“Ma quale sovranismo, cominciamo a chiamarlo nazismo”: le direttive della propaganda sono state date, e l’Espresso le esegue con la nota diligenza. Luigi Di Maio esegue meno bene ma anche lui suona lo stesso spartito, dando il ripugnante calcio dell’asino di prammatica grillesca: si dichiara preoccupato che “la Lega si allea con chi nega l’olocausto” è rimasto a Le Pen papà, non è ben informato su figlia e nipote. Quel che conta è far passare il messaggio semplice e martellante: il sovranismo è nazismo. Quindi, da demonizzare con lo scopo finale di metterlo fuorilegge, e da bastonare sulle piazze come sta facendo la democrazia di Macron contro i suoi concittadini in protesta. Come ha appena scritto Robert Kagan, “fra pochi anni in Europa partiti “sangue-e-suolo” possono essere a capo di tutti i maggiori paesi”. Gli euroscettici e gli euro critici sono identitari, razzisti, xenofobi. E nostalgici di Hitler.
Si apprende con stupore che in Germania Alexander Gauland, uno dei fondatori e leader di Alternative fur Deutschland – ossia della formazione di cui, da qui alle elezioni di maggio, vi strilleranno da ogni altoparlante che è “nazista” xenofoba, e magari negatrice dell’Olokué – ha accusato la UE di essere la continuazione del Terzo Reich.
Lo riferisce stupefatta la Frankfurter Allgemeine, giornale che più mainstream ed europeista non si può, avendo seguito il congresso del AfD a Riesa. Anche un po’ scandalizzata: “Una Nazi-UE?”, trasecola il titolo.
Il fatto che è Gauland (un uomo anziano, è nato nel 1941) ha attaccato l’Unione Europea in quanto “apparato corrotto, tronfio, non-democratico e in modo latente, totalitario”. E non si è limitato, Gauland, ad accusare il deficit di legittimità democratica- critica ormai innocua – no, “questi oppositori radicali di un’ulteriore integrazione europea” che sono i militanti di AfD, “vanno oltre: paragonano la UE all’ideologia europeista sotto il NazionalSocialismo”.
Disorientato, il giornalista del Frankfurter Allgemeine riferice – passando evidentemente di sorpresa in sorpresa – che il presunto nostalgico hitleriano Gauland, al congresso dell’AfD, ha lodato la scelta Brexit degli inglesi giustificandola con la storia: “L’Unificazione Europea è stata perseguita dai francesi con Napoleone e purtroppo, dai Nazionalsocialisti; e come tutti sanno, l’Inghilterra si è opposta all’uno e all’altro”.
Sbalordito, l’inviato scopre che AfD “sta diventando rapidamente il partito tedesco del Brexit”, e non solo. Spiega: Gauland si porta oltre la semplice accusa che la UE sia “un apparato totalitario latente”, ma dimostra che “la politica europeista –tedesca è in continuità con la propaganda che i nazisti fecero a proposito dell’Unione Europea”.
Nella Germania politicamente corretta dove questi argomenti sono tabù, “non ci può essere accusa peggiore”, commenta il giornalista, palesemente colpito. “E questa posizione dà all’AfD il positivo effetto collaterale di presentarsi come immune dall’ideologia nazista”.
Così apprendiamo che lo AfD non è contro la UE in nome di non si sa quale ideologia di “sangue e suolo” e suprematismo biologico della razza bianca, bensì – molto giustamente – perché vende che è uno stato di non-diritto, con potenzialità totalitarie. Così come la pensano i brexiteers britannici. Esattamente quel che pensa Paolo Savona, che vede nella BCE una incarnazione del “piano Funk” (Walter Funk, ministro dell’economia del Reich) e eurocritici come Jacques Sapir e Asselineau in Francia, che propongo il Frexit .
Ma su questa linea, il diritto di primogenitura va riconosciuto a John Laughland, lo storico e saggista inglese che nel 1997 ha pubblicato “The Tainted Source” – la fonte infetta – il cui sottotitolo non può essere più chiaro “le origini non-democratiche della idea europea”.
Nessuno più di Laughland è riuscito a mostrare, con evidenza impressionante, il profondo e sincero “europeismo” che animava tutti gli esponenti del Terzo Reich, Goebbels, Ribbentrop, lo stesso Hitler – di cui troppo facilmente si dimentica che non era un “nazionalista” ma un pangermanico, che vedeva nello stato nazionale (fra cui il suo, l’Austria) uno scadimento rispetto allo storico lascito del Primo Reich, ossia del Sacro Romano Impero Germanico.
Solo un paio di citazioni, per farla breve. “Dobbiamo creare un’Europa che non sprechi il suo sangue e le sue energie in conflitti fratricidi, ma formi una unità compatta: così diverrà più ricca, più forte e più civile”: a chi attribuireste una simile frase? A Soros, alla Bonino, a Verofstadt? La pronunciò Vidkung Quisling, il collaborazionista della Norvegia, fucilato nel 1945.
Ad esaltare “una nuova Europa della solidarietà e della cooperazione fra tutti i popoli, una Europa senza disoccupazione, senza crisi economiche e monetari, che ha a sua disposizione un sistema di commercio continentale sviluppato in comune”, che apparirà “una volta che le barriere economiche nazionali siano rimosse”, molto prima di Prodi, Mattarella o Padoa Schioppa – è stato Arthur Seyss-Inquart, commissario dell’Olanda occupata nel 1949, poi impiccato a Norimberga.
