Un mio vecchio articolo, 26 settembre 2016:
Qualche giorno fa sul Corriere, Sergio Rizzo ha dedicato un articoletto sulla parentopoli universitaria. I rettori e presidi che danno le cattedre ai propri figli,nuore, parenti – o parenti di altri rettori. “In una università meridionale, in una facoltà giuridica è stata istituita una cattedra di storia greca – che non c’entra niente col diritto – e in una facoltà letteraria è stata aperta una cattedra di diritto pubblico (che non c’entra niente con la letteratura)”: al solo scopo di dare le due cattedre (e stipendi relativi: da 100 mila in sù) “ ai figli di due professori di altre università”. Perché così gli esimi presidi e rettori aggirano la legge, varata dalla ministra Gelmini 5 anni orsono, che vietava a parenti di insegnare nella stessa facoltà.
La causa di quella legge, qualcuno ricorderà, fu il caso del rettore della Sapienza, nonché preside della facoltà di Medicina –il celebre Luigi Frati – che nella sua facoltà ha dato tre cattedre a suo figlio cardiologo, sua figlia, e sua moglie. La moglie s’intende è laureata in lettere, e niente sa di salute e malattia. Ma ecco pronta la soluzione: per lei è aperta la cattedra di Storia della Medicina, così anche una letterata ha il suo stipendio. E la figlia di Frati, laureata in Giurisprudenza? Niente paura: diventa docente di Medicina Legale. Naturalmente le due impapocchiatrici di “specialità” in cui sono state improvvisate hanno rubato il posto ad assistenti meritevoli, che una cattedra in Italia non l’avranno mai.
Frati, Er Magnifico Rettò
A Tor Vergata, il preside di Medicina, Renato Lauro ha regalato la cattedra di Endocrinologia (che prima teneva lui) al figlio David Lauro, facendolo professore ordinario; e poi ha fatto professore associato di malattie dell’apparato respiratorio Paola Rogliati, sua nuora, nonché moglie del suddetto figlio. All’Università di Bari c’era “il corridoio Tatarano, dove c’erano le stanze del professore di Diritto privato Giovanni Tatarano e dei suoi figli Marco e Maria Chiara. C’era la dinastia dei Massari: nove, per l’esattezza. E dei Girone: cinque, considerando anche il genero. Nel saggio L’università truccata Roberto Perotti aveva contato 42 parenti su 176 docenti di Economia , sempre a Bari”.
Sergio Rizzo rievoca la vecchia denuncia (vecchia: del ’96) del prefetto Achille Serra, brevemente nominato da Berlusconi capo di una “autorità anticorruzione” , che in un dossier sulla Scuola Universitaria di Alta formazione Europea “Jean Monnet” di Caserta (sic) documentava “i rapporti di parentela, affinità o coniugio che legano nel 50% dei casi il corpo docente (82 persone) con personalità del mondo politico, forense o accademico».
Bene. Ma la gentile discrezione di giornalista mainstream gli impedisce di ricordare che il figlio di Napolitano, Giulio, ha avuto il beneficio della cattedra di diritto amministrativo (così sta vicino a casa, da papà) – una docenza “guadagnata” con un concorso che fu ritenuto truccato da un altro concorrente – pieno, lui, di pubblicazioni scientifiche apparse sulle riviste scientifiche – a cui diede ragione il Consiglio di Stato, che sulla ‘pubblicazione’ che il Figlio esibì per vincere o’ concuorzo, ebbe a scrivere: “La monografia del dott. Napolitano “Servizi pubblici e rapporti di utenza” risulta prodotta in esemplare stampato in proprio dall’autore, onde la stessa difetta del requisito minimo per essere definita pubblicazione valutabile agli effetti del concorso de quo”. Nessuna rivista scientifica aveva pubblicato il Figlio, che s’era pubblicato l’articolo da solo …Ed aveva vinto o concuorzo lui, non lo scienziato del diritto. Si fa’ così a prendere cattedre in Italia.
Napolitano col figlio Giulio, docente
Magari un giornalista meno discreto poteva anche ricordare l’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: non solo per decenni ‘docente’ a Palermo di una materia inventata apposta per lui – diritto elettorale! – onde dargli la sinecura dello stipendio unito all’assenteismo cattedratico più totale (e infatti appena poté si mise in aspettativa per fare il parlamentare a tempo pieno, nella Cosca De Mita, ed incarichi ministeriali), ma ha anche un figlio, Bernardo Giorgio, insediato professore ordinario di diritto amministrativo all’Università di Siena (sì, anche Siena ha la sua università…) , nonché dicente alla LUISS (così resta vicino a papà) e messo dalla ministra Marianna Madia a capo dell’Ufficio legislativo del suo ministero, Funzione Pubblica, presso la presidenza del Consiglio dei Ministri. Con un bel cumulo di emolumenti.
