il peggior calo delle  nascite degli ultimi 100  anni,  pari a quello del 1917-18. Quasi 140 mila in meno rispetto al 2008“.  il 45% delle donne tra i 18 e i 49 anni  non ha  avuto figli.  Più della metà de 20-34enni (5,5 milioni), celibi e nubili, vive con almeno un genitore.  L’emigrazione degli italiani giovani e istruiti che “ha prodotto una perdita netta di circa 420 mila residenti. E circa la metà (208 mila) è costituita da 20-34enni, due su tre  con un’istruzione medio-alta.

“La crescita della popolazione italiana degli ultimi vent’anni è avvenuta unicamente grazie all’aumento della componente di origine straniera”, si rallegrano i media, “ una componente che al primo gennaio 2019 conta 5 milioni e 234 mila residenti pari all’ 8,7% della popolazione. Una numerosità di tutto rilievo superiore al numero degli abitanti di 9 dei 27 paesi dell’ Ue”.

(Qui sotto la propaganda CGIL per  la Giornata Mondiale del Rifugiato. Piena di disprezzo per la  vecchia sognora “razzista e ignorante”?

 

Nelle  stesse ore, si apprendeva che in Spagna le nascite sono  calate del  40 per cento in dieci anni.   Che il Giappone  ha più giapponesi oltre gli 80 che  bambini sotto i 10.  Che gli Stati Uniti hanno il più basso tasso di fecondità mai registrato nella loro  storia.  Che “le nazioni sviluppate (Stati Uniti, Giappone, Europa occidentale) soffrono di allarmanti cali dei tassi di fertilità, mentre i paesi in via di sviluppo stanno vivendo una rapida crescita della popolazione. I 47 paesi meno sviluppati al mondo (principalmente in Africa) sono quelli con la crescita più rapida, e solo nove paesi dovrebbero costituire la metà della crescita della popolazione mondiale nei prossimi trent’anni”.

Naturalmente, gli economisti si allarmano per l’insostenibilità dei  sistemi previdenziali (a  ripartizione, occorre che ci siano 3 lavoratori per ogni pensionato) e  le recessioni  inevitabili; o addirittura il collasso economico. I  global-illuministi  si allietano alla Grande  Sostituzione razziale in corso, in cui vedono una vittoria contro “i populisti”.

Tutti sembrano accettare quel che di spaventoso questa demografia  irreversibilmente implica: la sparizione  della nostra cultura, storia, civiltà in quanto  tale. Stiamo per diventare una delle Atlantidi estinte di cui a malapena restano ruderi indecifrabili. O come quella Tartesso di cui si tramanda che era abitata da un popolo di vecchi, e  che Strabone ricorda vagamente come “i più civilizzati degli iberici: possiedono libri antichi ed anche poemi e leggi in versi che essi considerano antichi di settemila anni”. E per Tito Livio erano “omnium hispaniorum maxime imbelles”: cosa che ben si può dire di noi oggi,  imbelli  mentre “accogliamo” inermi  migliaia di  negri maschi in età militare,  e  ci vien detto che ci pagheranno le pensioni.

Entro pochi anni, tutta la nostra comune storia e culture, lettere e  musica, religioni e lingue, esplorazioni e scoperte di nuovi mondo e popoli, sofferenze e conquiste (politiche e intellettuali)  e scienze che i nostri antenati hanno perpetuato – salvandole e riuscendo a recuperarle anche nelle crisi e tragiche cesure  di re-imbarbarimento  –  per trasmetterle fino a noi come l’eredità  vivente, non avranno più un’umanità che le coltivi  – per il semplice fatto che non abbiamo più figli; ed è dubbio che i  nuovi arrivati dall’Africa e dall’Islam abbiano alcun interesse a Dante o a Shakespeare, al principio di indeterminazione e a san Luigi di Francia.

