Critica ortodossa al dialogo Vaticano-Ebraismo

Il 10 dicembre 2015 il Vaticano ha pubblicato un nuovo documento sul dialogo ebraico-cristiano. Il nuovo documento, intitolato “Perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”, segna il 50° anniversario e la continua espansione della dichiarazione “Nostra Aetate” del Concilio Vaticano II. La “Nostra Aetate” ha presentato un cosiddetto “nuovo quadro teologico” per il rapporto tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico. La dichiarazione ha fatto varie dichiarazioni che hanno provocato un allontanamento dalle credenze supersessioniste (cioè di sostituzione) della Chiesa cattolica, e hanno spinto verso una nuova comprensione teologica che Dio non si pente dei doni che egli fa o della chiamata da lui compiuta nei confronti degli ebrei.

Questa nuova comprensione teologica del popolo ebraico, per quanto riguarda i doni dati da Dio o della chiamata mai abolita da Dio, ha portato il papa Giovanni Paolo II nel 1980 ad affermare, nella sua storica visita alla sinagoga di Magonza, in Germania, che il popolo ebraico è il “popolo di Dio dell’Antico Testamento, che non è mai stato revocato da Dio”.

Nel 1997 Papa Giovanni Paolo ha ribadito, riguardo allo stato dell’alleanza del popolo ebraico: “questo popolo (gli ebrei) continua a dispetto di tutto a essere il popolo dell’alleanza, e nonostante l’infedeltà umana il Signore è fedele alla sua alleanza”.

Alla luce di queste affermazioni, e della nuova prospettiva teologica della Chiesa cattolica sul costante rapporto di alleanza del popolo ebraico con Dio, non è quindi sorprendente che una recente dichiarazione del Vaticano del 10 dicembre 2015 abbia affermato che “che l’alleanza di Dio con Israele non è mai stata revocata”. Tuttavia, anche se il comunicato vaticano sulla continua alleanza di Dio con Israele non è sorprendente, è quanto meno problematico, o al peggio eretico.

Il nuovo documento del Vaticano, nell’affermare che la Chiesa non sostituisce Israele come popolo di Dio e che l’alleanza che Dio ha offerto a Israele è irrevocabile, crea tre problemi biblici e teologici da una prospettiva cristiana ortodossa:

I – il ripudio della Lettera di san Paolo agli Ebrei;

II – un’interpretazione erronea e rinnovazionista della teologia di san Paolo nella sua Lettera ai Romani;

III – la creazione e la promulgazione di “un altro vangelo” al posto del vangelo del nostro Signore.

 

I – Il ripudio della Lettera di san Paolo agli Ebrei

La santa Chiesa ortodossa ha mantenuto per tutta la sua storia il chiaro insegnamento apostolico chiaro che la Chiesa è il nuovo Israele, e che attraverso la fede e l’obbedienza a Gesù Cristo è divenuta parte della nuova ed eterna alleanza di Dio. Parlando di questa nuova alleanza, la Chiesa ha spesso citato e invocato l’insegnamento presentato nella Lettera di san Paolo agli Ebrei (8:19), che recita:

Parlando di una nuova alleanza, Dio ha dichiarato antiquata la prima; ora, ciò che diventa antiquato e invecchia, è prossimo a sparire (Eb 8:13).

San Paolo è in grado di fare questa dichiarazione a causa della sua fede esplicitamente che il sacrificio di Cristo di se stesso sulla Croce abbia assicurato una redenzione eterna che è di gran lunga superiore rispetto a quella offerta sotto l’antica alleanza (Eb 9:12-13), tanto che se la prima alleanza con il popolo ebraico fosse stata impeccabile, non ci sarebbe stata alcuna occasione per una seconda (Eb 8:7). In realtà, san Paolo cita il profeta Geremia, sostenendo che anche Geremia trovò colpe nell’antica alleanza, e profetizzò la venuta di una nuova alleanza. Il profeta Geremia, come citato da San Paolo, ha dichiarato:

Ecco vengono giorni, dice il Signore, quando io stipulerò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un’alleanza nuova; non come l’alleanza che feci con i loro padri, nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dalla terra d’Egitto; poiché essi non son rimasti fedeli alla mia alleanza, anch’io non ebbi più cura di loro, dice il Signore. E questa è l’alleanza che io stipulerò con la casa

d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore (Eb 8:8-10)

Come si può vedere, per san Paolo la nuova alleanza, di cui Geremia profetizzò, supera la prima (antica) alleanza.

San Paolo, citando ulteriormente Geremia, afferma per quanto riguarda la nuova alleanza che Dio metterà le sue leggi nelle loro menti e le scriverà sui loro cuori, e sarà il loro Dio, ed essi saranno il suo popolo. E nessuno avrà più da istruire il suo concittadino, né il proprio fratello, dicendo: Conosci il Signore! Tutti infatti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande di loro. (Eb 8:10-11). Per san Paolo ciò dimostra la superiorità della nuova alleanza, in quanto non solo supera l’antica alleanza, ma fornisce una conoscenza universale e personale di Dio. In tal modo, si può vedere subito che anche ai giorni di Geremia, parlando di una nuova alleanza si trattava quella antica come obsoleta, e pronta per essere scartata.

