Democrazia e Autocrazia secondo Mario Monti

Chi non conosce Mario Monti, l’uomo portavoce dei poteri forti globalisti che all’epoca della crisi dell’euro contribuì, con le sue politiche deflattive e pro-cicliche, ad aggravare la situazione italiana fino a portare il Paese sull’orlo del default? Su Repubblica del 13 aprile il nostro ha rilasciato una intervista per ribadire l’intera schiera dei suoi luoghi comuni globalisti e pro-euristi. Rileggendoli nel contesto attuale della crisi russo-ucraina e del cambiamento della politica americana. Orbene Monti ha definito la Ue – che egli chiama Europa, come purtroppo è ormai invalso nell’uso comune, ma la Ue non è l’Europa – l’ultimo baluardo della democrazia liberale ed ha invitato Bruxelles ad approfittare dell’occasione storica, offerta dalla deriva “autoritaria” degli Stati Uniti, per diventare il faro della “libertà” contro il pericolo dei sovranismi, dei populismi e soprattutto del ritorno dell’autocrazia.

Il giochetto linguistico di Monti, usato dai globalisti in genere, che consiste nel collocare la libertà nel campo occidentale e, nel novero del mutato scenario internazionale, in quello dell’Unione (Tecnocratica) Europea, purtroppo funziona molto bene a livello mediatico e di conseguenza ha un impatto non da poco sull’opinione pubblica, benché poi quando si parla di guerra contro le autocrazie allora la stessa opinione pubblica mostra ben altro orientamento.

Del resto, chi mai può essere contro la libertà? Solo un folle. E tuttavia “libertà” è termine che copre una variegata diversità di sensi semantici. Quantomeno la libertà può essere intesa sia come “libertà da” sia come “libertà di”. Nel primo caso siamo di fronte alla concezione individualistica e solipsistica della libertà che è esattamente quella che piace ai liberali e liberisti come Monti. Nel secondo caso siamo di fronte alla concezione partecipativa della libertà che, possiamo tranquillamente affermare, è al tempo stesso antica, tradizionale e anche moderna perché propria delle correnti moderne del pensiero comunitario.

Infatti la libertà cambia di tono a seconda che additandola ci si riferisca ad un modello di vita inteso a non disturbare l’individuo, che non è la persona ma una astrazione contrattualista, per lasciarlo solo sulla via della desertificazione spirituale, nichilista, psicologicamente depressiva e cardio-sclerotica, oppure ad un modello di vita nel quale la persona, nella sua concreta realtà ontologica, vive sé stessa come libertà di appartenere, libertà di partecipare alla propria comunità natia o acquisita, libertà di identificarsi con una storia, una cultura, una fede, un popolo.

Monti è un economista di scuola classica e ordoliberista. Pur essendo un bocconiano sembra che non goda di molta considerazione accademica e scientifica tra gli economisti – gli si rimprovera di non aver mai scritto nulla di fondamentale sotto il profilo scientifico – ma è certamente un uomo interno all’establishment di potere che conta. Quando egli parla di democrazia liberale non lo fa senza sottendere qualcosa di altro.

Già il concetto di democrazia e quello di liberalismo storicamente non sono la stessa cosa e sovente hanno rappresentato poli alternativi. In realtà ciò che Monti chiama democrazia liberale è soltanto la maschera formale del dominio della tecnocrazia finanziaria apolide che oggi controlla l’economia occidentale attraverso i cosiddetti Big Three ossia i fondi di investimento globali Black Rock, Vanguard e State Street. Tutte le multinazionali più grandi, ed a cascata le loro derivazioni azionarie, sono controllate, nel capitale investito, da questi tre fondi mondiali. Ne ha trattato, nelle sue opere e nei suoi interventi video sul web, Alessandro Volpi docente di economia all’università di Pisa.

Sicché, alla luce di questo monopolio finanziario mondiale che utilizza il paravento formale della democrazia liberale, la dicotomia montiana “democrazia vs autocrazia” – nella quale il primo polo coincide con l’Occidente e ora, dopo la defaillance americana, con la Ue mentre il secondo polo con il resto del mondo ad iniziare dalla Russia – va rovesciata di trecentosessanta gradi in quanto l’autocrazia, nella sua versione finanziaria, si nasconde invece dietro la democrazia formale liberale. Non a caso, come rileva Volpi, il monopolio dei Big Three ha di fatto esautorato anche il mercato e la concorrenza che, nella dinamica della democrazia liberale, sono capisaldi irrinunciabili. La democrazia liberale di Monti risulta molto meno democratica delle “autocrazie”, le quali sovente sono una forma di democrazia plebiscitaria, se è vero che democrazia significa innanzitutto sovranità popolare.

La sovranità del popolo è senza dubbio sempre fallibile, come tutti i poteri umani compreso il potere finanziario, ma sicuramente è più democratica dell’elitarismo oligarchico tecno-finanziario al quale questo ambiguo personaggio, ossia Monti, è funzionale. Prima ci sbarazziamo – democraticamente sia chiaro! – di lui, di Draghi, di Ursula e di tutta la compagnia e prima possiamo sperare in una diversa Europa dei popoli. In una Europa vera perché salda nelle sue radici spirituali, storiche e culturali, nonché radicata nella sua plurima identità al tempo stesso policentrica e unitaria, la cui estensione va da Lisbona a Mosca, fino a protendersi verso l’Asia e dalla parte opposta fino all’America latina. L’Europa ha una sola barriera da innalzare ed è quella verso l’anglosfera. Ma non sarà la Ue, un fantoccio bancario e occultisticamente “illuminato”, a ridarci la nostra Europa.

Luigi Copertino