Il nuovo capo dell’anticorruzione Cantore, commenta: è questo che spiega la fuga dei cervelli. Ovvia intuizione, complimenti. C’è di peggio: con questa occupazione tramite parentado, i politici e i presidi e rettori loro complici (e probabilmente che devono le loro carriere all’ammanicamento col politicume), tutto il livello della scienza, della cultura, del sapere in Italia è degradato al livello intellettuale e morale di questi raccomandati: bassissimo.
Sergio Mattarella con i figli Laura, Francesco e Bernardo .
Forse non è un caso che anche Giovanni Malagò, notorio presidente del CONI, sia stato accusato di aver rubacchiato la laurea in Economia. Accusa da cui il tizio si difende così: «È tutto prescritto, non ho mai corrotto nessuno, i pm infatti non hanno dimostrato niente. E comunque poi quegli esami li ho sostenuti di nuovo». La nuova, l’ha presa non a Roma ma a Siena: vedi sopra.
http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=54a25e3f85e3d
Disertati dagli studenti
Le poche università italiane che appaiono fra le prime 400 in Europa sono, Milano, Milano Bicocca e Trieste, si situano tra il 251 mo e il 257 posto della speciale classifica stilata da Times (THE, Times of Higher Education); Torino e Bologna affondano attorno al trecentesimo posto. Nessuna università italiana è fra le prime 200. Lo scadimento che questi parassiti occupando gli atenei hanno portato agli studi è talmente evidente, che stanno perdendo a precipizio iscrizioni: da un anno all’altro meno 70 mila giovani si iscrivono a corsi universitari – del resto, specie nel Sud, si iscrivevano per il pezzo di carta necessario a ‘o’ concuorzo’, ma ora anche i concorsi pubblici, affollatissimi, sono diventati statisticamente impraticabili per accaparrarsi ‘il posto’ – e quindi perché farsi degli anni sotto la nuora di Frati, o il figlio di Mattarella o di Napolitano? Da cui si impara cosa? Qualche imparaticcio che loro stessi hanno studiacchiato, probabilmente scopiazzando lezioni altrui.
Ovviamente questi docenti , presidi e rettori sono una causa determinante per l’arretramento dell’Italia, della preparazione degli italiani a posti dirigenziali. Ma il danno alla cultura generale, allo stesso livello mentale del paese, è più che economico. E’ un incalcolabile deterioramento del clima intellettuale nazionale.
Se si guarda alla Francia, alla Gran Bretagna, agli Stati Uniti – e persino alla Spagna – si vede che i docenti universitari sono “gli intellettuali” che partecipano ai dibattiti pubblici su questioni cruciali, che vengono intervistati sia come esporti, sia in qualche modo come maitres à penser. In Italia, a parte i porti pagatissimi columnist mainstream (per esempio Galli Della Loggia), avete mai sentito un parere pubblico di questi cattedratici del Sud? Fanno tutti il pesce in barile. Il che significherà qualcosa. Non pubblicano mai nulla sulle riviste scientifiche internazionali: meditate gente.
Il che ha influenza, a cascata, sulle altre professioni intellettuale: anche i giornalisti hanno la laurea, guadagnata da questi impapocchiatori di docenze. Pressapochismo e disonestà, provincialismo e ottusità indifferenza alla verità, magari discendono da quei “docenti” pressappochisti e provinciali.
Non dimentichiamo la lezione (im)morale che ne traggono studenti, assistenti, giornalisti, politi, amministratori, insegnanti di rango inferiore. In tutto il resto del mondo, i cattedratici sono guardati come gli apici del sapere competente, ed essi stessi se ne sentono investiti: coscienti del loro prestigio, rifiuterebbero di metterlo in forse con mezzucci, auto pubblicazioni e simili. Sarebbero derisi dai colleghi internazionali, alla cui ammirazione aspirano, con cui competono sulle pubblicazioni più rinomate.
