Il tedesco Die Welt ha dedicato un’analisi all’inasprirsi delle relazioni fra Atene ed Ankara. Le provocazioni turche contro la Gracia, consistenti per lo più in sconfinamenti su zone di territorio che la Turchia rivendica, si sono moltiplicate: l’anno scorso, navi da guerra turche sono entrate nelle acque greche duemila volte, ossia quattro volte più dell’anno precedente. I caccia turchi hanno violato lo spazio aereo 3.300 volte. Il 12 febbraio scorso una nave da guerra turca ha speronato un pattugliatore ellenico davanti all’isola di Imla, greca ma pretesa dai turchi; vero è che immediatamente il primo ministro turco ha Binali Yildirim ha telefonato al premier Alexis Tsipars per segnalare che si era trattato di un errore involontario; ma va ricordato che nel 1996 attorno all’isolotto di Imla stava davvero per scoppiare la guerra greco-turca. Allora furono gli Stati Uniti a dissuadere i due “alleati NATO”. Non è detto che gli USA di Trump sarebbero in grado di altrettanto oggi, dato l’ambiguo atteggiamento verso la Turchia, scheggia impazzita che persegue le sua politica neo-ottomana. Le relazioni con Atene di Ankara sono al gelo fisso da quando il governo greco rifiuta (2017) di consegnare otto ufficiali turchi che hanno chiesto asilo politico dopo il fallito colpo di Stato (di cui Erdogan ha accusato Obama e Fetullah Gulen) del 2016. Secondo Die Welt, Erdogan, nel suo progetto espansionista, sta osservando l’indebolirsi della Grecia. A causa della storica ed antica paura ed ostilità verso il pericoloso vicino, la Grecia mantiene forze armate eccezionalmente forti, sproporzionate alla sua potenza economica, ed Ankara non è da meno. Die Welt dice che le due nazioni insieme contano 830 carri armati, 450 aerei da caccia, 2500 veicoli militari;un conflitto armato produrrebbe gli effetti di una guerra vera.
La UE comincia a capire il problema, col consueto ritardo. Juncker ha invocato Ankara a giungere ad una pacificazione con la Grecia, dicendo (per l’ennesima volta) che un negoziato con Atene sarà la precondizione per l’entrata della Turchia nella UE. Una pallottola spuntata da anni, da quando Erdogan persegue il suo piano neo-ottomano, di espansione nel Medio Oriente (“conquista” di Afrin in Siria, distruzione della minaccia curda, competizione sul terreno con le forze americane) . Come nota Die Welt, oggi la Turchia è forte economicamente, mentre la Grecia si indebolisce, anzi è in bancarotta (immaginate per colpo di chi); la Grecia invecchia demograficamente, la Turchia è in espansione demografica. La Grecia non può permettersi di comprare nuovi armamenti, mentre Ankara ha notevolmente investito negli ultimi dieci anni, sviluppando specialmente, ma non solo, la marina.
Ben presto il sostanziale equilibrio di forze varierà, a favore della Turchia. Il governo turco assume atteggiamenti sempre più arroganti verso Atene. La settimana di Pasqua, Erdogan e i suoi dignitari sono andati a recitare un passo del Corano in onore dei “conquistatori musulmani” dentro Santa Sofia. Il gesto è percepito come altamente offensivo dal nazionalismo greco Hagia Sophia, insuperato esempio di architettura tardo-romana elevato dall’impero cristiano di Costantinopoli nel sesto secolo, è stato per secoli l’equivalente di San Pietro cattolico per l’Ortodossia. Adibita a moschea dopo la conquista islamica nel 1453, è stata “laicizzata” e trasformata in luogo museale dal regime laicista dunmeh di Ataturk. E’ ovvio che l’islamista Erdogan miri a farla ridiventare moschea.
Per i greci, la conquista di Costantinopoli è un ricordo di sangue. Ogni bambino impara a scuola che i conquistatori trasformarono le strade di Costantinopoli in fiumi di sangue, e tutto fu saccheggiato “dai più disumani barbari e più selvaggi nemici, della cristianità, dalle più ferocii delle belve”, come scrisse l’erudito Bessarione al Doge veneziano nel luglio 1453: “Il tesoro pubblico consumato, la ricchezza privata d distrutta, i templi sono stat spogliati dell’oro, del largenti, delle reliquie dei santi e tutti i preziosi ornamenti. Gli uomini sono stati macellati come bestiame, le donne prese, le vergini rapite, i bimbi strappati dalla braccia dei genitori”. Eventi che si sono ripetuti nei secoli, dove la forte minoranza ellenica è stata più volte minacciata. Come si il monaco Paisios dell’Athos, espressione del più puro irredentismo greco, ha profetizzato nel 1994 che Santa Sofiatornerà ai greci insieme a Istanbul tornata Costantinopoli – in una guerra mondiale che la Grecia non combatterà, limitandosi e ammassare le truppe al confine, ciò che tratterrebbe i turchi.
