Dall’amico Francesco Ruggeri ricevo questa lettera amaramente divertente
Caro Maurizio,
sabato 23/5 ho partecipato a un convegno di “single” cattolici il cui programma prevedeva, tra l’altro, un’ora di adorazione eucaristica (assai ben predicata dal parroco della chiesa che ci ospitava e che tra l’altro è stato in ginocchio davanti al Santissimo per un’ora intera) cui sarebbe seguita una relazione tenuta da un prete (un altro, non il buon parroco), rettore di Seminario, pluridottorato e docente di varie discipline (Sacra Scrittura, Greco, Teologia del Nuovo Testamento) presso istituti blasonatissimi.
Titolo della relazione: “Il tempo dell’assenza come preludio di una nuova presenza. Il messaggio del Cantico dei Cantici.”
Fin dalle prime battute l’illustre prelato, riferendosi al Cantico, afferma con tono ironico che “quando la Chiesa era, per così dire, seria, questo libro veniva letto come il dialogo dell’anima con Dio: ora invece, finalmente, si ammette che si tratta di una storia d’amore tra uomo e donna, non priva di piccanti particolari a luci rosse”.
Orbene, S. Tommaso d’Aquino che, come si sa, viveva nella tenebra del medioevo, insegna che (S. Th. I, q. 1, a. 10) il senso della Scrittura è sia storico o letterale sia spirituale.
Penso quindi che qualsiasi ragazzetto, pur nelle sessuofobiche ere passate non ancora “liberate” dalle luminose dottrine di Freud e Reich, avrebbe ben capito che il Cantico preso alla lettera è un dialogo d’amore tra uomo e donna: più difficile è forse invece coglierne i sensi spirituali.
Tuttavia, decido di rinunziare a un eventuale intervento.
Ma ad un certo punto don Luca afferma “che nella Messa c’è il pane e il vino e noi celebriamo, in forma di memoriale, un grande assente “…
A questo punto mi sento in dovere d’intervenire anche perché oggidì non è così scontato che i cattolici (tra cui i partecipanti al convegno) sappiano che nell’Eucaristia v’è la Presenza reale di Cristo; aspetto quindi il termine della relazione, e intervengo citando i nn. 1374 e segg. del Catechismo inequivocabili
“1374. Il modo della presenza di Cristo sotto le specie eucaristiche è unico. Esso pone l’Eucaristia al di sopra di tutti i sacramenti e ne fa « quasi il coronamento della vita spirituale e il fine al quale tendono tutti i sacramenti ». 201 Nel Santissimo Sacramento dell’Eucaristia è contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con l’anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero. 202 « Tale presenza si dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali”, ma per antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa Cristo, Dio e uomo, tutto intero si fa presente »
Aggiungo poi che se non vi fosse tale Presenza, poco fa tutti noi “sventurati” avremmo adorato un pezzo di pane e che, in tal caso, avrebbero ben ragione a beffarsi di noi ebrei, islamici, buddisti, atei, agnostici eccetera.
Il docente allora mi risponde (molto gentilmente) che la Presenza non è “completa” ma solamente “sacramentale” (?)…
Insisto: il Catechismo afferma “…veramente, realmente, sostanzialmente…”.
Mi replica che la Presenza non è completa perché, ad esempio, non posso abbracciare Gesù;
io a mio volta ribatto che non posso abbracciarlo a causa della forma accidentale (pane e vino) e non sostanziale (che non inficia la Presenza), ma posso addirittura (se in Grazia di Dio) mangiarNe il Corpo, come Egli ci ha comandato.
Lui: “Se così fosse , saremmo giustamente accusati di cannibalismo…”
– “E’ cannibalismo cibarsi della carne di un uomo morto, ma non lo è il cibarsi del Corpo e del Sangue di nostro Signore, vivo in eterno, e su Suo comando”.
Lui: “E se trova un pezzetto d’Ostia consacrata per terra, lei che fa?”
– “ Chiamo un prete, affinché la raccolga e la ponga con devozione in una bacinella d’acqua perché si disciolga e quindi, per parvità di materia, la Sostanza stessa svanisca: così procedette, ad esempio, il coadiutore di quella chiesa a Buenos Aires, in cui poi avvennero gli straordinari miracoli eucaristici del 1992-96, dettagliatamente descritti nel libro di Maurizio Blondet “Un Cuore per la Vita eterna…”
– “E la presenza di Gesù nel povero?”, mi chiede…
A questo punto non replico più nulla: sta per scoppiare un putiferio, tutti m’intimano di tacere e la moderatrice chiude il dibattito. Questa mi conduce in disparte e mi qualifica come elemento indesiderato e “portatore di negatività e malumore”, perché il mio intervento ha SCANDALIZZATO (sic!) la platea; replico tentando di ricordare che “se lo scandalo nasce dalla verità, è meglio sopportare lo scandalo che trascurare la verità” (S. Gregorio Magno) ma lei continua a coprirmi d’invettive dicendo, che il relatore porta questo e quel tal altro titolo e infine che io sono solo uno scolaretto, acido, polemico, inadatto a prender parte di quell’associazione etc. etc.
Insomma, mi espelle dal convegno. Mi faccio restituire la quota d’iscrizione e me ne vado, ripensando ancora a quei commoventi frammenti di tessuto cardiaco frammisti a sangue rappreso, frutto del miracolo eucaristico, che ebbi il dono di vedere l’anno scorso a Buenos Aires, insieme a te, presso quella tal chiesetta.
