E’ difficile persino identificare la Corte Europea dei Diritti Umani fra le mostruose fungaie delle ‘istituzioni’ eurocratiche. Spesso la si confonde con la Corte di Giustizia: ma questa è il tribunaloide della Unione Europea a 28, mentre la CEDU è l’organo morale del Consiglio d’Europa, che ha 47 paesi membri: il che significa per esempio che un giudice azero, turco o georgiano può dire la sua su come – poniamo – la Francia applica i diritti umani. La CEDU, con sede a Strasburgo, ha il compito di controllare l’applicazione di una Convenzione “di salvaguardia dei diritti dell’uomo e della libertà fondamentali”, emanata nel 1950 a Roma, ratificata dall’Italia nel ’55 (la Francia di De Gaulle non l’accettò, l’ha ratificata solo nel ’74).
La CEDU, senza apparire, esercita un’influenza super-sovrana sui sistemi giuridici nazionali; un’influenza adesso denunciata da un gruppo di alti funzionari di Parigi, il Gruppo Plessis, preoccupati. Per esempio, in Francia vige il divieto di accesso dei sindacati nelle forze armate, proibizione più che ragionevole che sarebbe auspicabile estendere a tutto il personale pubblico, che non ha “controparte padronale” se non i concittadini-contribuenti. Bisogna dire “vigeva”, perché la Corte dei Diritti Umani ha obbligato la Francia a consentire al sindacalizzazione della Armée. Allo stesso modo, l’articolo 8 della suddetta Convenzione (‘Rispetto della vita privata e familiare’) viene usato dalla Corte – “come arma di massa ed efficacissima”, dicono i funzionari – per bloccare l’espulsione di stranieri clandestini, che hanno dato false generalità o sono sospetti delinquenti, e facilitarne anzi i ricongiungimenti familiari. La Corte vieta regolarmente l’estradizione nei paesi d’origine di terroristi e criminali patentati, accertati e condannati, con la motivazione che là potrebbero subire “trattamenti inumani o degradanti”.
Possiamo stupirci se apprendiamo che la Corte si ingerisce nel diritto familiare delle nazioni, modificandolo secondo i “principi etici” della Cirinnà, Vendola e Boldrini? Essa si impone sui legislatori, imponendo di riconoscere la filiazione di bambini nati all’estero da madri in affitto, agli Stati che invece stanno cercando di vietarli , sapendo a quali traffici immondi dànno luogo le compravendite di uteri nel Terzo Mondo, affini al traffico d’organi.
I giudici azeri o turchi o albanesi vivono lì come topi nel formaggio, appagati di giudicare altri sistemi giuridici per “diritti umani” che nelle loro patrie vengono violati impunemente specie se sono utili a Washington o alla Merkel); ma la vera anima nera si annida nella “Minuteria”, ossia nell’organo burocratico della CEDU che prepara e stila formalmente le decisioni e quindi invisibilmente imbecca i giudici (azeri e turchi compresi). “Popolato di militanti ideologici – dice il Gruppo Plessis – si vede la loro impronta in una giurisprudenza che privilegia sistematicamente la visione che credono ‘progressista’ della società: rifiuto delle frontiere, sfiducia nello Stato, culto della non-discriminazione, primato dell’interesse del delinquente rispetto alla vittima, della rivendicazione individuale sull’interesse collettivo, della procedure sulla decisione e l’azione; libertarismo etico, eccetera”. Insomma il ritratto della mentalità alla Boldrini e mondo radicalchic.
La vocazione iniziale della Convenzione dei Diritti Umani e Libertà Fondamentali – e dunque della suddetta Corte – nata nel 1950 era di fare applicare quei diritti agli altri paesi che, fra i 47 del Consiglio d’Europa dove le violazioni dei diritti fondamentali (dalle elezioni truccate all’assassinio politico) erano gravi e reali; per contro, la Corte oggi si accanisce ad accusare di violazioni dei diritti umani i paesi occidentali, riuscendo a modificarne il sistema giuridico su punti fondamentali (il diritto familiare) – anche perché questi stanno al gioco, accettando con zelo pedissequo le intrusioni della CEDU.
