“Nessuno ci obbligherà a tornare indietro al concetto di “la biologia è destino”, che cerca di confinare e ridurre le donne alle loro caratteristiche fisiche. La definizione di genere è già entrata nell’attuale discorso pubblico”, come “differenziata dalla parola sesso”, […] ”l’inclusione della prospettiva di genere in tutti gli aspetti delle attività dell’Onu è un impegno fondamentale approvato già nelle precedenti conferenze e pertanto deve essere rafforzato nella quarta conferenza internazionale sulle donne”. Così gli organizzatori della Conferenza di Pechino sulla donna del 1995: un momento cruciale dell’imposizione del “gender” in Occidente, ma, come si vede, lungamente preparato da “precedenti conferenze” tutte sotto l’egida dell’Onu.
Il rifiuto del “sesso come destino” nasce come una istanza di certo femminismo estremo statunitense, come programma “di liberazione” della donna. Uno dei meriti del saggio di Elisabetta Frezza Malascuola, è mostrare come il programma “libertario” venga fin dall’inizio concepito come coercitivo. A cominciare da Simone De Beauvoir,la compagna di Sartre, capostipite dell’ideologia femminista:
“A nessuna donna dovrebbe essere consentito di stare a casa a badare ai figli […] per il semplice fatto che se esistesse una tale opzione sarebbero in troppe a sceglierlo”.
Così cominciamo a capire come mai nella Italia povera dei nostri nonni, le madri avevano il lusso di stare a casa, mentre oggi nel ricco Occidente devono lavorare fuori: non è stata la crisi economica, ma un programma attuato deliberatamente. Perché, come scrive l’esponente femminista Nanchy Chadorow, “in una famiglia in cui il padre lavora e la donna sta a casa, il bambino viene condizionato a credere che i due sessi siano diversi”.
Ma già nel 1969 Frederick Jaffe, vicepresidente della International Planned Parenthood Federation (la grande entità promotrice dell’aborto legale, oggi diventata in Usa l’abortoio di massa che rivende le parti corporee di feti) redige un memorandum – attenzione, richiestogli dall’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dell’Onu – indica i fini: “Ristrutturare la famiglia, posticipando o evitando il matrimonio; alterare l’immagine della famiglia ideale; educare obbligatoriamente i bambini alla sessualità; incrementare percentualmente l’omosessualità”
Avrete notatola parola “obbligatoriamente”. Di fatto, è impressionante con quanta frequenza tali termini che invocano coazione, ricorrano nei testi dell’ideologia del “gender” e delle loro promotrici. Bisogna fare violenza alle donne e alle famiglie, per liberarle.
Judith Butler, alta esponente della filosofia lesbica, sostiene che è necessario “il controllo assoluto sulle famiglie, sull’educazione, sui media e sulle conversazioni private”. Capito? “Controllo assoluto”. Persino sulle “conversazioni private”: bel programma libertario. Stalin non avrebbe potuto dir meglio. Quanto ai media, le dichiarazioni di intenti dei gruppi femministi avviati a Pechino intimano agli autori televisivi, di cartoni animati e di testi scolastici quanto segue: “Non bisogna mai mostrare le donne come madri a tempo pieno o casalinghe, a meno che non si raffigurino come vittime di violenze, sociopatiche, o nelle vesti di fanatici religiosi”.
Notate il tono imperativo: “Non bisogna”. “Mai”. Per contro, secondo Shulamit Firestone (notissima esponente femminista, fino al giorno in cui si suicidò nel 2012) bisogna promuovere il “pansessualismo senza ostacoli. In cui la perversità polimorfa sostituirà l’etero, l’omo, la bi-sessualità”: da cui si vede con quanta naturalezza il programma totalitario femminista si colleghi alle”battaglie omosessuali”, alle “lotte di liberazione” sodomitiche, LGBT, che stanno chiudendoci nella loro gabbia totalitaria. Ciò serve, per la Firestone, a annullare “il tabù dell’incesto”.
“Il tabù dell’incesto serve solo a preservare la famiglia. […] Una volta eliminato il tabù dell’incesto, non ci sarebbe niente di male se un bambino avesse rapporti sessuali con la madre”: naturalmente, bisognerà forzare i bambini, condizionarli ad accettare questa liberazione dal tabù. A ciò mirano tutti i testi ONU, i programmi UE, le “riforme educative” mondialiste, e i progetti sovrannazionali che passano sotto la dizione (in neo-lingua orwelliana) di “diritti del bambino” . I “diritti del bambino alla sessualità” erano già invocati fra i “diritti umani” in una conferenza ONU del Cairo, nel 1994, sulla popolazione.
Abbiamo già visto la direttiva del Planned Parenthood, l’abortoio: “educare obbligatoriamente i bambini alla sessualità”, per convincerli che “gli esseri umani alla nascita sono psicosessualmente plastici”; così sono escogitate le nuove pedagogie che insegnano ai maschietti all’asilo a comportarsi da bambine, a recitare di “sposare” altri maschietti, gli Standards per l’Educazione Sessuale in Europa, emanati nel 2010 dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomandano d’ insegnare ai bambini di 4 anni “il piacere di toccare il proprio corpo”. Si punta al condizionamento dei bambini come cani di Pavlov. E’ violenza,come dimostrano le innumerevoli reazioni di bambini di questo tipo: “Mio figlio è tornato a casa e mi ha detto: il sesso fa schifo; parlandoci ho capito che era rimasto disgustato dalla spiegazione data in aula del sesso orale”.