I rettori e presidi italiani, ovviamente, non hanno alcun prestigio da difendere. Né hanno alcun rispetto di sé, visto che si concepiscono come distributori di cattedre a figli e nuore proprie e altrui, del tutto indifferenti a qualunque criterio di eccellenza. Ma che dico? Il livello dei nostri giudici costituzionali ne riflette la natura: non a caso, sono quelli che continuamente eleggono”Presidente” della Corte Costituzionale quello di loro che fra sei mesi andrà in pensione, onde possa mettersi a riposo col massimo dell’emolumento (450 mila, se non sbaglio), l’auto blù, la segreteria, i benefit… Un trucchetto da magliari di cui, come Custodi della Costituzione, dovrebbero semplicemente vergognarsi.
Ma non si vergognano. Come non si vergogna il rettore Frati (anzi si vanta), come non si è vergognato Napolitano, da eurodeputato, di falsare i biglietti aerei per Bruxelles. Qui non si vergogna nessuno.
Il bilancio è tristissimo. Berlusconi e Bossi col suo Trota, hanno fatto tramontare la speranza che nel Nord ci fosse una “classe dirigente” di riserva, capace di prendere il comando del governo italiano : anche lì, la decadenza culturale fu evidente. Nel resto dal paese, avete quella Tiziana – che si è vergognata, ma “dopo” quando doveva vergognarsi “prima” – e tutti i media a compiangerla come un’eroina. Che dire?
Che cosa dovrebbe infatti impedire a un dirigente statale di rubare? Cosa obbligare un cattedratico ad essere competente e studiare, anzi essere eccellente? Cosa?
L’amor di patria? Non fatemi ridere che ho le labbra screpolate. Il timor di Dio? Per favore,l’abbiamo superato, oggi siamo liberi da questi tabù. Il rispetto di sé? Il senso della propria dignità?
Non resta che ripetere le parole dell’amico Andrea Mazzalai, economista alternativo, proprio a proposito della parentopoli universitaria: “Stiamo vivendo una crisi antropologia devastante – La crisi economico/finanziaria è solo pura conseguenza”.
Questo popolo si autodistrugge. Volontariamente. Aspira a divenure nulla,sparire dalla storia e dall’umanità stessa.
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che novità vero dottor blondet ? è roba vecchia di 50 anni . se sei figlio di avrai anche l’ amante . sei bravo e sei donna un calcio nei denti e lavori il triplo per dimostrare di essere bravo . tutto qui . vuole altra chicca ? comune di trecate , novara , un certo c…. era capo del personale , bene se volevi entrare a far parte delle impiegate comunali dovevi calare le mutande , se volevi i premi altra calata di mutande . denunciata la cosa , tutti girati dall’altra parte , ma da chi cavolo è raccomandato questo schifoso ? me lo dica lei . pd comanda e fanno i santerellini .
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Se questo signor c. dovesse essere ancora in circolazione e le dovesse essere di ostacolo con i suoi metodi, si avvalga del supporto di un paio di giovinotti per spiegare a costui che certe cose non si devono fare. Vi sono molti giovani altruisti disposti ad aiutare persone in difficoltà.
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Ma non mettiamoci dentro la solita “menata” femminista (mi scusi, ma le avete davvero rotte!), che anche quando sei bravo e sei uomo rimani all’angolo.
Vige il sistema della raccomandazione, ma anche della mera ruffianeria verso il superiore.
E la ragione forse è questa: non ci sentiamo padroni di niente e quindi non sentiamo responsabilità verso ciò che facciamo o gestiamo.
La scuola pubblica è di tutti e quindi per noi non è di nessuno. I dirigenti pubblici gestiscono aziende che in quanto pubbliche sono ritenute essere di nessuno. La grossa ditta dove vigono regole fantozziane non è di nessuno, non c’è un padrone a controllare e decidere avanzamenti e carriere, perchè persino l’AD altro non è che un dipendente.
E anche nel nostro piccolo, preferiamo le logiche del favoritismo spicciolo che attenerci alle regole condivise, perchè anche l’Italia la sentiamo essere terra di nessuno.
Luigi Frati non è diverso dal bifolco italiota che butta la cartaccia per terra: tanto è l’asfalto di tutti e quindi di nessuno, mica lo fa a casa sua.
