Qualche anno fa una delle mie aziende subì un controllo dell’agenzia delle entrate.
Si presentarono due o tre funzionari che si fermarono per tre giorni prendendo visione di tutta la contabilità aziendale degli ultimi cinque anni.
Alla fine dei tre giorni il capo di questa squadra mi si presentò dicendo che avevano concluso le loro verifiche e che non avevano trovato nulla da contestare. Io tesi la mano: “Beh, grazie e arrivederci.”
“Eh, no, dobbiamo fare il verbale.”
“Ma se ha appena detto che non avete trovato nulla!”
“Caro ingegnere sono da vent’anni all’agenzia delle entrate e non ho mai chiuso una verifica a zero. E, comunque, anche se io le chiudessi la verifica a zero, lei domani mattina avrebbe qui i miei superiori del centro di verifica interno convinti che io e lei ci siamo messi d’accordo.”
A questo punto cominciò un mercato delle vacche, il gentiluomo pretendeva di emettere un verbale (basato sul nulla) per circa 20.000 euro di “sanzione”.
Alle mie rimostranze fece:
“Vede, se lei non aderisce, io le mando la guardia di finanza che le blocca l’attività per tre mesi e le trova irregolarità per 300.000 euro. Poi magari lei fa ricorso e tra qualche anno lo vince ma, a parte il fatto che con un ricorso tributario pendente i suoi fornitori le chiederanno ulteriori garanzie, per sostenere un ricorso tributario per trecentomila euro un tributarista le chiederà almeno 15.000 euro di parcella. Li dà a noi e la chiudiamo subito qui.”
Ricordo che a un certo punto mi tirai fuori da questo mercimonio lasciando trattare il mio commercialista e alla fine chiudemmo con una sanzione di circa 7.000 euro basati sul nulla.
Ma non riesco a non pensare che oggi, grazie ai politicamente corretti al potere, quel gentiluomo dell’agenzia delle entrate, può aggiungere alle sue minacce a me imprenditore anche quella del carcere.