Un pezzo magistrale di Andrea Cionci (speriamo insieme a lui)
Meloni, il premier sta dimostrando che non sarà una “draghetta”
“Modestia impareggiabile, dolcezza che innamora, gentil, buona, amorosa, il ciel l’ha fatta nascere, per far beato un cor”. Così descrivevano la giovane Norina al riccone anziano e sciocco Don Pasquale, nell’omonima opera buffa donizettiana. Direte: che c’entra Donizetti con la Meloni? C’entra, perché l’Opera offre un campionario di archetipi e il sospetto che il Signor Presidente del Consiglio stia facendo esattamente come Norina è un sogno goloso che fa venire l’acquolina in bocca. L’irresistibile personaggio lirico è il monumento alla donna furba che prima si atteggia a buonina, sottomessa, ingenuotta per farsi sposare, salvo poi scatenare l’inferno in casa al vecchio scemo che pensava di aver fatto l’affare. Tanti elettori di destra hanno votato FdI con un fiero mal di pancia per green pass e armamenti ucraini. «La Meloni è iscritta all’Aspen Institute!», il grido di battaglia dei duri e puri passati ai partitelli antisistema. Che poi, non molti sanno cosa sia esattamente questo Aspen, ma va bene uguale. Ed ecco cosa dichiarava, nel 2015, Giorgia Meloni: «Draghi difenderà l’Europa dei grandi capitali e delle banche, noi l’Italia di tutti coloro che restano schiacciati dall’arroganza del potere finanziario ben rappresentato da Draghi».
Continuità
Nel febbraio 2021, si era ammorbidita, ma definiva il governo del banchiere in piena continuità con quello di Conte e ancora popolato da incapaci. E oggi questo dovrebbe essere un “Draghi bis”? Mmm… Almeno a giudicare dalla virata di 180° del ministro della Sanità Orazio Schillaci su vaccini e mascherine, non si direbbe. Pensateci: secondo voi, Giorgia Meloni avrebbe mai potuto ricevere l’incarico dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella se avesse appena pigolato contro il dogma vaccinista e sull’appiattimento ultra-atlantista alla politica deep-Usa? Ai piani alti, non aspettavano altro che un pretesto minimo per passare il ruolo a qualche rassicurante comprimario.
Adesso, però, Giorgia-Norina si è fatta sposare dal Don Pasquale euro-atlantico-globalista: “Ora attendete agli ordini, che mi dispongo a dar” sembra di sentirla gorgheggiare con improvviso e spiazzante piglio da padrona.
E intanto, fuori uno: il Termidoro covidista è andato a gambe all’aria. Ora, la segreta speranza è che, con lo stesso traumatizzante, inaspettato cambio di atteggiamento, vada anche da Zelensky, che, in canotta, batte i pugni sul tavolo pretendendo una terza guerra mondiale per salvargli il Donbass. Il cliché aggressore-aggredito si è ribaltato: il piccolo ucraino viene a battere cassa con la stessa surreale arroganza di Carluccio Uomo di Ferro nel “Turco napoletano” di Scarpetta: “Don Pasquà, se domani sera non mi mandate i carri armati, qua succede il terremoto di Casamicciola!”.
Scudo iperatlantista
La speranza è che l’iper-atlantismo esibito negli ultimi tempi dalla Meloni sia stato, almeno in parte, uno scudo per non farsi “lepenizzare”, cioè infilare nel ghetto degli invotabili a prescindere anche dal centro destra. Il pensiero stupendo è che gli amoreggiamenti Berlusconi-Putin fossero una manfrina concordata in una strategia da poliziotto buono – poliziotto cattivo. Dice bene il generale Marco Bertolini, ex comandante del Comando operativo del vertice interforze e della Brigata Folgore, enorme risorsa di esperienza militare e geopolitica: «Se l’Italia si trovasse dentro una crisi sociale di proporzioni enormi, e in buona parte imputabile alla guerra, allora Meloni ne potrebbe tenere conto». Ecco, speriamo, perché la continuità con Joe Draghi in politica estera ci regalerebbe solo un diffuso Ground Zero italiano, economico o, peggio, geografico.