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…Tutta la notte ho battuto sui tasti del mio computer…ho scritto e alla fine cancellato: avrei voluto raccontare la cronaca, “banale e scontata”, della richiesta per una ecografia (urgente) e della risposta del servizio sanitario della mia asl, che mi ha fissato l’appuntamento per…Marzo. Ma sarebbe stato inutile. E’ la norma, la realtà. E’ così. Precedenza ai “servizi abortivi” o alle terapie per la “ludopatia”, gestita da questi malavitosi al potere. O come al solito, bisognava rivolgersi agli “amici”, quelli di cui si parla sopra. A questi corrotti, che non provano neppure ombra di vergogna. E non potrà che peggiorare. Perché non è solo una crisi antropologica, è una deviazione genetica. Sono stati soppressi i geni, che avevano dato nobiltà e bellezza spirituale a questo paese. Operazione diabolica di questa “classe politica progressista”, servile e incolta, che ha fatto della scuola, della università, della economia, del lavoro, della vita di questo paese, carne di porco. Nel senso letterale del termine. (E mi assale un pensiero blasfemo..: che allo stato attuale della condizione umana, abbia ragione il talmud che considera i gentili, i non ebrei, bestie, animali parlanti, schiavi). Gente che a questo punto, si può solo sperare (e pregare) che “sparisca dalla storia e dalla umanità stessa”. (Accelerandone la scomparsa, se possibile)…
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Sergio Rizzo è l’ultimo che può scagliare pietre dato che il suo stipendio lo paghiamo, almeno in parte, noi contribuenti. Infatti il Corriere della Sera, di cui Rizzo è dipendente, si mantiene anche con i lauti contributi pubblici all’editoria. Quanti giornalisti avrebbero fatto la fame e quanti ne farebbero se non ci fosse “mamma spesa pubblica” a mantenerli!!!
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mI FACCIA CAPIRE IL SUO RAGIONAMENTO: visto che il giornalista Rizzo è pagato dai contribuenti come voi statali corrotti, deve tacere sulla vostra corruzione. Legge dell’omertà, capisco.
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No, caro Maurizio, e dammi del tu, dato che ci conosciamo e collaboriamo da anni. Non sto dicendo che bisogna tacere sui misfatti di corruzione ma soltanto che le prediche bisogna farle senza scheletri nell’armadio. E’ nient’altro che Vangelo: chi è senza peccato scagli la prima pietra. Per quanto poi riguarda la tua solita accusa generalizzata di corruzione verso tutti i dipendenti pubblici, ciò non solo è un falso ma è anche offensivo verso tutti coloro che non sono mai stati neanche sfiorati da sospetti di corruzione. Spero che ti renda conto della pesantezza e gravità di accuse formulate in tal modo e che feriscono rapporti di onesta e mai dissimulata amicizia, neanche nella critica e nel disaccordo dove talvolta sussistono (perché tale è l’onestà intellettuale, oltre che l’amicizia).
Luigi Copertino
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Aggiungo a precisazione del mio ragionamento quanto segue.
Il Corriere della Sera è il giornale della borghesia nordista, che da quando è nato predica il liberismo e biasima tutto ciò che è pubblico e spesa pubblica. Da qui i servizi giornalistici di Stella e Rizzo. Che non sono indirizzati a fustigare il malcostume della corruzione (perché se così fosse nulla quaestio). Il vero scopo di Stella e Rizzo, la vera recondita finalità dei loro servizi, in linea con l’ideologia del loro giornale, è quella di far passare nell’opinione pubblica l’equazione “pubblico = sempre corruzione” e purtroppo il “pubblico” da loro occasioni. Ma lo scopo ultimo di Stella e Rizzo non è affatto la moralizzazione del pubblico, quanto la propaganda degli interessi privati che essi servono. Le loro inchieste guadagnerebbero di onestà intelletuale se i loro autori fossero, dal punto di vista economico, “immacolati” ossia se non dipendessero neanche per un euro dalla tanto vituperata, e a loro giudizio di sempiterna corruzione, “spesa pubblica”. Ma così non è, caro Maurizio. Così non è per nessun giornale italiano, dato che lo Stato paga fior di milioni a sostegno dell’editoria (poi ci lamentiamo che i media sono corifei dell’establishment). Questo è il MIO RAGIONAMENTO.
Cari saluti.
Luigi Copertino
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Mi scuso per l’intromissione, però Dott. Copertino se va bene la generalizzazione secondo la quale la carta stampata non sarebbe altro che un parassita a nostro carico, non vedo perché contestare che anche gli statali lo siano.
Fatte salve le dovute eccezioni meritevoli, di fatto in questo Paese entrambe le realtà mangiano a nostre spese senza assolvere ai loro compiti.