Con tale linguaggio esplicito nella Lettera agli Ebrei, come fa il nuovo documento del Vaticano ad affermare che “l’alleanza di Dio con Israele non è mai stata revocata”? Il documento fa questo dapprima ridefinendo a torto il messaggio centrale della Lettera agli Ebrei, e poi trascurando del tutto la Lettera agli Ebrei. Il documento del Vaticano II “Questa epistola (agli ebrei), tuttavia, non è rivolta agli ebrei, ma piuttosto ai cristiani di origine ebraica che erano diventati stanchi e incerti”. Ebbene, perché? Perché i cristiani di origine ebraica erano diventati stanchi e incerti? Poiché questi cristiani ebrei erano richiamati indietro al giudaismo, all’antica alleanza. Anche in questo caso San Paolo è molto chiaro su questo punto quando afferma:

Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli. Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell’alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia? (Eb 10:26-29)?

Se l’antica alleanza è ancora valida, e un veicolo sufficiente per la salvezza per gli ebrei, allora perché un così forte linguaggio di condanna per quei cristiani ebrei che abbandonano Gesù Cristo e tornano indietro a rimettersi sotto l’antica alleanza?

Il nuovo documento del Vaticano va ancora oltre nel distorcere la Lettera agli Ebrei, affermando che la promessa di una nuova alleanza enunciata da Geremia, e citata nel capitolo 8 della Lettera, non ha alcuna intenzione di provare false le promesse dell’antica alleanza falso, ma al contrario le tratta come valide. Questa è una dichiarazione molto ipocrita perché san Paolo, quando cita Geremia 31:31-34, non sta dicendo, e non dice mai, che l’antica alleanza era falsa, ma dice che è obsoleta, e ciò che è obsoleto è vecchio e viene abolito (Eb 8:13). E aggiunge che è la nuova alleanza, attraverso la fede e l’obbedienza a Gesù Cristo, che ha adempiuto l’antica alleanza, superandola, e offrendo a tutti redenzione eterna. Eb 9:11-14.

Il nuovo documento del Vaticano, sapendo di non poter mantenere il suo travisamento della Lettera agli Ebrei, l’ha semplicemente trascurata, affermando: “La Nostra Aetate non ha fatto riferimento alla Lettera agli Ebrei”. Tuttavia la Nostra Aetate, secondo il nuovo documento del Vaticano, ha fatto riferimento alle riflessioni di san Paolo nella sua Lettera ai Romani nei capitoli da 9 a 11 come autorità nello sviluppo della loro nuova comprensione teologica della continua validità dell’antica alleanza. Tuttavia, esaminando le “riflessioni” di san Paolo in Romani, la sua “teologia” esprime chiaramente che l’antica alleanza non esiste più, e solo la nuova alleanza sopravvive adempiendo l’antica, e l’appartenenza alla nuova alleanza dipende completamente dalla fede in Gesù Cristo.

II – Un’interpretazione erronea e rinnovazionista della teologia di san Paolo nella sua Lettera ai Romani

Il nuovo documento del Vaticano sul dialogo ebraico-cristiano fa le ardite dichiarazioni che “L’alleanza che Dio ha offerto a Israele è irrevocabile…” e che “La fedeltà elettiva permanente di Dio espressa nelle alleanze precedenti non è mai ripudiata”. Il nuovo documento cita Romani 9:4 e Romani 11:1-2, ma non riesce a spiegarli o ad articolare chiaramente la teologia di san Paolo. Se lo facesse, si capirebbe subito che Romani 9:4 afferma semplicemente che agli ebrei appartengono tutte le promesse e le alleanze e i patriarchi, cosa che è vera, ma poi nel versetto 5 san Paolo afferma “da essi proviene secondo la carne Cristo, che è Dio sopra ogni cosa, benedetto nei secoli” (Rm 9:5). San Paolo afferma la superiorità di Cristo, anche se loda i suoi fratelli ebrei. Nel versetto 6 san Paolo afferma molto chiaramente che i discendenti non sono i discendenti fisici di Abramo, ma che i figli della promessa sono considerati come discendenti di Abramo (Rm 9:8). Il resto del capitolo 9 di Romani rivela chi sono questi figli della promessa, sono i pagani che hanno accettato Cristo attraverso la fede in contrasto con gli ebrei che lo hanno rifiutato (Romani 9:25-33).

