Fuori tempo massimo, dico la mia sui sacerdoti sposati richiesti a gran voce dal sinodo Pachamama. E’ ovvio quello che si affanna a ricordare il dottor Melloni (il guru della scuola bolognese): Pio XII autorizzò l’entrata di sacerdoti sposati che si erano convertiti dall’anglicanesimo e bussarono alla porta della Chiesa cattolica. Non c’è dubbio, come dice anche l’amico Marletta, che il celibato dei preti non discende da obblighi dogmatici, è una situazione indotta da ragioni di opportunità storica, le cui opportunità possono cambiare.
E’ dunque un pieno diritto di Bergoglio, se è il Papa, decidere per consentire preti sposati nelle Amazzoni o anche qui, se occorre a suo giudizio per il bene e la continuità della Chiesa.
“…e sottolineo SE”, come diceva la nota canzone. Il punto, purtroppo, è questo. Nessuno menò scandalo per la scelta di Pio XII verso gli anglicani uxorati. Ora, la “scelta” che Bergoglio si fa suggerire, consigliare, spingere a fare dal sinodo Pachamama, non solo viene “percepita come l’ennesima ‘fessura’ nella diga” cristiana, come dice giustamente Marletta. Viene da quel punto irrisolto, dal dubbio fondamentale sulla regolarità della nomina al soglio di Pietro del problematico argentino.
Le dimissioni del Pontefice precedente, “volontarie” certo, ma coincidenti con l’esclusione del Vaticano dal sistema SWIFT, che impediva al piccolo stato (che vive di donazioni monetarie) di “vendere e comprare” (Apocalisse 13); la riammissione nel sistema SWIFT non appena il vecchio Ratzinger si ritira; la nomina di Bergoglio in un conclave dominato dalla “mafia di Sangallo”, i benvenuti della Massoneria internazionale all’argentino ogni volta che atterra in un paese estero, lasciano un dubbio ineliminabile.
Si aggiunga il curioso comportamento di Ratzinger, che si dichiara “papa emerito” e mantiene il vestiario pontificale. Ora, si può riconoscere nell’emerito un “eresiarca moderato” (ossia post-conciliare) e mite, a cui dobbiamo gratitudine per aver autorizzato il Vetus Ordo; sulla regolarità della sua elezione non ci sono dubbi.
Mite e debole, di lui ricordo una cosa: quando era ancora capo dell’ (ex) Santo Uffizio, e Giovanni Paolo II Woytila gli ordinò di andare alla kermesse ecumenica di Assisi – a rappresentare la Chiesa fra rabbini, protestanti d’ogni risma, dalai-lama e sciamani – si rifiutò dapprima, essendo contrarissimo proprio per i motivi della sua carica, di difensore dell’ortodossia. Woytjla lo obbligò sotto obbedienza. Allora Ratzinger andò, ma sul treno sedette sul sedile opposto al senso di marcia, in modo da dare le spalle alla destinazione aborrita.
Ratzinger, capace di dare così sottili segnali e messaggi impliciti, cosa sta dicendo col suo mantenere la veste bianca e vivendo nei confini del Vaticano? Mi sembra piuttosto chiaro, e mi scuso coi lettori per non dire nulla di nuovo e originale. Ratzinger dice: “Finché sono vivo io, è garantita la successione apostolica – l’asse su cui Cristo fondò la sua Chiesa – e quindi è garantita la validità dei Sacramenti, la Presenza Reale in ogni Messa celebrata sulla Terra. Dopo, ci penserà Cristo”.
Questo mi basta e mi rassicura. So che la Chiesa, anche se sembra abbandonata da una umanità occidentale ormai in preda al delirio e al suicidio – com’è logico quando si abbandona ogni prospettiva di Dio
– e infetta essa stessa nelle sue gerarchie dalla “peste di errori e vizi che ammorba il mondo” – so che vegliano su di essa i santi: io ho “visto” le stigmate di Padre Pio, ho “visto” l’eroismo di Giacinta e Francesco di Fatima, di Maricarmen, del quindicenne José Luis Sanchez, il piccolo eroe cristero torturato che gridava “Viva Cristo Re”, ogni volta che i suoi torturatori gli ordinavano di esclamare “Morte a Cristo Re”, e per rabbia lo finirono con un colpo di pistola.
Non si può dubitare, tanto la Chiesa è feconda anche oggi di santi e martiri, che dall’alto non si intervenga. E se la post-modernità ormai apertamente satanica sta avvelenando anche le radici della civiltà ereditata dal cristianesimo, violando l’innocenza infantile e la maternità, nel calcolo evidente di rendere impossibile ogni rinascita – tanto più sarà stupefacente quell’intervento che chiediamo nella preghiera dicendo “Gesù vieni presto, non tardare”.
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Sull’opportunità oggi di preti sposati, così artificialmente invocata in territori-limite, per “mettere in moto processi” (Bergoglio dixit) e farla diventare comune nella Chiesa, inviterei umilmente i vescovi a considerare l’enorme gatta da pelare che si accollerebbero onde avessero a gestire mogli e figli di preti. L’esempio delle Chiese ortodosse dovrebbe farli riflettere: il sacerdote e la moglie, con una dozzina di pargoli urlanti nella canonica, assillato dalla povertà se non dalla miseria per il mantenimento della numerosa (e benedetta da Dio) famiglia. Nelle Chiese ortodosse, non a caso il parroco è una figura diminutiva, rispettata il necessario, e per le confessioni fedeli cercano gli staretz i monaci mistici – e celibi – col dono di leggere le anime. Per i vescovi, basta che pensino ai costi che dovranno accollarsi, per sostenere le mogli e figli dei loro preti…dovrebbe raffreddare entusiasmi innovatori.