Poi come non si può imputare al bancario allo sportello il crack del Monte dei Paschi, non è giusto accusare Rizzo dei finanziamenti pubblici che si intasca il Corriere. Tanto più che nel suo articolo ha scritto solo cose vere e che è bene che la gente conosca.
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Però quasi tutta la carta stampata, pur intascando i finanziamenti statali, è indirizzata da un editore privato o da un burocrate”illuminato”e propaganda, velatamente o meno, l’indispensabile libero mercato mondiale, cercando di mettere in cattiva luce la già oscura amministrazione clientelare pubblica, che dovrebbe(teoricamente) rispettarci come cittadini e non come conti corrente.
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Fatto sta che la parentopoli universitaria è un fenomeno reale. Al di là del fatto che fosse in un articolo del Corriere.
Verrà da dire “da che pulpito viene la predica”, ok, però indipendentemente da dove sia scritto quel che conta è la verità di ciò che è scritto.
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Le disgustose mancanze della pubblica amministrazione sarebbero anche più gravi e condannabili, in un mondo mediamente virtuoso.
Ma se tutto il gregge fosse al corrente del liberismo usuraio, del fine massonico e quali influenze hanno questi poteri sui pregiudizi cognitivi del mondo materiale, forse si potrebbe accorgere che il”libero”mercato tenta di screditare le componenti della sovranità statale, dopo averne corrotto le abitudini(come quelle erotiche dei Carabinieri…), per giustificare i”salvatori”europei e le loro disumane speculazioni. E quindi scommetterebbe sul default greco!…
Però-Ormai è così…-e noi ci dividiamo su qualche interpretazione.
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Dubito che il nepotismo e la cattiva gestione nei settori pubblici dipenda dalla volontà massonica di screditare lo Stato.
Si vuole abbattere lo Stato, ma lo si fa tagliando servizi. Il fatto che il pubblico spesso non funzioni dipende però dalla scarsa cultura civile e senso di responsabilità degli italiani, la massoneria davvero non c’entra.
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La massoneria c’entra nel martellamento propagandistico del messaggio nichilista, materialista ed anti-cattolico, presente in tutti i livelli artistici, educativi, ricreativi e d’informazione, che corrompe subdolamente il gregge, fin dall’infanzia; come descritto nell’articolo sui Carabinieri fiorentini da Blondet, al quale noi, Luigi, dovremmo chiedere scusa per ospitarci in questo ping-pong: ricco di opinioni,ma povero di costrutto.
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Guardi che non è la massoneria a creare il nichilismo, ma il nichilismo a generare la massoneria oltre a molte altre piaghe che ci affliggono, compresa la riduzione a bestia dell’occidentale medio (carabinieri fiorentini compresi). Denunciare la massoneria per il suo ruolo nefasto è doveroso, vedere “Illuminati” dappertutto è da grillini.
La prego, non si dia pena della povertà di costrutto dei miei interventi, ma pensi piuttosto a quello che scrive lei.
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Si chiama incoerenza, ipocrisia, per il laico.
Ipocrisia…
Non rubare per il cattolico
Non desiderare la roba altrui…
Ma siamo tutti naufraghi, su un gigantesco Titanic
alla deriva…Perché abbiamo perso il senso.
Il senso delle e della Parola…
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Anch’io sono d’accordo con Lei.
Il fatto che Rizzo lavori in un giornale che riceve contributi pubblici, non fa di questo un divulgatore di Fake News. E’ molto probabile, invece, che Rizzo & Stella, siano specializzati in questo campo. Ovvero dei fancazzisti pubblici.
Ci sono altri giornalisti che si occupano di problemi economico-finanziari, chi di cronaca nera ecc,ecc.
In ogni caso, anche un mafioso pentito, può dire la verità, una volta che i magistrati hanno fatto le dovute verifiche sull’attendibilità del collaboratore di giustizia.
Ed ancora, i finanziamenti all’editoria sono percepiti da tutti i giornali, nessuno escluso.
L’argomento che perché lo dice Rizzo non è vero, non ha alcuna giustificazione razionale.
Paradossalmente se Rizzo & Stella cambiassero testata e, magari approdassero alla Stampa o Repubblica, scriverebbero le stesse cose.
Infatti ci sono giornalisti – di queste testate – che scrivono principalmente di fatti riguardanti la pubblica amministrazione.