A questo proposito:
In caso di guerra alla Russia, gli italiani muoiono per primi
“La NATO teme che le sue forze non siano pronte ad affrontare la minaccia russa”: è il titolo di un articolo del Wall Street Journal scritto dal suo corrispondente militare da Bruxelles, Julian Barnes. L’articolo fa riferimento ad un documento di 26 pagine dell’Atlantic Council, “Meeting the Russian conventional challenge”- Effective deterrence by prompt reinforcement”
In questo studio si ripetono ed amplificano le note menzogne della propaganda occidentale sulla aggressività russa “fra cui il periodico uso della forza per occupare parti di Ucraina e Georgia; attacchi cyber e campagne di guerra dell’informazione [Russia Today e Sputnik News?] in USA, Francia, Germania, Estonia e Lituania [meno male che hanno dimenticato l’Italia, dove la propaganda di Putin ci ha fatto tutti vlotare M5S e Lega]; l’uso di strumenti economici, come la politica energetica sul flusso di gas naturale all’Europa; uso della forza a bassi livelli in Montenegro e Estonia [?]; e minacce di usare le forze nucleari. Il rafforzamento militare e il compimento di grandi manovre minacciose sono state parimenti elementi della campagna anti-occidentale della Russia”.
Di fronte a questa minaccia imminente, gli europei devono miglirare la loro “prontezza” e “preparedness” per “dissuadere ed eventualmente sconfiggere” la Russia. Nientemeno. Questo documento è solo uno dei numerosi studi, di orgine americana neocon, che tempestano le capitali europee perché “si preparino” alla guerra di Mosca, a cui non siamo abbastanza “pronti”. Come quello “studio” preparato dalla notoria American Enterprise (che ha gemmato al suo interno un Institute for the Study of Wr, Institute for Critical Threats Project) , a firma di Frederick Kagan (della nota famiglia) e Catherine Harris, in cui si dice che “le forze armate russe sono ben posizionate per lanciare senza preavviso una guerra convenzionale in Ucraina e una guerraa ibrida negli stati baltici, il contrario di quel che si aspettano i leaders dell’Occidente” . Lo stesso tono che l’American Enterprise usò per proclamare l’imminente minaccia rappresentata dall’Irak e per trascinare gli USA nella “Lunga guerra al terrorismo globale”.
Ma di questo lascio la lettura ai volonterosi.
http://www.atlanticcouncil.org/publications/reports/meeting-the-russian-conventional-challenge
Importa qui sottolineare che il WSJ publica una tanbella sulla “prontezza” al combattimento delle truppe europee, che ci attribuisce l’onore di avere più battaglioni massimamente pronti, entro 10 giorni.
Più dei francesi, più dei tedeschi. Non ho alcuna idea di quanto sia credibile questa tabella. Non vorrei fosse un altro dei servigi resi dal governo Gentiloni ai suoi padroni. E che in caso di guerra alla Russia, gli “alleati” ci dicano: “Cominciate voi che siete pronti. Fra un mese arrivano i tedeschi e poi i baltici”.
Macron sostituisce gli americani in Siria
Quanto ai francesi, non ci sono perché “impegnati altrove. Oltre che in Africa, anche in Siria. Dove l’annuncio di Trump che “lasciare la Siria perché se ne occupino altrri” corrisponde alla dichiarazione di Macron a favore delle milizie “democratiche” curde anti-Assad abbandonate alle forze turche. Si intuisce che Macron vuole sostituire gli americani: nella sua politica neo-napoleonica, il demente pensa dicondizionare a favore dei curdi la futura spartizione della Siria.
L’agenzia turca Anadolou, ha pubblicato una mappa dove ha mostrato le posizioni degli Usa e quuelle dei francesi, in un avamposto a trenta chilometri da Rakka, la ex capitale dello ISIS tanto caro all’Occidente. Si tratterebbe di un’ottantica di forze speciali .