Giudice “troppo cattolica”?
Serque di insulti mediatici e politici internazionali (ovviamente anche sui media italioti) alla giudice Amy Coney Barrett, che Trump ha indicato come nuovo membro della Corte Suprema, dopo che uno dei nove posti della Corte è rimasto vacante dopo la morte della nota giurista Ruth Bader Ginsburg. Fondamentalista, madre di 7 figli, contraria all’aborto: sono in pericolo “i nostri valori”… Non la vogliamo lì!
Un vero odio anticattolico si sta manifestando anche in Italia a proposito di quella nomina, discriminatorio e censorio, che nemmeno cerca di dissimularsi, perché è oggi generalmente riconosciuto che essere cattolici è un problema e non bisogna lasciare loro spazio nella vita pubblica.
Fate solo un esperimento mentale: cosa sarebbe successo se qualcuno avesse eccepito alla nomina della testé defunta Ruth Bader Ginsburg dicendo che “è troppo ebrea per quella carica”? Lo sciagurato sarebbe stato linciato come nazi-raazzista-negazionista dell’Olok *, nonch* anti LGBT – come minimo.
Ma invece, per una cattolica, si può fare? No, risponde il giurista Alan Dershowitz, lui stesso ebreo, forse il più importante dei docenti di diritto in USA: la Costituzione americana lo vieta espressamente. Ecco qui il suo articolo, tradotto in fretta:
C’è stato un precedente inquietante. “Quando giudice Amy Coney Barrett (adesso nominata alla Suprema) si è presentata dinanzi alla commissione giustizia del Senato per la sua nomina alla Corte d’appello per il Settimo circuito, la senatrice Diane Feinstein ha detto alla Barrett:
“Il dogma vive forte in te.”
Questo era un’allusione alla profonda fede cattolica della giudice Barrett. In base alla nostra costituzione, la dichiarazione del senatore Feinstein ha superato il limite. La nostra è stata la prima Costituzione nella storia a prevedere che “nessun test religioso sarà mai richiesto come qualifica per qualsiasi ufficio o fondazione pubblica sotto gli Stati Uniti”.
Sebbene Feinstein non abbia imposto esplicitamente un test religioso, ha suggerito che le opinioni religiose personali – che ha chiamato dogma – potrebbero squalificare un candidato dalla conferma.
Sarebbe chiaramente incostituzionale.
Quando il giudice Louis Brandeis fu nominato alla Corte Suprema degli Stati Uniti nel 1916, numerosi leader del bar e eminenti americani, incluso il presidente di Harvard, si opposero alla sua nomina, a volte implicitamente, a volte esplicitamente, sulla base del fatto che era ebreo. Allora era sbagliato, ed è altrettanto sbagliato oggi per quanto riguarda un candidato di fede cattolica.
Infatti, l’attuale Corte Suprema ha cinque giudici cattolici, due ebrei e uno protestante. Indagini sulla religione praticata non hanno posto in America. Ciò che ha un posto nel processo di conferma sono le domande sul fatto che un candidato metterà fede alla Costituzione e rifiuterà di applicare la Costituzione se è in conflitto con la sua fede. Questo problema sarebbe vero per qualsiasi candidato indipendentemente dalla sua fede o mancanza di fede. Il presidente John F. Kennedy ci ha assicurato che il suo cattolicesimo non avrebbe determinato la politica della nazione. Il giudice Antonin Scalia ha detto lo stesso del suo cattolicesimo e della sua giurisprudenza.
E’ impossibile, naturalmente, psicoanalizzare un candidato o un giudice per determinare quale ruolo, eventualmente, la loro fede può svolgere nella loro giurisprudenza. Siamo tutti influenzati dalle nostre opinioni personali, incluse ma non limitate alle opinioni religiose. Quando il giudice Pierce Butler ha emesso l’unico dissenso nel famigerato caso di Buck v. Bell – in cui la Corte Suprema, guidata dal giudice Oliver Wendell Holmes, ha consentito la sterilizzazione di presunti “difettosi mentali” – molti hanno ipotizzato che il suo dissenso, che ora è visto dalla maggior parte degli storici e degli avvocati come il punto di vista corretto, potrebbe essere stato motivato consciamente o inconsciamente dalla sua profonda fede cattolica.
La Chiesa cattolica era inalterabilmente contraria alla sterilizzazione dei disabili mentali, mentre la “visione progressista”, centrata all’Università di Harvard, favoriva fortemente tali procedure “eugenetiche” per “migliorare” la “razza“. La chiesa aveva ragione e Harvard aveva torto su questo, ed era un bene che ci fosse un cattolico all’alta corte per registrare un dissenso per quella che ora siamo arrivati a credere che fosse una oltraggiosa violazione dei diritti umani.
Il ruolo della religione nel processo decisionale giudiziario è complesso, sfumato e talvolta difficile da discutere. Non esiste una linea netta tra ideologia e giurisprudenza, ma è comunque necessario tracciare una linea, soprattutto quando si interroga un candidato alla Corte Suprema.
Diversi anni fa, un senatore degli Stati Uniti ha dichiarato che non avrebbe mai votato per confermare un ateo alla Corte Suprema. Una tale posizione è in diretto conflitto con la Costituzione. Ma poiché le domande sulla religione generalmente non vengono poste ai candidati, è molto probabile che diversi atei e agnostici abbiano prestato servizio presso l’alta corte. Oliver Wendell Holmes ha riconosciuto pubblicamente la sua incredulità nella religione e molti altri giudici hanno riconosciuto in privato la loro mancanza di fede religiosa. La propria religione è una questione privata, ma la propria filosofia giudiziaria è molto rilevante nel processo di conferma.
Il processo di conferma è diventato così politicizzato, così personale e spesso così ingiusto che è particolarmente importante fare attente distinzioni per quanto riguarda il credo religioso e l’osservanza. Speriamo che il Senato gestisca questa nomina meglio di quanto abbia gestito altre nomine recenti.
https://www.gatestoneinstitute.org/16540/supreme-court-religion
Come l’ha definita il presidente
Oggi è stato un grande onore nominare alla Corte Suprema una delle menti legali più brillanti e dotate della nostra nazione. È una donna di risultati senza pari, intelletto imponente, competenza eccelsa e lealtà incrollabile alla Costituzione: il giudice Amy Coney Barrett …