Romani 11 continua in realtà questo tema affermando che Dio non ha respinto il popolo ebraico, ma più avanti nel capitolo san Paolo rende chiaro che la ragione per cui Dio non ha respinto i suoi compagni ebrei è perché il dono dell’inclusione nella nuova alleanza si basa sulla fede in Cristo. San Paolo afferma: “Così anche al presente c’è un resto, conforme a un’elezione per grazia. E se lo è per grazia, non lo è per le opere; altrimenti la grazia non sarebbe più grazia. Che dire dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava; lo hanno ottenuto invece gli eletti; gli altri [del popolo ebraico] sono stati induriti” (Rm 11:5-7). Per san Paolo il resto degli eletti è composto da quelli che hanno accettato il Vangelo, e hanno fede in Gesù Cristo. Gli altri, che hanno indurito il loro cuore, sono la maggioranza del popolo ebraico che ha rifiutato Gesù Cristo (Rm 11:8-10). Ma Dio ha rigettato il popolo ebraico? San Paolo dice di no. Tuttavia, per san Paolo questo non è perché la loro alleanza è valida, ma “a causa della loro caduta la salvezza è giunta ai pagani, per suscitare la loro gelosia. Se pertanto la loro caduta è stata ricchezza del mondo e il loro fallimento ricchezza dei pagani, che cosa non sarà la loro partecipazione totale!” (Romani 11: 11-12).

Il rifiuto di Cristo e del suo Vangelo da parte della maggioranza del popolo ebraico è parte del piano di Dio; Dio ha indurito il loro cuore al fine amorevole di dare ai gentili l’opportunità di ascoltare e ricevere il Vangelo. Ciò avrà l’effetto di rendere gli ebrei gelosi e quindi di attirare gli ebrei alla conoscenza salvifica di Gesù Cristo. Se l’antica alleanza è ancora attiva, e Dio non l’ha revocata, perché san Paolo si angoscia per l’inclusione dei suoi compagni ebrei nella nuova alleanza, con l’accettazione di Cristo e del suo Vangelo? Perché per san Paolo l’antica alleanza non esiste più, ma è stata compiuta da Gesù Cristo. San Paolo è chiaro quando dice: “Ora invece, indipendentemente dalla legge, si è manifestata la giustizia di Dio, testimoniata dalla legge e dai profeti; giustizia di Dio per mezzo della fede in Gesù Cristo, per tutti quelli che credono”. (Rm 3:21-22). San Paolo allora sottolinea il suo punto, affermando: “Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge” (Rm 3:28). L’obiettivo di Paolo è la fede in Gesù Cristo, perché è questa che conta, non le opere della legge, perché per San Paolo le opere della legge conducono alla morte (Rm 7:5).

San Paolo afferma che la legge di Mosè conduce alla morte, mentre la fede in Cristo, che è aperta a tutti, ebreo e gentile, conduce alla vita. Infatti san Paolo afferma: “Ora però siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello spirito e non nel regime vecchio della lettera” (Romani 7: 6). Quindi, come si può vedere, san Paolo non crede che l’antica alleanza sia valida, ma che si sia compiuta in Gesù Cristo, che ci sta dando una nuova ed eterna alleanza con la sua morte, sepoltura e risurrezione dai morti.

III – la creazione e la promulgazione di “un altro vangelo” al posto del vangelo del nostro Signore

Il nuovo documento del Vaticano dice molto chiaramente che presenta un “nuovo rapporto teologica per il giudaismo”. In molti modi questo non è un nuovo rapporto teologico con il giudaismo, ma una nuova visione di un vecchio problema affrontato da san Paolo stesso nella sua Lettera ai Galati. Il problema nella Chiesa dei galati era che oltre ad avere fede in Gesù Cristo un cristiano era obbligato a osservare la legge mosaica. I cristiani galati insistevano che l’antica alleanza era ancora valida, o che era una parte dei requisiti della nuova alleanza, e che ci si doveva conformare ad essa, prima di poter diventare cristiani. San Paolo insiste fortemente sul contrario, e afferma che solo la fede in Gesù Cristo è sufficiente a mettersi a posto con Dio. In effetti, il rifiuto completo che san Paolo fa dei requisiti dell’antica alleanza è così forte che egli afferma che i Galati predicano un vangelo al posto di quello vero Vangelo, e così facendo sono maledetti (Gal 1:6-9).

Il nuovo documento del Vaticano equivale a presentare un altro vangelo che nega la totalità del dovere del popolo ebraico di avere fede in Cristo, perché la loro alleanza è ancora valida per la loro salvezza, e ogni sforzo missionario tra gli ebrei è quanto meno non necessario, e al massimo antisemita. Il nuovo documento del Vaticano restringe la grande commissione di Matteo 28:19-20 dicendo che dobbiamo predicare il Vangelo a tutte le nazioni, tranne alla nazione ebraica. San Paolo afferma che se qualcuno, anche un angelo dal cielo, dovesse predicare un vangelo diverso dal vero Vangelo del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, che sia maledetto. In altre parole, che finisca sotto anatema!

Per quanto io voglia veder migliorare i rapporti tra ebrei e cristiani, con lo sviluppo di forti legami di reciproco rispetto e di amicizia, tale rapporto non può essere costruito sulla menzogna e sulla negazione del Vangelo. Spero e prego che il Vaticano, e il papa stesso, rinuncino a questo nuovo documento come a qualcosa di eretico, ma la realtà della situazione attuale parla diversamente. I cristiani ortodossi non possono accettare questo nuovo documento del Vaticano, non perché viene da Roma, ma perché rinuncia alla Croce e allo stesso scopo e alla missione del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.

 

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