Dopo la Segre, si uniscono al plotone contro Giorgia
Repubblica neocon:
Premierato, l’allarme del Times: il piano di riforma di Giorgia Meloni “fa eco a Mussolini”
Ricordiamo che il primo ad indicare Giorgia come bersaglio da liquidare fu il quotidiano francese Libération, ex di sinistra, oggi proprietà Rotschild e diretto da “Dov Alfon (nato nel 1961) è un giornalista e scrittore israeliano residente in Francia. Il 16 settembre 2020, Dov Alfon è stato nominato caporedattore e responsabile della strategia editoriale del quotidiano francese Libération. Ex ufficiale dell’Unità 8200, sezione speciale dell’intelligence militare israeliana.
Il motivo, secondo me, è che il sistema non è sicuro che Meloni obbedirebbe alla nuova impostura climatica che deve eliminare metà della popolazione terrestre, eliminare il contante e espropriare le case, hanno bisogno di gente scelta da loro, come Bergoglio, che proprio ieri ha proclamato la detta Impostura.
Qui sotto, una acuta analisi di Avanti!
La demolizione controllata della Melonessa
11 Aprile 2024 – Redazione
Pare che Giorgia Meloni vincerà un premio: il Global Citizen Award 2024. Tale riconoscimento le sarà conferito, si spera con una cerimonia degna di questo nome, il prossimo settembre dall’Atlantic Council, uno degli innumerevoli think tank che curano gli interessi americani promuovendo la “cooperazione” fra le due sponde dell’Atlantico eccetera eccetera. L’Atlantic Council si presenta come organizzazione “no profit” e politicamente “indipendente”, ma fra quelli che cacciano la grana per organizzare i meeting e premiare le melonesse troviamo una ventina di governi, oligarchi ucraini e libanesi, “filantropi” di ogni ordine e grado, corporazioni dal potere smisurato quali Goldman Sachs, Pfizer e Facebook.
Fondamentalmente, si tratta di un’articolazione della NATO, un “centro studi” specializzato in questioni militari che gravita nell’orbita dell’Atlantic Treaty Association, ente sovranazionale che raggruppa cenacoli di amici degli americani sparsi in tutta Europa. Il Global Citizen Award assegnato da questi galantuomini è quindi una sorta di Nobel dell’atlantismo nella sua dimensione geopolitica e militare: fra i vincitori degli anni passati, Schwab, Draghi, Trudeau e Zelensky. Giorgia Meloni sarebbe dunque sul punto di coronare la sua parabola di prima della classe del servilismo e della sottomissione verso il mostro a stelle e strisce, ambito nel quale ha saputo fare meglio di tanti suoi predecessori dell’altra parte politica. L’agognata gloria internazionale, tuttavia, giunge mentre in patria si consuma la demolizione controllata della sua figurina, portata avanti proprio da quegli ambienti che rappresentano un’emanazione degli amici americani.
L’ascesa di Giorgia Meloni nel pantheon della post-politica è maturata nel corso del triennio pandemico: da un lato, la sua è stata l’unica forza politica di rilievo a non partecipare a nessuna delle ammucchiate governative che si sono succedute dopo le controverse elezioni del 2018 (i governi Conte I e II e quello guidato dal Drago); dall’altro, il suo personaggio è stato promosso dalle agenzie mediatiche (con il decisivo apporto di quelle “nemiche”) come alternativa “credibile” al già spremuto Salvini, il cui elettorato “social” è diligentemente migrato verso il partito della Melonessa. Nel melonismo elettorale che fa il pieno alle consultazioni del 2022 confluiscono dunque diversi rivoli di “populismo” opportunamente incanalati dai padroni della diga: ostilità all’immigrazione, tutela della famiglia “tradizionale” (il tormentone Io sono Giorgia ha proprio spaccato), moderato scetticismo vaccinale e pandemico. Nonostante Fratelli d’Italia avesse rappresentato la principale opposizione parlamentare al governo Draghi, era stato poi proprio quest’ultimo a suggellare, con il suo imprimatur, l’ingresso della Melonessa a Palazzo Chigi : fra i due si era instaurato un fecondo rapporto contrassegnato dalla reciproca stima, come fra un Maestro ed una devota e diligente discepola. L’Agenda sarebbe stata per Giorgia il più sacro dei libri sacri.
Più zelenskiana di Zelensky, più bideniana di Biden e più vonderleyeniana della von der Leyen, Giorgia Meloni ce l’ha messa tutta per onorare il Drago, l’Agenda e tutto il resto, ma non si è rivelata all’altezza. Facendo un bilancio, si potrebbe dire che ha fatto lo stesso errore che fu fatale a Renzi (a sua volta vincitore del Global Citizen Award nel 2016): ad un certo punto s’è montata la testa sentendosi investita del Potere piuttosto che del “potere”, illudendosi di essere diventata qualcosa di più di un fantoccio interscambiabile e di poter quantomeno spadroneggiare nel puttanaio Italia, con lo spirito di un amministratore coloniale e la spocchia di un vicerè.. E così, ha finito col farsi molti nemici fra quelli che già amministravano la colonia per conto del Padrone a stelle e strisce, fra le consorterie e le massonerie, fra i boiardi e i vegliardi, fra i predoni e gli spioni, nel sottobosco e nel sottosuolo della Repubblica. É da quelle buie profondità che è partito l’attacco contro la Melonessa, ed è da escludere che ciò sia accaduto senza il via libera dei soliti compari d’oltreoceano.
Il “killeraggio” mediatico della sua figurina di donna tutta d’un pezzo si è consumato attraverso la gogna alla quale è stata sottoposta la sua famiglia. La storia del marito che le mette le corna, risalente all’autunno scorso, con i filmati diffusi ad arte da Striscia la notizia, è un piccolo capolavoro di demolizione controllata: sono riusciti pure a stravolgerle la vita privata. Periodicamente, poi, fa capolino nelle cronache il defunto Francesco Meloni, il padre della presidentessa che mollò la famiglia negli anni ’80 per andare a vivere in Spagna, dove venne arrestato nel 1995 per traffico di hashish, subendo una condanna a nove anni di prigione. Da “pesce piccolo” quale appariva nelle prime ricostruzioni della vicenda, Meloni padre diventa “un uomo del clan Senese” in base alla testimonianza di Nunzio Perrella, un ex camorrista ed ex collaboratore di giustizia intervenuto a Report, la trasmissione di Sigfrido Ranucci, lo scorso gennaio.
La sorella ed il cognato, inopinatamante promossi dalla Melonessa ai vertici del partito e del governo, sono stati trasformati in macchiette: Lollobrigida che fa fermare il treno è stato protagonista di tanti simpatici “meme”. Sarà questa l’eredità del melonismo di governo.
Secondo la vulgata che va per la maggiore, Giorgia Meloni sarebbe stata più volte rimessa in riga da Sergio Mattarella, ovvero dal supremo garante della sottomissione nazionale ai potentati esterni. Volendo pure dare credito alla storia del “conflitto istituzionale”, questo sarebbe deflagrato nel momento in cui la maggioranza ha presentato il suo progetto di riformetta istituzionale, quel raffazzonato “premierato” che avrebbe dovuto “blindare” il potere della Meloni in un conato di autoritarismo. Il “potere della Meloni”, tuttavia, ha la stessa consistenza della nebbia, e così è sempre stato. Per gli amici americani, britannici, tedeschi, francesi e israeliani, uno vale l’altro: l’importante è seguire l’Agenda e non prendere iniziative. Il Global Citizen Award sarà per Giorgia Meloni un premio alla carriera.
GR