“La sua influenza non fa che aumentare – scrivono i dirigenti pubblici – con l’applicazione sempre più ‘libera’ – lorsignori la chiamano interpretazione evolutiva – di un testo fondativo (la Convenzione del 1950) concepito all’origine come una difesa contro le derive totalitarie; dalla Corte oggi piovono decisioni che hanno un collegamento molto tenue con quel testo, e quasi nessuna relazione con un qualunque diritto dell’uomo”. Succede sempre più spesso che i giudici francesi, in nome di questo ‘super-diritto etico’, si rendano autonomi dal diritto nazionale emanato dai legislatori, accrescendo il loro margine di potere. Per esempio nel marzo scorso il consiglio di Stato ha scartato come niente fosse una legge esistente contraria, autorizzando l’esportazione di sperma congelato del marito defunto di una richiedente straniera, in nome di qualcosa che è stato definito “rispetto della vita privata e familiare”, con generico riferimento ai Diritti umani.
Può sembrare cosa da poco a noi italiani, abituati a ben altre autonomie dei giudici, che le leggi le applicano ai nemici, le interpretano per gli amici, e le disapplicano o combattono attivamente con sentenze, quando non piacciono alla loro casta; in Francia il senso dello Stato della dirigenza pubblica ancora reagisce. Il gruppo Plessis si allarma di questa Corte che è divenuta un soggetto a metà fra legislatore e corte suprema, senza controllo né contrappeso, che insensibilmente finisce per assumere i compiti del potere legislativo nazionale: “in democrazia spetta al legislatore eletto, e non al giudice, tanto meno a un giudice straniero, definire l’interesse collettivo- l’intrusione di questa Corte nel cuore delle legittimità politica, pone un problema alla democrazia”. Questo può esser detto con sempre più ragione di tutte le istituzioni eurocratiche: una Commissione che è meno e più di un potere esecutivo, un parlamento inconsistente, una banca centrale che è quasi un governo sui governi, una moneta unica che non è veramente una moneta comune, un regime monetario governato da Francoforte ma anche dal governo egemone di Berlino, un federalismo attuato di nascosto e imperfettamente, referendum contrari passati in cavalleria – una creatura deforme che testimonia anche un grave arretramento della civiltà giuridica e politica che fu vanto dell’Europa, quella della separazione e distinzione dei poteri, e infine alla attuale perdita di libertàò. Non è un caso che la Corte d i cui sopra, dedita a difendere diritti umani di terroristi e clandestini impedendo l’autodifesa degli Stati contro queste due piaghe, non abbia mai trovato niente da eccepire sulle “renditions” (i trasferimenti da parte della Cia di prigionieri catturati in Afghanistan o Irak per essere torturati, poniamo, in Romania), sulle violazioni dei golpisti in Ucraina, né sul fatto che in Austria – fenomeno inimmaginabile – delle elezioni siano state vanificate da brogli da repubblica bananiera. Siamo (sono) sempre più protetti i nostri (loro) diritti umani, mentre vengono sempre più impunemente calpestati i nostri diritti politici.
Oggi, il gruppo francese propone di rigettare la Corte dei Diritti; lo rende possibile la Convenzione stessa dei diritti umani, che all’articolo 58 consente a un paese di denunciare la convenzione sui diritti umani “con un preavviso di sei mesi dietro notifica indirizzata al segretario generale del Consiglio d’Europa”. Somiglia un po’ all’articolo 50 del trattato di Lisbona, in base al quale si può uscire dalla Ue – in teoria, dati i rabbiosi propositi di vendetta, e di rovinare gli inglesi, da parte della UE, per aver esercitato il loro diritto. Ma effettivamente, il Brexit ha dato l’idea di liberarsi di queste organizzazioni sovrannazionali incontrollabili a molti altri. Orban chiederà agli ungheresi se vogliono accogliere i migranti come e quanto vuole la Merkel (pardon , la UE), con referendum ad ottobre; il gruppo di Visegrad (Ungheria, Polonia, Slovacchia e repubblica ceca) hanno emanato una dichiarazione congiunta: “Le genuine preoccupazioni dei nostri cittadini devono essere tenute in maggior conto; i parlamenti nazionali devono essere ascoltati”. In Francia alti funziona ripropongono l’exit dalla dittatura dei diritti umani e del suo organo sovrannazionale. Persino Matteo Renzi ha trovato il coraggio di opporsi alla Merkel, ricordandole che se i crediti andati a male delle nostre banche sono pari a uno il problema dei derivati di Deutsche bank vale cento. Certo, lo anima solo la disperazione per il collasso imminente del sistema bancario nostrano, che è il collasso del consociativismo, delle furberiee inefficienza mai sanate. La differenza – del tutto italiota – è che Renzi chiede un’eccezione alle regole, invece di mettere in discussione i principi antidemocratici, ed anti-civiltà, da cui quelle regole vengono.