Umiliato pubblicamente da Macron per la sua protesta (a porte chiuse) contro il taglio di 850 milioni alla Difesa, il generale Pierre De Villiers, capo di Stato Maggiore, ha dato le dimissioni. Senza aspettare il colloquio con Macron, previsto il 21 luglio, dove sicuramente sarebbe stato dimissionato. “Ha lasciato passare il 14 luglio, e ha dato le dimissioni. Oggi la sua dignità è perfettamente preservata”, ha detto il contrammiraglio Claude Gaucherand.
Ecco come, nella sede dello Stato Maggiore generale, i rappresentanti delle tre armi hanno salutato il loro generale. Una “guardia d’onore” spontanea. Un saluto commovente e – preccupante per Macron Le Petit.
Un applauso corale, lunghissimo, insistito, di tutti i rappresentanti delle tre armi, e dei funzionari. Una sola parola: “Grazie”, Merci.
De Villier (un vandeano) è popolarissimo fra i suoi soldati, che l’hanno visto spesso sul terreno accanto a loro nelle operazioni africane. Ma da tempo voci di malcontento verso i politici si alzano dagli alti gradi dell’Armée. Il marzo dell’anno scorso, è stato messo in pensione il generale Christian Piquemal, capo della Legione Straniera, per aver partecipato ad una manifestazione non autorizzata contro gli immigrati, in cui aveva criticato il “porcaio di Calais”, ossia il modo in cui il governo aveva lasciato crescere l’accampamento di clandestini che a Calais si sono ammassati per mesi nel luridume e nella violenza, impunemente, compiendo atti illegali per saltare su un TIR e arrivare in Gran Bretagna. Tre generali avevano appena scritto ad Hollande una lettera in cui si chiedeva al presidente della République di assumere “la sua responsabilità” davanti a “questa zona di non-diritto che è diventata Calais”: non potete sottrarvi al vostro dovere”. Rimasta senza risposta, la lettera era divenuta una lettera aperta, pubblicata sul Figaro.
Ad aprile, ha perso il suo posto di comandante della Gendarmerie d’Outre Mer il generale Bertrand Soubelet. A Hollande non era piaciuto il suo libro , Tout ce qu’il ne faut pas dire, “Tutto quel che non bisogna dire”, estremamente critico sulla intera classe politica – segnatamente per il modo in cui gestiva la questione clandestini. Soubelet non è stato licenziato, è stato sollevato dalla funzione e messo a disposizione. La sua risposta avrebbe dovuto inquietare tutti i politici: “Ad esser messo da parte in queste condizioni, a far niente, ho l’impressione di costituire un pericolo per il mio paese – ciò che mi fa’ riflettere sul mio futuro immediato e ai modi con cui continuerò a servire la Francia”.
L’Armée non ha mai conosciuto tali umiliazioni”, ha scritto Armel Joubert des Ouches, autore di un sito specializzato in cose militari (dal cognome, un aristocratico ex ufficiale): “In una intervista, il generale Pinay Legry mi diceva: “La nostra armata è sull’orlo della rottura”. Certi nostri elicotteri hanno più di 40 anni. Un ufficiale della ALAT (Aviation Légère de l’Armée de Terre), mi diceva poco tempo fa: “Io non dispongo che di tre elicotteri da combattimento funzionanti, sui 45 della mia unità”.
La comparsa e discutibile vittoria di Emmanuel Macron all’Eliseo ha lasciato un sentore di illegittimità ai gallonati. Che aborrono alla volontà, che attribuiscono al giovinotto, di fondere l’Armée (che fu guidata da Napoleone), che i tedeschi hanno umiliato in due volte indimenticabili, con la Bundeswehr, nel nuovo e fantastico esercito europeo. Molti mugugni hanno accompagnato la distribuzione del nuovo fucile d’assalto, Made in Germany. “Non siamo più in democrazia, ma in un’oligarchia che gira a dittatura prima di virare, forse, al totalitarismo”, ha affermato a tutte lettere il generale Didier Tauzin, molto intervistato dalla sezione francese di Russia Today.
Armel Joubert des Ouches: già, una dittatura che impone al paese l’afflusso di migranti “a vagonate”: “Noi” abbiamo soldi per miliardi per questi stranieri, e non ne abbiamo per le nostre armate”.
A chi gli ricorda che l’Armèe si vanta di chiamarsi La Grande Muette (la grande muta), per il suo impegno di obbedir tacendo (a patto di dimenticare il tentato putsch di Algeri, 1961….) , Tauzin risponde: “Ci sono momenti in cui il dovere del silenzio deve lasciare il posto al dovere di espressione”. Secondo i giornali, Macron s’è giocato, sbattendo fuori De Villiers, il suo secondo mandato.