“L’Europa è diventata troppo piccola per le sovranità auto-sufficienti e le loro faide. Un’Europa frammentata è troppo debole per mantenersi in pace e nello stesso tempo mantenersi come una forza mondiale”. Lo sentiamo ripetere da ogni giornalista, politico piddino ed economista nei dibattiti televisivi: invece si trova in un testo stampato a Lipsia nel 1942 e intitolato “Note per l’istituzione di una confederazione europea”.
Il ministro Funk, anzi, era un moderato in confronto a Mario Draghi o Attali: pensava ad un sistema di cambi fissi, rifiutò l’idea di una moneta unica europea, insomma non privava della sovranità monetaria gli stati-satelliti. Il punto fondamentale in comune sta nella de-politicizzazione dell’Europa, nella convinzione (impolitica) che la politica crea conflitto, mentre la tecnocrazia, neutrale e oggettiva, è pacificante.
Del resto tra i fondatori della Comunità non a caso c’è stato Robert Schuman, già ministro di Vichy nel 1940, e Paul-Henry Spaak, che negli anni ’30 aveva scritto le lodi della Germania di Hitler. Lodi all’epoca tutt’altro che ingiustificate, rispetto alle devastazioni del liberismo e austerità imposte, per cristiani e cattolici – continentali.
E’ la storia d’Europa, e il sangue non è acqua. Il biografo di Hitler Thomas Sandkühler ha notato nel 2002 che nelle politiche europee vanno viste meno “le rotture” che “le continuità”. Qui è una concezione della politica permanente ad essere in gioco – popoli sotto un unico regime di legge, promulgato e mantenuto da una singola autorità sovranazionale – e il pluralismo politico delle nazioni che si autogovernano . E Gauland riconosce che il Regno Unito è stato sempre “dall’altra parte”, e in questa fase storica, ha ragione.
Gauland ha detto che nella UE non c’è libertà, non c’è liberismo, non c’è nemmeno un “ordine” (un impero), ma una coercizione che deriva da una forma secolarizzata di cristianesimo, per l’aspirazione di raggiungere l’unità umana o sociale riducendo tutto a un unico modello : l’ordoliberismo.
Il giornalista, Jasper von Altenbockum, evidentemente colpito, riconosce che AfD in questa critica ha segnato un punto. Ma subito dopo ripete la dogmatica eurocratica : nel progetto europeo si è troppo investito, per tornare indietro – ed esso è basato su “un ancoraggio istituzionale non-rimovibile, che richiede inevitabilmente una rinuncia alla sovranità”.
Naturalmente, questi non sono argomenti. Sono propaganda e dogma. Totalitari. Se a L’Espresso qualcuno volesse vedere in atto il Nazismo del nostro tempo, non ha che da andare in Grecia. Dove Bruxelles ha voluto ed ottenuto dal governo-Quisling locale una legge che consente di pignorare la prima casa dei cittadini, cioè di sbattere sulla strada cittadini europei già miserabili – senza la quale, gli negava un miliardi di euro: appartenente ai greci e non alla Germania, perché sono gli interessi lucrati dalla BCE su titoli pubblici greci che ha comprato. E anche adesso, Bruxelles (ossia Berlino e la BCE) al Quisling di Atene ha dato solo “la prima tranche”.
Questo è un atto di genocidio – da cui forse anche il ministro Funk si sarebbe ritratto. L’assoluta spietatezza della UE, la crudeltà senza limiti e ritegno che esercita verso i greci (e appena potrà, sugli italiani) non si spiega se non con la pietrosa incoscienza. Il giornalista del Frankfurter, per un attimo, si è chiesto: non è che siamo ridiventati nazisti senza saperlo?
Almeno è un piccolo passo avanti. Che naturalmente i nostri media non hanno fatto. A loro, quel che hanno fatto alla Grecia, è “bene”: lo ha scritto Huffington Post.
Nemmeno hanno capito il loro Varoufakis, che pure ha scritto di quando si presentò a Schauble con il mandato del suo popolo a trattare sul debito greco. “Schauble mi ha apposto la dottrina: è il mio mandato contro il tuo. Come tutte le ipotesi pericolose, si fonda su un’ovvietà: gli elettori di un paese non possono dare al loro rappresentante un mandato per imporre agli altri governi condizioni che questi ultimi non hanno alcun mandato, da parte del loro stesso elettorato, ad accettare. Ma, mentre questo è una banalità, la sua incessante ripetizione da parte dei funzionari di Bruxelles e degli agenti di potere politico, come Angela Merkel e Schäuble stesso, ha lo scopo di convertirlo surrettiziamente in una nozione molto diversa: nessun elettore in nessun paese può autorizzare il proprio governo ad opporsi a Bruxelles “.
Varoufakis è un economista internazionale rispettato. Quando si è presentato a Bruxelles, aveva offerto un piano basato su una solida analisi economica (“riconoscere che la Grecia è insolvente, non in crisi di liquidità”). Anzi, aveva sottoposto il suo piano alle autorità in fatto di debito pubblico, da Wall Street alla City, che l’avevano trovato accettabile (dunque aveva “i mercati” a favore). Ebbene: esposto il suo piano a Bruxelles, “osservo una sinfonia di sguardi vacui. Come non avessi nemmeno parlato. Come non ci fosse alcun documento davanti a loro. Dal loro linguaggio del corpo, era evidente che essi negavano la stessa esistenza dei fogli di carta che avevo messo loro davanti. Le loro risposte, quando arrivarono, erano perfettamente indipendenti da quel che avevo detto. Avrei potuto mettermi a cantare l’inno nazionale svedese, non avrebbe fatto alcuna differenza”.
La tragedia è che Varoufakis, dopo questa esperienza vissuta di “democrazia” europea, si unisca al coro “sovranisti uguale nazisti”. E’ la tragedia delle sinistre, i Quisling, i Seiss-Inquart , Pétain di questa generazione.