Ma è ovvio che un regime totalitario così inaudito da imporre ogni perversione, patologia e vizio sessuale come “valore pubblico”, debba trattare l’innocenza infantile come uno spregevole residuo del passato, da stroncare corrompendo le piccole anime: nel che mostra la sua natura metafisicamente satanica . Il governo quindi insiste nel compito educativo di far superare il disgusto ai giovani: “Per le scuole superiori il MIUR e l’UNAR promuovono la visione di film di amore omosessuale guidati da kit didattici”. Tra i film ce n’è uno che insegna questo: “nel mondo gay funziona così, cioè prima si scopa e poi ci si conosce”.
Notate l’uso orwelliano delle sigle: MIUR sta per Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, UNAR è il noto istituto della presidenza del Consiglio il cui compito è segnalare e denunciare alla nuova psico- polizia, all’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori) , il corpo di polizia Ps e CC, i “reati” di omofobia o discriminazione.
Ricordiamo che quando lo Stato si mette ad applicare misure “contro la discriminazione”, si deve intendere “misure contro la libertà”, di opinione, di critica, di espressione: scopo repressivo pure e semplice. Ora, già il ministro berlusconiano Frattini ratificò nel 2010 la direttiva di repressione dei Ministri degli Esteri Europei “misure volte a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” che contiene già un invito a legalizzare la pedofilia (finalmente abbiamo capito a cosa serviva il “ministro” Frattini). La Fornero, del governo golpista-tecnocratico Monti, in qualità di Ministra delle Pari Opportunità, a Monti dimissionario, varò la “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere” [così avete capito a cosa serve il ministero Pari Opportunità] . Un progetto POLITE (Pari Opportunità nei Libri di Testo, sic) della Presidenza del Consiglio esige dalla Associazione Italiana Editori “la garanzia che nella realizzazione dei libri di testo e materiali didattici destinati alla scuola vi sia attenzione allo sviluppo dell’identità di genere , come fattore decisivo dell’educazione dei soggetti in via di formazione”
..Una successione di normative e decreti, spesso atti amministrativi (sottratti dunque alle “garanzie previste dal sistema giuridico per le fonti di diritto” ) che dobbiamo per forza accorciare. Arriviamo al ddl Fedeli, 2014, quando la allora vicepresidente del senato Valeria Fedeli dà le istruzioni per la “lotta ai pregiudizi”; il “disegno di legge Fedeli è assorbito in toto dalla legge di riforma della legge chiamata La Buona Scuola”, scrive la Frezza; e la Fedeli, fanatica ideologica del “gender”, è la ministra della Istruzione, senza titolo di studio, ma assolutamente titolata per attuare il programma totalitario di sovversione dei giovani nella scuola. Cosa si propone il ddl Fedeli? Lo dice la relazione preliminare:
“Eliminare stereotipi, pregiudizi, costumi, tradizioni ed altre pratiche socio-culturali fondati sulla differenziazione delle persone in base al sesso di appartenenza”.
Ancora il tono imperativo: “Eliminare”. E non solo “stereotipi e pregiudizi”, ma soprattutto “costumi e tradizioni”: la volontà totalitaria di sradicare la struttura storica e culturale, i fondamenti della stessa identità di un popolo. Allo stesso modo, i bolscevichi hanno provato per 70 anni di sradicare la cultura e le tradizioni russe a forza di pistolettate alla nuca e di GuLag. Decisamente i comunisti restano affezionati ai loro sistemi e progetti di creazione coattiva dell’Uomo Nuovo; pur essendosi messi al servizio del capitale internazionale, restano, si può dire, Fedeli ai vecchi metodi.
Non a caso in alcuni libretti destinati alle scuole, e commissionati dall’UNAR (di Spano, il cappottino arancio) il fatto di professare la religione cattolica “è enunciato in sé come grave sintomo di omofobia, da cui diffidare e a cui porre rimedio”. Prodromi di una stretta persecutoria che ha già la benedizione di El Papa “Francesco”: il quale nel documento Amoris Laetitia ha inserito un disprezzo della famiglia (definita “tradizionale” e spesso teatro di autoritarismo, in piena sintonia con la dittatura sodomita) e un elogio alle nuove “famiglie” nate “dall’amore”: chiarendo che la neo-Chiesa “non rimane” attaccata “a uno stereotipo della famiglia ideale bensì”, bensì si rallegra di “ un interpellante mosaico di realtà diverse” (AL, n.57). Lo sdoganamento clericale della perversione totalitaria.
Ma non cominci il lettore a dire che qui siamo mossi da moralismo e bigottismo cattolico. La nostra opposizione è morale e metastorica, ma anzitutto civile e politica; una lotta per la libertà contro l’oppressione. Perché sappiamo, con la Frezza, che il nuovo totalitarismo, con la “Buona Scuola” mira a formare, “ad uso e consumo dei padroni del vapore, torme di individui incolti e svirilizzati, privi del senso del sacrificio e dell’attitudine al combattimento, disabituati al dissenso e incapaci di affrontare il conflitto, esenti per mandato da ogni velleità speculativa e identitaria, concentrati sulla soddisfazione delle proprie pulsioni, […] senza finestre su quel patrimonio di esperienza e di pensiero che ha sempre legato le generazioni lasciando uno spiraglio aperto sull’uomo e la sua natura spirituale”: