Il 9 giugno, il patriarca ha consacrato il Libano alla Vergine.
Riconosco la Madonna Pellegrina che vidi avanzare sopra una immensa folla in viale Monza a Milano. Avrò avuto quattro anni. Mi resta fisso nella memoria mio padre – allora poco più che ventenne – con le lacrime agli occhi. “Madonna pellegrina, fammi trovà ‘na casa e na cucina”: un po’ per scherzo e con una battuta per nascondere la commozione, perché eravamo sfollati ed abitavamo in un locale di una villa requisita, che però eravamo premuti di lasciare alla proprietaria. Lo faceva sempre. Dopo il bombardamento (era quello di Gorla) aveva mandato un telegramma agli zii di Genova, che diceva: “I liberatori ci hanno liberato della casa”.
Senza essere uno “di chiesa”, puntava tutte le sue speranza su quella statuetta caracollante sopra la folla. Mia madre era lì, ovviamente. Una coppia di giovani, i miei, magrissimi – come quella folla dietro alla Vergine, uscita appena dalla guerra, ancora con le tessere del razionamento, e il Partito Comunista prossimo a prendere il potere. Due miei zii, marito e moglie, impiegati civili della Repubblica sociale, erano stati trucidati pochi mesi prima. Mio nonno ne aveva trovato i corpi fra dozzine di altri ammassati in un capannone vicino alla Chiesa Rossa, viale Padova, guardato da partigiani rossi con mitra, indifferenti e feroci, sicuramente autori della strage. S’era fatto prestare una carriola da muratore per portare via il corpo di sua figlia e del marito di lei. I miei me lo raccontavano, allora non si nascondevano queste cose ai bambini – ed era giusto così.
Tutti capirono, allora, che quel viaggio della Vergine di città in città, ordinata da Pio XII, era una solenne richiesta di protezione sull’Italia. E funzionò.
Ora, Essa è stata chiamata a consacrare e proteggere il Libano. “Veni sponsa de Lybano”, avranno cantato. Paese citato nel Cantitico dei Cantici, prezioso e caro al cuore di Dio, come la Siria, che l’odio sbavante di chi sappiamo vuole distrutto e devastato, diviso dagli odi di sangue – così facili da suscitare se si è seminatori di zizzania (“Un Nemico ha fatto questo”, disse il Padrone del campo). C’è il Nemico troppo vicino, troppo insaziabile mai contento devastare, ossessivo nel cancellare quell’equilibro di genti prezioso come un gioiello: cristiani maroniti e sciiti, sunniti ed armeni e greci e drusi – vivente stratificazioni di culture, dall’ellenismo all’Islam.
Quando in Libano, in Siria – ed in Sri Lanka – un Nemico fa strage di cristiani, cattolici, portatori del Sacramentum nella loro terra, lo fa a ragion veduta: sono quelli che, piccola minoranza senza pretese, cercano di costruire la pace. A Sri Lanka, ne sono certo, sono l’elemento che si sforza di riconciliare buddhisti e Tamil shivaiti, divisi da fiumi i sangue.
In Libano, l’amicizia fra Hezbollah e i cristiani maroniti è solida e generosa, voluta dal generale Aoun. Ma un equilibrio così fragile e facile da rompere dal Seminatore di Zizzania, richiede un aiuto superiore all’umano. Ora un amico, per caso e senza sapere della consacrazione, mi ha mandato poche righe sulle guarigioni fatte da san Charbel, il più libanese dei santi, invocato dai musulmani.
Nel 2015 s’è parlato di Milan, una bambina di 3 anni, sunnita, profuga in Libano dalla Siria devastata dalla guerra civile. Colpita da tumore e per giunta da un virus debilitante, i medici consigliano alla mamma di portarla a far morire a casa (casa di sfollati, papà). La mamma la porta in pellegrinaggio alla tomba di San Charbel.