Ma la cosa più agghiacciante è che questa estinzione demografica, questa infertilità e  accettata rinuncia   ai  figli e  discendenza, avviene nei decenni  che, secondo i criteri della nostra stessa civiltà – sono quelli del massimo benessere, abbondanza, libertà e  pace.  Nelle privazioni più severe, penuria di tutto, carestie, guerre e saccheggi, i nostri antenati han continuato a generare con lieto impeto  vitale.   La morte per  violenza e fame fu onnipresente nella cristianità  medievale, eppure essa fu feconda.  I giapponesi non avevano speso nemmeno la legna per cuocere il riso, fu forse il solo popolo che contemplava come cibo  le lucertole  e il pesce crudo per mancanza di combustibile e proteine, eppure, fra torbidi e  guerre feudali incessanti, crearono una cultura  e identità inarrivabile per grazia ed  essenzialità. Adesso che, congiunti all’Occidente, mai più  insidiati dalla fame, pieni degli strumenti e conforti tecnici più  moderni e  post-moderni, ecco che si estinguono.

Immagine di RADIO MARIA CHE L’ESPRESSO HA CONDANNATO COME “OFFENSIVA CONTRO LE DONNE”
http://munafo.blogautore.espresso.repubblica.it/2019/06/07/la-vergognosa-vignetta-di-radio-maria-contro-le-donne/

Come noi: liberi finalmente dalle costrizioni imposti dalla morale e dalle limitazioni della povertà, liberissimi di fare “quel che vogliamo” senza  i divieti e i “tabù” che ci rendevano la vita agra, in pieno e felice dominio di noi stessi (“né Dio né padroni”), avendo a disposizione mezzi, comodi  e  piaceri  e sicurezze  che ancora i nostri  fecondissimi nonni nemmeno potevano immaginare – che dico,  che nessun re o signore del Rinascimento poteva godere, dai frigo allo smartphone alla droga e porno facili, per non parlare delle ghiottonerie per cui cediamo alla gola senza limiti di denaro, perché tutti i cibi del mondo sono a nostra portata e a prezzi più che abbordabili  – ecco che non facciamo più figli. Preoccupazioni economiche  c’entrano poco: l’ultima grande spinta demografica  – il baby boom – risale agli sgoccioli della seconda guerra mondiale:i soldati che tornavano senza  lavoro, fra le  macerie,  innamorati figliavano.  Molto c’entrano gli “stili di vita” – esattamente quelli che noi siamo giunti a considerare  essenziali  alla nostra felicità individuale: l’egoismo edonistico, i rapporti sessuali “liberi”,  il nomadismo, la sensualità soddisfatta, la vita come desiderio, il diritto al piacere.

E’ il capitalismo  finanziario nella sua piena  attuazione, che si è liberato del moralismo borghese –  rivelatosi finalmente per quello che è:  un costo e un ostacolo al consumo. Quella pruderie  vittoriana, tratteneva il capitalismo finanziario dal  realizzare tutte le sue promesse. Oggi finalmente, scossi i doveri, le sobrietà,  le patrie,   le fedeltà maritali ed  uxorie, i pregiudizi religiosi,  possiamo finalmente godere  tutto i consumi che il credito illimitato ci mette a disposizione, pagando un modesto interesse. E’ ormai appurato che  in ogni città, una comunità gay “fa bene al business”, molto più di un’acciaieria o una cartiera.

Come accade che, essendo noi così felici e ricchi, in mezzo all’abbondanza che il denaro  a debito bancario ci consente, non facciamo più figli?  – come le belve nelle gabbie dello zoo, che sono colte dalla infertilità così spaventosa, che se all’orsa nasce un orsetto,  mettono la notizia sui giornali?  Ma noi non siamo in gabbia. Non siamo mai stati così liberi di perseguire i nostri fini, scopi e piaceri personali,  mai abbiamo goduto di tanto numerosi diritti  soggettivi, mai più protetti dai “diritti dell’uomo”  contro le autorità statali che volessero imporci degli obblighi collettivi, per cui qualunque voglia diventa un nostro diritto. Mai la vita è stata così facile e felice.

