COSTANZA MIRIANO A “FAMIGLIA CRISTIANA”

di Costanza Miriano

 

L’ordine e l’intelligenza delle cose per fare la volontà di Dio

Trovo abbastanza insopportabile il tono che sui mezzi di comunicazione, soprattutto quelli cattolici, ha preso la discussione sul tema dell’immigrazione. Dico quelli cattolici perché a me di cosa pensano Soros e Repubblica e l’Espresso della “carità” importa pochissimo. Ma di come mettermi da cristiana di fronte al problema, invece, interessa molto. Ascolto quello che dice il Papa e me ne lascio interrogare, perché è il Papa e quello che dice mi interpella comunque. Proprio per questo cerco di leggere davvero le sue parole e di ignorare completamente il modo in cui vengono riportate disonestamente, o ancora peggio in cui vengono rilanciate dai suoi scudieri che vogliono essere più papisti del Papa e ogni tanto sbandano.

In sintesi, la questione è posta così, nella vulgata: se non sei a favore di un’apertura totale e incondizionata di tutti i porti e le frontiere non sei un cristiano, usi la croce in modo abusivo e sei fariseo.

Allora, sinceramente, le parole del Papa mi fanno bene, mi portano a chiedermi cosa sia possibile fare di più e meglio, e sono contenta se mi ricorda che siamo in continua conversione. Le parole di Famiglia Cristiana (con quella copertina stupida contro Salvini e tra l’altro graficamente tristissima), invece, no. D’altra parte, non ricordo una sola volta in tutta la mia vita in cui abbia letto in quel settimanale qualcosa che mi abbia fatto bene e sia stato utile, anzi per noi a casa Famiglia Cristiana è l’emblema di tutto ciò che è triste e deprimente, quel cristianesimo borghese che ti fa venir voglia di scappare e fidanzarti con un narcotrafficante colombiano perché una vita avventurosa e anche criminale è comunque meglio di una fede tiepida che sa di tuta in acetato la domenica e riffa parrocchiale.

Ma titoli a parte, entriamo nel merito: che fare rispetto alle masse che premono dall’Africa? Come si comporta un cristiano? Io non lo so, credo che la questione sia complicata, sinceramente. L’Italia, ha detto il Papa, ha già fatto moltissimo, e se la risposta “adesso basta” è troppo semplice, anche quella “chiunque arriva si accoglie” mi sembra piena di rischi, anche gravi.

Innanzitutto, i rifugiati, quelli che davvero scappano dalla guerra, quelli sì, vanno accolti sempre. Ma bisogna verificare che lo siano (ad alcuni prefetti in passato era stato chiesto di chiudere un occhio, per esempio). Mi capita di fare questa domanda ai ragazzi che stanno fuori dal supermercato tutto il giorno a chiedere l’euro del carrello – ma che vita è? – e loro rispondono spesso che nel loro paese non c’era nessuna guerra. Tra parentesi, anche lì, che fare? Visto che certamente si tratta di un racket, di posti assegnati da qualcun altro – provate voi a mettervi davanti a un supermercato che non è il “vostro” – bisogna darlo o no, l’euro? O forse è meglio aiutare le mense e gli alloggi della Caritas o delle parrocchie, ma dare a questi ragazzi l’indirizzo?

Quanto a quelli che non sono rifugiati, la questione è molto, molto più complessa. Bisogna capire cosa il paese di approdo possa offrire, e in questo senso il gesto di un ministro degli Interni che chiama alla responsabilità i suoi colleghi degli altri paesi dell’Unione Europea, affinché oltre a darci tanti pesi e balzelli si sobbarchino insieme a noi il peso dell’accoglienza mi sembra affatto un gesto satanico, ma anzi un atto di carità, se serve a dare più possibilità a chi approda (ci sono più paesi, più spazio, più posti di lavoro in dodici paesi occidentali che in uno solo, a occhio e croce). Può essere un gesto cristiano se serve a mettere regole certe stroncando il commercio di esseri umani e le torture a cui vengono sottoposti questi fratelli; se serve, infine, a non alimentare speranze illusorie. Se serve ad aiutare i missionari che stanno sul posto e ci implorano di non far partire i giovani uomini, perché non sanno cosa troveranno qui da noi, e non hanno nessuna speranza di elevarsi socialmente, ma anzi l’unico effetto di abbassare il costo dei lavori più umili.