“Il giorno dopo ha riportato la piccola a fare un test e i medici le hanno detto che inspiegabilmente il virus letale era scomparso del tutto. Non solo, la bambina ha anche avuto una visione: “Erano le 8 di sera, rientrando a casa e strada facendo, si era addormentata. Quando Milan si risveglia ci dice ‘Oggi, Babbo Charbel è venuto a trovarmi’”. Il santo le avrebbe detto: ho pregato Dio affinché ti curasse. Ha aggiunto la mamma: “Ogni volta che sente dolore, va, prende il santino di San Charbel, piange, poi inizia a dialogare con lui, ma ignoro che cosa gli dice e quale sia la natura di questo rapporto che li unisce”.
Si parla anche di una sciita della Bekaa, colpita da tumore, sogna san Charbel che la invita ad andare a trovarlo nella sua tomba. Dopo il pellegrinaggio è guarita. Che dire? Questi aiuti dal Cielo rendono certi che una speciale protezione è stesa sul Libano, per un motivo speciale. E nella notte, sembrano le prime luci dihttps://youtu.be/0cI3pvNsZKU quell’alba – che non mancherà – del vivere in pace ed insieme, sotto la bandiera del Cedro.
Ma questo è un pezzo di copia-incolla.
Qui la Chiesa Moldava ortodossa in processione a difesa della famiglia e contro la militanza LGBT : indimenticabili i virili sacerdoti, i loro canti eroici.
PUTIN: E’ MIO DOVERE ATTACCARE IL “NUOVO ORDINE MONDIALE” PER AVER FATTO DEGRADARE I “VALORI DELLA FAMIGLIA”.
Putin: Come capo di stato mio dovere mantenere i valori tradizionali e i valori della famiglia tradizionale. Questo perchè? Perchè i matrimoni dello stesso sesso non produrranno alcun bambino. Dio ha deciso e dobbiamo preoccuparci per il tasso di natalità nel nostro paese. Dobbiamo rafforzare le famiglie. Questo non significa che ci sia persecuzione contro alcuno”.
In Europa , dove fortunatamente non c’è un dittatore autoritario come Putin. Qui la polizia permette le manifestazioni:
https://twitter.com/i/status/1140566637525045255
https://twitter.com/i/status/1140615106675597314
Qui la stampa è libera:
E la Chiesa di Bergoglio:
Sinodo Amazzonia. Fra fregnacce ed eresie
L’instrumentum laboris presentato oggi, riguardante il sinodo sull’Amazzonia che si terrà ad ottobre, è sconcertante, più di ogni aspettativa. [….]
L‘ecologismo diventa una vera e propria teologia, tanto che viene addotta l’idea che il peccato originale consista in una rottura dell’armonia fra uomo e natura che, solo per accidente, diventa poi rottura del rapporto con Dio. Per recuperare questa armonia dovremmo dunque guardare ai popoli indigeni, che vivrebbero in piena armonia con il creato, sarebbero portatori di saggezza e di usanze ancestrali da salvaguardare e sostanzialmente da integrare nel cattolicesimo.
L’indigenismo diventa quasi una mitologia, quella del buon selvaggio. Basta osservarli, i popoli indigeni, per capire che la realtà è un po’ diversa. Il documento però afferma: “I rituali e le cerimonie indigene sono essenziali per la salute integrale perché integrano i diversi cicli della vita umana e della natura. Creano armonia ed equilibrio tra gli esseri umani e il cosmo. Proteggono la vita dai mali che possono essere causati sia dagli esseri umani che da altri esseri viventi. Aiutano a curare le malattie che danneggiano l’ambiente, la vita umana e altri esseri viventi”. E dunque questi riti andrebbero integrati nel cattolicesimo: “Si chiede, ad esempio, di prendere in considerazione i miti, le tradizioni, i simboli, i saperi, i riti e le celebrazioni originarie che includono le dimensioni trascendenti, comunitarie ed ecologiche”. Purtroppo questa non è semplice paccottiglia di stampo new age, ma un manifesto vero e proprio.
