Nell’ambito di una intensa offensiva dell’esercito siriano appoggiato dall’aviazione di Mosca per riconquistare la provincia di Idlib, occupata da Hayat Tahrir-al Sham (è sempre Al Nusra, ossia Al Qaida), nella città stessa di Idlib assediata da jihadisti, c’è stata un’esplosione: che ha ucciso, secondo Reuters, almeno 23 persone. Il bersaglio era un piccolo e specifico gruppo di ribelli, la maggior parte dei quali sono stati uccisi. Le vittime civili sono 7.
Attribuito inizialmente ad un attacco russo-siriano, poi ad un camion bomba con almeno 20 tonnellate di esplosivo, ora il fatto viene attribuito ad una unità speciale dell’armata cinese insieme a Spetznaz. Gli uccisi, infatti, sono (o erano) i capi operativi dei miliziani uiguri (la minoranza islamica in Cina), usbechi, tagichi, daghestani e kazaki – insomma la “legione asiatica” che si batte al soldo dei sauditi e dell’Occidente. Apparentemente, questi rinforzi asiatici erano stati fatti convergere su Idlib (dalla NATO via Tuchia si dice, anche se Erdogan sostiene che lui non c’entra, è colpa degli americani) proprio per aiutare gli altri gruppi estremisti a respingere l’offensiva di Damasco nella regione.
http://www.hispantv.com/noticias/siria/364944/terroristas-chinos-uigures-idlib-alqaeda.
Il portale Al Masdar ha pubblicato, lunedì primo gennaio, le foto con lunga colonna di automezzi armati di un gruppo nominatosi “Partito Islamico del Turkestan” mentre percorreva le vie di Idlib. Una simile colonna non poteva certo essere passata inosservata ai turchi.
Pechino ha inviato una sua forza speciale per decapitare i comandi di questo gruppo; con la massima discrezione, e un’operazione chirurgica non rivendicata (hanno lasciato che i social jihadisti pensassero a un’autobomba) ma con la perfetta consapevolezza che questi comandanti e le loro milizie addestrate alla guerra, era meglio non tornassero in Cina.
Base russa attaccata da 13 droni
A conferma che l’Occidente non ha alcuna intenzione di far tornare la pace in Siria, il ministero della Difesa russo ha riferito che la sua base aerea di Hmeimim e quella navale di Tartus sulla costa siriana, sono stati attaccati, il 5 e 6 gennaio, da ben 13 droni caricati ad esplosivo “estero e fabbricato professionalmente”; sono stati o sviati con segnali radio, o con missili a breve raggio Pantsir-S1. “Le tecniche ingegneristiche usate dai terroristi nell’attacco possono essere stati ottenuti solo da un paese in possesso delle capacità tecnologiche per la navigazione satellitare e la radioguida a distanza”. Ovviamente.
Di questi attacchi dei “ribelli droni” ha parlato prima il russo ma filo-occidentale Kommersant, ripreso trionfalmente dal Guardian e media americani, sostenendo che essi avevano ucciso due soldati ma soprattutto distrutto “quattro bombardieri Su-24, due caccia Su-35S, un trasporto An-72, la più grossa perdita di materiale militare subìta dalla Russia dall’intervento in Siria”, e ciò “pochi giorni dopo che Putin aveva fatti visita alla base di Hmeimim e aveva detto al personale: “Tornate a casa vittoriosi”.
https://www.theguardian.com/world/2018/jan/03/syria-russia-planes-rebel-shelling
Il ministero della Difesa russo ha negato i danni agli aerei, e precisato che due soldati sono stati uccisi sì, da un attacco ribelle proprio contro la base di Heimimim, ma non da droni. Fatto comunque preoccupante che i “ribelli” siano ancora in grado di insidiare la base russa più importante sul Mediterraneo.
Nella provincia di Idlib sono 40-50 mila i mercenari jihadisti che si oppongono all’esercito siriano, che avanza nella pronvicnia (dove abitano due milioni di pesrone) conquistando 50 villaggi.
Ma “questo tipo di guerra durerà 10 anni”, dice con soddisfazione Tareq Abdelhaq, residente nella provincia di Idlib e oppositore di Assad, intervistato dal Financial Times. Da osservare anche il comportamento di Ankara, che ha ammassato pesanti attrezzature militari al confine con la Siria. E’ coinvolta nell’operazione di Idlib dagli accordi di Astana fra Mosca, Ankara e Teheran. Ma Erdogan ha le sue mire. E i neocon americani le assecondano ed eccitano.
Consigli ebraici a Erdogan
“La Turchia non può rimanere fuori dalla Siria – se non riempie il vuoto nel nord-est siriano, qualcun altro se lo accaparra”, scrive un analista di nome Jacob H. Shapiro (j) su “Geopolitical Futures” – che è, è utile saperlo, la nuova versione del celebre sito Stratfor di George Friedman (j). Dopo aver detto esplicitamente che “la Turchia sostiene i ribelli anti-Assad che sono trincerati a Idlib, ma con linee di rifornimento perlomeno dubbie”, Shapiro aggiunge:
Per Ankara, “Idlib è importante perché è collocata nelle vicinanze di un piccolo valico tra le montagne di al-Nusayriyah , il territorio alawita fedelissimo ad Assad, e le pianure dominate dagli arabi sunniti. Se la Turchia controllasse Idlib, controllerebbe questo passo, e importanti tratti della carrozzabile 60, che potrebbe usare per rinforzare i suoi “proxy” [ossia i ribelli anti-Assad]. Controllare questo passo sul lato siriano renderebbe più facile difendere l’accesso meridionale della striscia costiera della Turchia adiacente al confine occidentale della Siria. Metterebbe la Turchia in posizione molto migliore per proiettare la potenza nei combattimenti prossimi sul futuro della Siria”.
Capito? Gli strateghi israeliani, se fossero in Erdogan, occuperebbero militarmente proprio quella zona. In vista delle future guerre per Sion.
http://www.mauldineconomics.com/editorial/heres-why-turkey-cant-stay-out-of-syria#