Dove, idea mia, per 80% sono degli incompetenti, per non dire di peggio.
Basta averci a che fare e si capisce subito.
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@ Luigi Ranalli,
lo scrivente si dichiara, da anni, senza che molti diano cenno di comprenderlo, vittima di tutti i corrotti e furbetti che ci sono nei ranghi pubblici. A differenza dei signori “so tutto io” che snocciolano, senza basi, cifre e percentuali messe lì a caso, non so quanti essi siano, se l’80% o il 90% o il 20%, se si tratta della gran parte o della minor parte. Personalmente conosco gente che, per una malripartizione dei carichi, lavora di più e gente che lavora di meno, come in tutte le organizzazioni comprese quelle private, e, per amor di quella meritevole (e non è poca), disdegno dalle generalizzazioni. Applico lo schema di Abramo a proposito di Sodoma e Gomorra. Che è stato lo schema che ha fondato il principio di civiltà della responsabilità personale con abbandono di quella tribale ossia collettiva, per la quale la colpa di un membro del gruppo è colpa di tutto il gruppo. Blondet dovrebbe sapere quale grande passo di civiltà fu quello, dato che spesso ha scritto cose egregie in proposito rimproverando agli eredi carnali di Abramo di applicare ancora il principio tribale della colpa collettiva.
Caro Ranalli se non ci fosse lo Stato non ci sarebbero gli ospedali, le scuole, le strade, la formazione professionale, la ricerca, la conservazione dell’identità storica e dei beni culturali, e tante altre cose che fanno la differenza tra una tribù ed una nazione civile.
Che lo Stato sia, oggi in modo particolare, in declino a causa, anche, della corruzione è un fatto, evidente e vi chiedo cortesemente di smetterla di dire o sospettare che lo scrivente voglia negare l’evidenza, ma da qui a dire che lo Stato, e chi lavora per esso, mangia a spese dei contribuenti ce ne corre (anch’io, dipendente pubblico, sono contribuente e, dato il prelievo alla fonte, non potrò mai evadere le tasse, a differenza, che abbiano ragione o torto nel farlo, delle partite Iva). Innanzitutto perché se le tasse davvero servissero per la gran parte, come si continua a credere, a finanziare i servizi pubblici, staremmo freschi! Il fabbisogno di uno Stato moderno, che deve assicurare molti più servizi dello Stato premoderno, è talmente cospicuo che le sole entrate fiscali non coprirebbero la bisogna. Le tasse, oggi, servono soprattutto a pagare gli interessi sul debito pubblico, ovvero come si dice in gergo a “servire il debito pubblico”. Che se è alto è perché lo Stato è costretto, dal 1981, a indebitarsi con i mercati finanziari. I contribuenti dovrebbero innanzitutto lamentarsi proprio di questo snaturamento della destinazione finale del prelievo fiscale e prendersela in primo luogo con i “mercati” ossia gli strozzini globali.
Il mio post critico non era rivolto contro la sacrosanta denuncia della corruzione di cui all’articolo di Blondet ma solo contro la poca onestà intellettuale di Rizzo, citato in quell’articolo, e non perché fa inchieste sulla corruzione pubblica ma, appunto, per l’ipocrisia di chi campa anche con il denaro pubblico e poi pretende di fare il moralizzatore mediatico. Vorrei che la morale, di cui c’è davvero un gran bisogno, la facciano persone del tutto super partes. E Rizzo non lo è.
Ripeto, pertanto, quanto ho già detto a proposito di Rizzo, che tra l’altro ora lavora per Repubblica senza che questo cambi la questione dato che – come ho già detto anche se qualcun’altro (non mi sto riferendo a lei, caro Ranalli) fa finta di non averlo letto – TUTTI i giornali sono foraggiati dalla spesa pubblica. Ripeto perché mi sembra che non sia stato compreso quanto ho detto.
Rizzo fa il suo mestiere denunciando i misfatti della corruzione ma, considerando che l’obiettivo vero è quello di avvantaggiare i grandi interessi privati a danno del pubblico, dignità, buon senso e ONESTA’ INTELLETTUALE richiederebbero che chi fa aperta professione di liberismo non vivesse, in tutto o in parte, di proventi pubblici e siccome i giornali, Corriere o Repubblica non cambia, vivono anche con i fondi pubblici (che contribuiscono a pagare lo stipendio ai giornalisti), Rizzo dovrebbe fondare un suo giornale rifiutando i finanziamenti pubblici oppure chiedere ufficialmente alle testate per le quali lavora di rifiutare detti finanziamenti.