La cultura indigena, se davvero ne esiste una, è infatti posta non sullo stesso piano del cattolicesimo, ma su un piano superiore. Sta a noi infatti imparare da loro, mentre la Buona Novella va adattata. Per descrivere tutte le corbellerie e le eresie contenute nel documento ci vorrebbero ore, ma si sappia che, per dirne una, l’incarnazione del Verbo presso il popolo ebraico, stando al paragrafo 107, è del tutto accidentale. Si sappia che addirittura esiste una teologia india amazzonica, che va approfondita ma non per convertire gli indigeni, anzi.
D’altronde, stando a questo documento, gli indigeni sono già perfetti così, senza bisogno del Vangelo, hanno sviluppato doti spirituali e morali talmente alte, che noi cattolici ce le sogniamo. Il male dell’Amazzonia è l’uomo bianco, che picchia le donne (gli indigeni no), che uccide (gli indigeni no), che è disonesto (gli indigeni no).
D’altronde, i Semi del Verbo, dice il paragrafo 121, hanno attecchito anche se il Vangelo non è ancora arrivato: “Lo Spirito creatore che riempie l’universo (cf. Sap 1,7) è lo Spirito che per secoli ha nutrito la spiritualità di questi popoli anche prima dell’annuncio del Vangelo e li spinge ad accettarlo a partire dalle loro culture e tradizioni. Tale annuncio deve tener conto dei “semi del Verbo”[56] presenti in esse. Riconosce inoltre che in molti di loro il seme è già cresciuto e ha dato frutti. Presuppone un ascolto rispettoso che non imponga formulazioni di fede espresse da altri riferimenti culturali che non rispondono al loro contesto vitale. Ma al contrario, ascolta “la voce di Cristo che parla attraverso l’intero popolo di Dio” (EC 5)”. Eccerto, quella vecchia storia della Croce è desueta, il seme cresce prima del Vangelo. Certo, quando gli spagnoli sono arrivati in sud America, ci hanno trovato gli Aztechi che facevano sacrifici umani (cosa che avviene ancora fra i blasonati popoli indigeni), questo si che è un seme del Verbo come si deve.
Per concludere, ebbene si, si parla di preti sposati:
Paragrafo 129
“Affermando che il celibato è un dono per la Chiesa, si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana”.
E sempre al 129, ebbene si, vengono ipotizzati ministeri ufficiali per le donne:
“Identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella Chiesa amazzonica”.
Che dire? A fianco di questo ciarpame, ce n’è molto altro, che tralasciamo perché semplicemente inutile. Ci interessa davvero che un Sinodo condanni gli inceneritori? E forse qualcuno si aspetta che cerchiamo di interpretare frasi come quella per cui si devono “recuperare i miti e attualizzare i riti e le celebrazioni comunitarie che contribuiscono in modo significativo al processo di conversione ecologica“? Siamo alla supercazzola…
https://campariedemaistre.blogspot.com/2019/06/sinodo-amazzonia-fra-fregnacce-ed-eresie.html?m=1
Posto il video dove padre Kramer dice che Putin, nel novembre 2013, in visita ufficiale in Vaticano, chiese al Papa di consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria – come aveva chiesto la Vergine a Fatima. Ottenendone un reciso rifiuto. E non solo un rifiuto, peggio.
Ora, io non credo del tutto a padre Kramer, che non cita le fonti e non era presente al fatto. Essendo un “fanatico di Fatima”, ai margini della Chiesa, troppo acceso e visionario, non gli credo del tutto. Qualcuno può confermare o smentire quello che sostiene?
Perchè se fosse vero – se fosse vero che è stato il presidente Vladimir Putin a chiedere la consacrazione (cattolica) della Russia alla Vergine di Fatima, e ne ha rievuto il rifiuto da Bergoglio, è stata fatta scientemente mancare la protezione della Vergine – al paese che ha visto la conversione predetta dalla Vergine; ostacola il trionfo del suo Cuore Immacolato. E qualcuno s’è assunto una gravissima responsabilità – sacrale, ma storica e politica – delle guerre che verranno.