Mi sembra insomma che fare il bene sia una cosa molto complicata, farlo in una questione planetaria sia davvero un’impresa, e tutte le semplificazioni sono dannose. Mi sembra intanto che si debba distinguere tra la dimensione privata e personale e quella pubblica e politica, in questo caso. Nel singolo caso, un cristiano si mette davanti alla situazione concreta che ha di fronte, e cerca di sopperire alle necessità. Non importa se quello che hai davanti ha la pelle scura o se invece è un padre italiano di tanti figli. Qualcuno bussa, e cerchi di aprire. Quando hai finito le risorse dici “mi dispiace, adesso non posso perché ho una famiglia e devo pensare a loro”. Nella carità ci vuole ordine, intelligenza, sapienza. Nella dimensione pubblica invece servono regole generali che siano anche capaci di programmare e di tenere conto di dimensioni grandi dei fenomeni, non del particolare che un singolo si trova ad affrontare.

Una volta mi ero affezionata a un ragazzo con una storia molto problematica: era il figlio di una prostituta e viveva con lei e un uomo diciamo molto, molto particolare, non posso dire di più. Volevo invitarlo a casa nostra qualche pomeriggio, per dargli un po’ di calore familiare e farlo giocare con i miei figli. Avevo intuito che gli sarebbe piaciuto da come accoglieva con stupore i miei sorrisi. Però era violento, forse aveva già fatto le prime esperienze di droga, di certo quelle col sesso. Bene, il mio padre spirituale me lo proibì senza alcuna esitazione, e con parole fermissime. Non sei in grado di aiutarlo, e rischieresti di fare un danno ai tuoi figli mettendotelo in casa (ero spesso sola coi bambini e questo ragazzino era più grosso di me).

Insomma, una mamma faccia la mamma, il ministro degli Interni faccia il ministro degli Interni. Aiutare l’Africa è una questione complessa, che ha a che fare con la cultura, la storia, il commercio di armi, lo sfruttamento delle risorse, e che non si risolve permettendo ai trafficanti di esseri umani di portare ragazzi pieni di forze a chiedere l’euro del carrello.

L’ordine e l’intelligenza delle cose è fondamentale anche per fare la volontà di Dio, che non è mai una cosa emotiva e superficiale. Io quando vedo un prelato che gira con l’autista (anche uno di questi che adesso fanno la morale sull’immigrazione) sinceramente non penso mai che sia uno scandalo: penso che se usa il suo tempo per fare cose importanti per il bene della Chiesa, è giusto che non lo perda a cercare parcheggio. È lo stesso principio per cui – avendo la grazia di poterlo fare, magari investendo tutti i risparmi su quello – mi sono fatta aiutare in casa quando avevo i bambini piccoli, perché altrimenti sarei stata tutto il tempo libero dal lavoro a stirare e pulire per terra, e io invece preferivo stare con i miei figli il più possibile (gli aiuti, comunque, non bastavano).

Altrimenti, ai prelati che ci fanno la morale direi che nella Cappella Sistina dormirebbero con delle brande centinaia di “migranti” (ma perché li chiamano migranti e non immigrati, per darci l’idea che sono solo di passaggio e farci meno paura?). E anche a piazza san Pietro si potrebbero mettere delle tende e concedere la cittadinanza vaticana a due/trecentomila persone, e tanto che ci siamo smettere di fare i controlli e chiedere i documenti per entrare dalla porta di sant’Anna, se i muri sono una cosa tanto brutta. E invece non lo dico, proprio per niente, perché certi muri servono, servono a custodire il bene comune in modo intelligente, e trovo giusto che la sede della Cattedra di Pietro sia preservata, ordinata e sicura, perché è un bene di tutti, e mi va bene anche pagare il biglietto a Castel Gandolfo perché chi custodisce la struttura ha diritto a uno stipendio. Se i seminari e gli istituti religiosi non vengono aperti senza criterio ai barboni lo trovo giusto, perché servono a formare sacerdoti, che a loro volta moltiplicheranno il bene.

Magari tante risorse inutilizzate della Chiesa potrebbero essere usate meglio, ma anche qui con intelligenza: gli affreschi antichi, segno di una fede tramandata per migliaia di anni vanno custoditi anche se costa, mentre invece il giornale dei paolini fatto dall’ex direttore di Novella 2000, visto che ha perso il 600% delle vendite si potrebbe anche chiudere, per dire. Chissà quanti posti letto entrano in redazione.