Soldi ben recuperati, caro Francesco. Anche se “il convegno dei single cattolici” che ti ha espulso è stato, a suo modo, denso di insegnamenti. Per esempio sulla celebrata “apertura verso tutti” dei cattolici, anche recentemente raccomandata da Sua Simpatia Bergoglio: “
«Il mondo – ha predicato – ha bisogno di uomini e donne non chiusi, ma ricolmi di Spirito Santo. La chiusura allo Spirito Santo è non soltanto mancanza di libertà, ma anche peccato. A nessuno la madre Chiesa chiude la porta in faccia…”. A te la “chiesa” ha chiuso la porta in faccia. Ovviamente se ti fossi dichiarato un gay orgoglioso di esserlo, avresti trovato nel gruppo tutta la comprensione, l’affetto e l’apertura prescritta. Purtroppo hai ricordato la Verità che bisogna credere per dirsi cattolico, e citando persino i passi appropriati del Catechismo: e allora chiusura a riccio. Con tanto di intimazione a tacere e finale espulsione. Molto istruttivo il criterio che la organizzatrice ha adottato per espellerti: l’intolleranza neo-cattolica non ha più nemmeno bisogno di accusare qualcuno di eresia – un concetto della Chiesa “chiusa e dogmatica”, ormai felicemente “superato” dalla Chiesa-carità – no: ti chiudiamo la bocca perché sei “acido”, ti sbattiamo fuori perché ci metti di malumore, non tolleriamo la “tua negatività” (concetto mutuato da Vanna Marchi, che vendeva dei sali contro le negatività). In una parola: perché non ci sei rimasto simpatico.
Non c’è da stupire: propria perché la Chiesa ha abbandonato le affermazioni precise della dogmatica, non è che non condanni più: condanna eccome, ma in base ai sentimenti, anzi alle “sensazioni”, alla pancia. Insisti sul catechismo? Come sei antipatico!
Anche Papa Bergoglio si lascia guidare apertamente da questo criterio nelle sue scelte. Molto recentemente, ha detto, in una delle sue ennesime interviste, che lui, dei giornali, legge solo Repubblica. E’ come se avesse dichiarato: “Io leggo solo il giornale che mi adula, mi compiace e mi dà ragione, e il cui editore mi sta simpatico”. Non conta che Repubblica sia l’organo ufficioso della borghesia danarosa e radicale, la più callosamente anticristiana; è quello che (come si usa dire nel mondo delle estetiste e dei gay), “mi fa’ star bene con me stesso”. Anche i consiglieri, i cardinali, quelli da promuovere, li sceglie con lo stesso criterio: monsignor Ricca, l’omosessuale scandaloso, l’ha promosso alla testa dello IOR perché a pelle gli è piaciuto. Ha costituito un collegio per farsi consigliare nel governo della Chiesa con otto cardinali che “lo fanno stare bene con se stesso”, ossia che lo confermano nelle sue convinzioni; ché non gli capiti, Dio non voglia, di dover sentire anche altre campane. Come consigliere teologico s’è preso monsignor Víctor Manuel Fernández, rettore della Universidad Católica Argentina di Buenos Aires, che lui stesso aveva messo a quel posto contro il parere generale, quindi che approva in anticipo quel che dice il Papa. Trattasi di teologo light. Il maggior apporto di questo Fernandez alla teologia sembra essere il saggio, edito nel ’95, dal titolo: “Sáname con tu boca. El arte de besar“, ossia: “Risanami con la tua bocca – L’arte di baciare” (e spero solo che besar in spagnolo non comprenda l’accezione che in francese, per esempio, ha “baiser”, a luci rosse). A quelli che invece non gli vanno a genio, come i Francescani dell’Immacolata, nessuna apertura: giù botte, e senza nemmeno spiegar loro il perché. Che cosa dovrebbe dir loro, del resto? “Mi mettete di malumore”?
Per fortuna noi due possiamo riderci di tutto questo perché “abbiamo visto” il Sangue tracimato dalla particola a Buenos Aires (per i lettori: l’amico Francesco mi ha accompagnato come fotografo nel reportage sul miracolo eucaristico argentino), sappiamo che Lui è realmente presente anche in “questa” chiesa e questi tempi. Chiesa e tempi che, ogni giorno di più sconfinando nel ridicolo e nell’insignificante, applauditi mediaticamente, si dichiarano da sè destinati a passare e finire, come sale diventato insipido.
Ma agli altri, che cosa diffonde il “colto sacerdote” che sostanzialmente non crede alla Presenza Reale? Qui siamo nell’asse sub-teologico Martini-Mancuso: che (lo disse Ratzinegr) “nega che il Signore abbia istituito l’eucarestia e dice che la salma di Gesù è rimasta nella tomba”. Una tendenza che sempre Ratzinger definì “mainstream”, ossia dominante oggi nelle gerarchie clericali – senza peraltro cercare di porvi rimedio. Così la dottrina (il contenuto della fede) si sfalda con effetti tragicomici: il Cristo sacramentale sarebbe un po’ meno reale del Cristo fisico, e la sostituzione del Cristo assente con il mitico “povero” da adorare e davanti a cui inginocchiarsi…una sostituzione dell’oggetto della fede che fa’ cascare le braccia ed è insieme irresistibilmente comica o grottesca..
Mi spiace solo che non abbia potuto, Francesco, vedere come è andato a finire il convegno. Sospetto che sia finito in una serata in discoteca dei “singles cattolici” evidentemente in cerca di accoppiamento, inuzzoliti dal Cantico dei Cantici interpretato “a luci rosse”.