Di Giuseppe Reguzzoni
«La democrazia polacca è in pericolo», lo sentenzia il 16 dicembre,con un commento di ReinhardVeser, pubblicato in prima pagina, che fa eco all’intervento isterico delcapò Martin Schulz, la FrankfurterAllgemeine Zeitung, la Bibbia del pensiero liberalconservatore in Germania. La ragione è, probabilmente, il voto contrario di Polonia e Ungheria alla delibera di indirizzo (direttiva) della Commissione Europea sui matrimoni gay, oltre che la resistenza alla politica di indiscriminata aperture delle frontiere (altrui) da parte di Frau Merkel.
La Polonia in questi giorni è nel mirino della stampa tedesca, tutta, si badi, con pochissime eccezioni, violentemente antirussa e antiPutin. Eppure la Polonia, con i paesi baltici, rappresenta, dentro la NATO, la linea più antirussa e più filoamericana, la stessa su cui si colloca proprio la FAZ. Non basta; evidentemente, non basta. La stampa tedesca non si accontenta che il governo polacco sia antirusso; esige, pretende, che sia procommissione europea.
Lassù, ai vertici squadra e compasso dell’Unione Europea non hanno affatto digerito l’esito delle ultime elezioni polacche e non riescono a rendersi conto di come il popolo polacco si ostini a resistere, pur avendo espresso, così la pensano loro, in Donald Tusk la carica più alta della nuova Europa. Il torto di Beate Szydlo e del suo partito “Diritto e Giustizia” è che fa sul serio quando rivendica le radici cristiane del popolo polacco e la loro difesa in un rinnovato concetto di sovranità. La FAZ non è nuova a questo tipo di censure.
Non fa eccezione, del resto, rispetto a tutto il giornalismo tedesco. DerSpiegel, non dimentichiamolo, dedicò proprio un anno fa la propria copertina a un Vladimir Putin rappresentato coi baffetti alla Adolf Hitler. La Bild, il quotidiano più popolare in Germania, un milione e mezzo di copie, da almeno tre anni martella ossessivamente sul pericolo russo e, in occasione del referendum per l’autodeterminazione dell’Ucraina, arrivò a invocare l’intervento diretto della NATO. Su quella che è, ormai, la «questione polacca» (espressione alquanto sinistra se pronunciata in Germania) la Bild neanche riesce a capacitarsi di che cosa sta succedendo, non riuscendo a muoversi se non per mezzo di categorie obsolete, come “comunista” o “fascista”, sparate in brevi commenti in mezzo a foto di tette e chiappe a tutta pagina.
La Die Welt, serioso quotidiano liberale di Amburgo è, a sua volta, totalmente schierato a difesa del modello occidentale, del resto non va dimenticato che nacque come invenzione delle forze di occupazione britanniche. In questo, almeno la Die Welt è coerente: è, a suo modo, l’erede di una tradizione che ben esprime la condizione di un paese, di fatto, ancora sotto il controllo militare alleato. Ovviamente, tutti e tre i quotidiani citati sono entusiasticamente pro papa Bergoglio. Trattandosi di mainstreaminge di conformismo questo dovebbe risultare ovvio. Oggi, 16 dicembre,la Rheinischer Post ha addirittura pubblicato un lungo ed entusiastico editoriale intitolato: Il Papa è evangelico (luterano). E pensare che durante il pontificato del tedesco Benedetto XVI sulla FAZ c’era una volta alla settimana, puntuale come un’udienza pontificia, un editoriale di tal Daniel Deckers, cattolico progressista amico e confidente del card. Kasper, in cui si attaccava il conservatorismo della Chiesa romana e si invocava una riforma del Papato … I Tedeschi, oggi sono così, o, quanto meno, lo sono i loro giornali. Già un grande pensatore come Carl Schmitt, pure a sua volta legato per un certo periodo al partito Nazionalsocialista, non poteva fare a meno di rilevare questa natura profondamente ubbidiente e conformista dei suoi conterranei, così conformisti da conformarsi anche quando giocano a farei progressisti. Se in Europa c’è un paese in cui la democrazia è in pericolo questo è proprio la Germania, dove è difficile scorgere i segni di una vera opposizione culturale e politica allo status quo.
Non mancano, certo, organi di informazione apparentemente all’opposizione, ma il loro modo di porsi è, quanto meno, desolante. DasneueDeutschland, quodiano socialista, come recita nella testata, è l’organo dei Linke, la sinistra (post)comunista tedesca, nostalgica della DDR, ostile alla NATO, ma non troppo, immigrazionista, in nome dell’internazionalismo, ma dalla voce flebile quando si tratta di rivendicare una politica estera autonoma. Da qualche anno, ormai, a Berlino viene pubblicato anche un settimanale “di destra”, la JungeFreiheit, con cui ho avuto una breve collaborazione (due articoli sulla politica italiana usciti nel 2011). Il direttore, Dieter Stein, epurati gli elementi “nazionalisti” ne ha fatto un organo neocon radicale, in cui i fatti del Medio Oriente vengono commentati da un signore che si chiama Martin Van Creveld. Chi non si ricordasse di lui, può consultare la corrispondente voce su Wikipedia: docente e consulente di strategie militari per il governo israeliano, Van Creveldè l’inventore della teoria del crazy dog, emblema di un piccolo paese, circondato da stati ostili, ma dotato di armi nucleari, che per difendersi potrebbe mordere a destra e a manca, e che con le sue bombe atomiche è in grado di raggiungere anche Roma … even Rome, per la precisione. Indovinate qual è questo piccolo paese…
Se le cose stanno così, dal punto di vista dell’informazione la Germania è persino messa peggio dell’Italia, non fosse, per noi come per loro, che, grazie al Cielo, esiste la Rete, dove qualche nicchia di verità può ancora emergere.
Sulla Chiesa tedesca, che per sua vocazione dovrebbe essere uno spazio di educazione alla verità, per ora stendiamo un velo pietoso, rinviando, per i dettagli, a un prossimo servizio, ma senza dimenticare di sottolineare che il problema più grosso dei vari Cardinali Marx e Zollitsch sembra essere quello di arginare il fenomeno, ormai massiccio, dei Kirchenaustritte, l’uscita ufficiale dalla Chiesa. Ufficiale nel senso che si tratta di un atto, compiuto davanti a un pubblico ufficiale, in cui il cittadino dichiara di non appartenere più alla Chiesa Cattolica (od Evangelica), liberandosi, per ciò stesso, dall’obbligo di versare le tasse ecclesiastiche, ma privando, in tal modo, la ricca Conferenza Episcopale Tedesca dei suoi lucrosi cespiti. Capito perché la Chiesa tedesca è così liberal? E perché non riesce più a educare alla ricerca della verità? Già, perché anche a livello politico e informativo vale il principio evangelico (giovanneo) che solo la Verità ci farà liberi.