Excerpta:
Conferenza tenuta da S.E. Mons. Crepaldi il 19 maggio 2022 al Corso internazionale on-line GLOBALISMO, SOBERANÍA E IDENTIDAD NACIONAL. UNA REFLEXIÓN DESDE EL ÁMBITO POLÍTICO, SOCIAL Y ECONÓMICO, promosso dalla Facoltà di Diritto della Università Pontificia Argentina e diretto dal Prof. Daniel Passaniti.
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Il fenomeno della pandemia da Covid-19 ha senz’altro prodotto una maggiore consapevolezza della necessità di lavorare insieme soprattutto davanti a queste crisi sistemiche. Però ha anche messo in evidenza alcune caratteristiche non condivisibili o preoccupanti circa il mondo di affrontare insieme queste crisi sistemiche.
L’emergenza pandemica ha impresso una accelerazione ad alcuni fenomeni che sembrano problematici. Il primo è un nuovo evidente accentramento di potere sia a livello nazionale che internazionale. Si assiste, soprattutto in America Latina ma non solo, a nuove forme di statalismo e di neosocialismo. Il cosiddetto “Modello cinese” viene spesso imitato come possibile risposta alla crisi pandemica. A livello globale pure si è verificato una tendenza ad un accentramento, comprensibile da un lato perché il fenomeno da tenere sotto controllo era globale, ma dannoso dall’altro perché c’è stata come una grande esercitazione per il controllo centralizzato dei movimenti delle persone, la sospensione delle garanzie di libertà, la prevalenza del potere esecutivo sul legislativo e sul giudiziario, l’appello interessato agli “esperti”, la diffusione di una narrazione politica stabilita dal potere. Durante la pandemia si sono sperimentate forme di controllo e sorveglianza sociale che potrebbero essere impiegate in futuro in altri campi diversi da quello sanitario. E’ stata anche implementata la regola dei “crediti sociali”: se non assumi un certo comportamento non puoi usufruire di questo o quell’altro benefit sociale.
Certamente la pandemia ha aumentato la sensibilità ai problemi comuni, ma ha anche alimentato forme di individualismo, di contrapposizione, di squalificazione reciproca, di delazione, di emarginazione sociale. Ne usciamo più consapevoli della necessità di aprirci alla collaborazione, ma anche più sospettosi gli uni degli altri e anche rispetto alle autorità siano esse politiche che sanitarie.
La pandemia è stata qualificata come una grande “emergenza”, e realisticamente lo è stata. Però non si può negare che essa sia anche stata utilizzata per legittimare cambiamenti globali che senza di essa sarebbe stato difficile far accettare. Può quindi aver costituito un precedente e in futuro nuove emergenze potrebbero essere artificialmente prodotte proprio per giustificare cambiamenti strutturali. E’ questo un pericolo che dobbiamo tenere in contro. L’emergenza ecologica, l’emergenza demografica, l’emergenza energetica, una nuova emergenza sanitaria … domani potrebbero indurre a nuovi “Reset”. Uno di questi cambiamenti mi preme qui portare alla vostra attenzione: la transizione digitale. La digitalizzazione della vita quotidiana – dalla burocrazia all’economia alla finanza – costituisce certamente un fattore di progresso ma presenta anche il pericolo di fornire le basi tecnologiche per un sistema di controllo molto diffuso e pervasivo. La questione dei Big Data non è di secondaria importanza. La necessità di controllare i movimenti delle persone durante la pandemia – legittima entro certi limiti – è stata sviluppata come invito ad una transizione digitale che interesserà anche altri campi ed altri movimenti e finirà per riguardare la vita intera delle persone. Tra l’altro con il consenso dei cittadini, dato che essi sono impauriti dall’emergenza e quindi concedono al potere politico un raggio di azione più ampio di quanto non concederebbero in situazione normali.
Molti fenomeni innescati dalla pandemia vengono indirizzati ad una globalizzazione intesa come globalismo. Si parla di creare una società di non-possidenti, con l’abolizione della proprietà privata sostituita da uno sharing universale senza chiarire chi avrà la proprietà delle cose da condividere. Si prospetta una ideologia ambientale globalista antinatalista ed antifamilista. Si vorrebbe creare una religione universale priva di dogmi e che consiste in “buone pratiche” sociali che però non si sa chi le debba stabilire.