Non sarà che proprio quando è integralmente realizzato, il Sistema che chiamiamo Occidente liberale, produce l’estinzione dei suoi abitanti  e della civiltà? Ciò pone questo Sistema delle Libertà nel rango delle ideologie illuministe totalitarie, del Terrore di Robespierre allo Stalinismo o al Maoismo: terrori in cui “l’essenza è nemica dell’esistenza”; che quanto più rigorosamente vennero applicati nella loro pura essenza alla società per renderla  perfetta (il regno degli Onesti, la società senza classi),  tanto più resero impossibile l’esistenza degli esseri umani.

E’ significativo vedere come il Sistema delle Libertà private che ci estingue, si scagli con furia ideologica contro quei governanti – come Putin e  Orban  – che hanno approntato politiche sociali per favorire  la natalità, alzare la demografia con l’evidente  ambizione di “far durare nei secoli” futuri i loro popoli,  gravidi  delle eredità ricevute dai loro antenati dei secoli passati, che dovranno trasmettere ai nipoti. Ciò viene bollato come autocrazia, fascismo, il liberalismo.

Il capitalismo terminale, fisso sui lucri a breve termine, non solo è incapace di preveggenza e di proporre prospettive di crescita per i secoli: le contrasta positivamente fino alla guerra.  Smantella e scredita lo Stato perché è lo Stato, non certo “la società civile”   che ha la capacità di porre traguardi superiori al profitto privato, di  mantenere fra il popolo le competenze, l’educazione, le scienze  che servono a reggersi nella  storia presente e  futura, contrastando la decadenza e  lo scadimento allo stato selvaggio.

I selvaggi infatti sono non “primitivi”, ma il residuo di civiltà scadute che hanno rinunciato allo sforzo, al difficile compito di perpetuarsi negli  sforzi  esigenti  che la civiltà  richiede che hanno tralasciato la sua manutenzione, e  si è infossata nel particolarismo  “naturale” dell’uomo che si contenta di essere quello che è.  In Africa si  trova  che ogni trenta chilometri si parla  una lingua diversa, da parte di tribù-nazioni   in guerra perpetua le  uno contro le altre.  Ecco il nostro futuro.

Nell’essenza, il Sistema di Libertà  che ci  estingue per evirazione collettiva, è il caso estremo di una società lasciata alle sue tendenze; anzi incoraggiata a vivere dei suoi “diritti” particolari, a  promuovere i soggettivi piaceri e non occuparsi che del breve termine.  Nella più  presuntuosa e volontaria cecità del fatto che la “società”  si evolve  ogni giorno di più  nel contrario di quel che la parola dice: in sfere di dissociazione, insocialità, de-solidarietà irresponsabile – disordine, spaccio e crimine  impunito.    Perché  “la realtà chiamata società è costitutivamente malata  – ed è per questo che ha bisogno dell’apparato ortopedico:  lo Stato” (dice Ortega y Gasset) , ossia  l’insieme di organi che esercitano il potere pubblico e  impongono un ordine “necessariamente rigido, come sono gli apparati ortopedici”.   In altri tempi la società  ha riconosciuto l’urgenza di darsi un ordine, ed ha suscitato  dal suo seno, tra sconvolgimenti e violenze, gruppi capaci  di imporre  l’ordine con la forza:   massima  “illegalità”   che trae la sua legittimità dal semplice fatto di favorire  la vita di un popolo,  perché nella “legalità” di prima  semplicemente “non si può vivere”. Esattamente come oggi, dove il Sistema porta all’estinzione come  popoli, civiltà e culture  – con il consenso  delle masse   sostituite. I “sovranismi” e “populismi” sono conati  verso la vita, ma   privati dei mezzi per  imporla con la forza.