Spero sia sufficientemente chiaro, ora.
A chi altri, tra i postatori (non lei, caro Ranalli), non ha, suo more solito, capito un tubo e scrive che lo scrivente avrebbe detto che la denuncia della corruzione in quanto fatta da Rizzo non sarebbe vera, consiglio di lasciar perdere le “giustificazioni razionali” perchè il suo intervento non si fa apprezzare per un grado molto alto di approccio logico. Travisare il pensiero altrui è un metodo non solo poco corretto ma anche indicatore di un approccio privo di solidi e razionali argomenti.
Luigi Copertino
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Dott. Copertino, premetto che non metto in dicussione l’utilità dello Stato e del servizio pubblico (quando funziona). Riguardo a Rizzo, possiamo anche rinfacciargli il fatto di essere nel sistema marcio, stipendiato da un giornale poi che ne è l’apoteosi in molti sensi.
Ma allora cosa dovrebbe fare per essere un accusatore credibile? Licenziarsi dal Corriere? Pubblicare libri per qualche editore sconosciuto?
Siccome siamo tutti più o meno immersi nel guamo che ci circonda, se le premesse sono queste nessuno potrà più muovere critiche giuste a niente.
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Come la capisco. Secondo le parole del suo insigne interlocutore può parlare solo Lui.
Lui può dichiarare : ” …di sentirsi vittima di tutti i corrotti e furbetti che ci sono nei ranghi pubblici””
Lui può dirlo, Rizzo no.
Eppure Lui lavora come dipendente pubblico.
Che strana logica.
E poi, se potessero parlare solo i giornalisti le cui testate non godono di finanziamento pubblico, nessuno scriverebbe più della corruzione.
Tanto è vero che , secondo la TOP 10 dei giornali che sopravvivono – con soldi pubblici – ci sono:
– Avvenire: 4.355.324 di euro
– Italia Oggi: 3.904.773 di euro
– L’Unità: 3.615.894 di euro
– Il Manifesto Quotidiano Comunista: 2.712.406 di euro
– Cronaca qui.it: 2.361.897 di euro
– La Padania: 2.001.468 di euro
– Il Foglio: 1.523.106 di euro
– Il Corriere Mercantile: 1.434.850 di euro
– Europa: 1.183.113 di euro
– Il Secolo d’Italia: 992.804 di euro
E, nel sito della Presidenza Consiglio dei Ministri, sono pubblicati i dati completi. Aggiornamento 2014
http://presidenza.governo.it/DIE/dossier/contributi_editoria_2012/comma2.pdf
In definitiva: uno solo può parlare di corruzione nella pubblica amministrazione.
Lascio a Lei di stabilire chi sia.
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Sig. Rossi, io non intendevo entrare in polemica con Copertino, che stimo molto e leggo.
Secondo me si tratta solo di un equivoco, perchè il tema non è l’essere pagati dallo Stato, ma cosa si faccia con questi soldi.
Ad esempio il rettore citato li usa per inventarsi una cattedra da dare a sua moglie.
E’ questo il problema. Personalmente sono contro il finanziamento pubblico ai giornali, ma è il Corriere ad intascarlo, non certo Rizzo che prende il suo onesto stipendio. Sarà pure pagato anche con soldi pubblici, ma Rizzo il suo mestiere lo fa e, mi pare, pure molto bene.
Il rettore Frati senz’altro un po’ meno.
Ed i due non possono essere messi sullo stesso piano.
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Sinceramente, dott. Copertino, alcune volte anche io sono stato tentato dal seguire il suo ragionamento, e cioè che essendo tutta la stampa sovvenzionata dallo Stato, ecco quindi che qualsiasi opinione, fondo o altro, sarà comunque viziata da pregiudizio, interesse di parte o altro..però a questo punto non si deve più scrivere e leggere nulla..inoltre persino ognuno di noi potrebbe avere degli scheletri nell’armadio e allora per questo non avere il diritto di parlare o scrivere comunque.. poi capisco che se Lei è un dipendente pubblico, si senta toccato a maggior ragione da ciò..però io credo che chiunque abbia avuto a che fare con la PA ne dia quasi sempre un giudizio pessimo, salvo rare eccezioni, legate prevalentemente ai singoli, che sono purtroppo, come ci raccontano sempre le cronache, un eccezione silenziosa