di Siro Mazza
Gli Italiani sono perseguitati da accise (reintrodotte perché i soldi servono al guitto con problemi di dipendenze per mandare al massacro la sua gente), gas ed elettricità a livelli stratosferici, supermarket e negozi con costi da gioielleria e da un governo prono ai valori del padrone statunitense.
Eppure, forse in quanto dotati di stipendi a tre o quattro cifre, politici, intellettuali, giornalisti e persino esponenti dello spettacolo e star dei social (mi pare si chiamino influencer, assai più perniciosi del quasi omonimo morbo) si sgolano e si sperticano in roboanti dichiarazioni belliche, al caldo delle loro case in Ztl o negli studi televisivi dediti alle risse da pollaio.
Si ventilano “interventi sul campo”, se per caso i fondi di magazzino militare non saranno atti allo scopo, mentre il ministro Shrek allude a “più ampi arruolamenti”. Se si riferisce a mio figlio, dovranno solo provare a strapparmelo via.
Una cosa colpisce rispetto ad altri tempi, più nobili e seri dell’attuale (d’accordo, ci vuol poco). Un tempo chi voleva la guerra poi la faceva o ci mandava i propri eredi. Dal caporale dei Bersaglieri nelle Grande Guerra da lui sollecitata, i cui figli, nei conflitti successivi (Etiopia e Spagna) rischiarono la pelle (mentre il loro fratello Bruno ce la rimise pochi anni dopo), ad intellettuali come Berto Ricci, Niccolò Giani o Ernesto Massi. Per non parlare di Filippo Tommaso Marinetti, volontario in Russia (ecco, appunto!) a sessant’anni, cosa che lo portò alla morte, una volta rientrato dal terrificante, livido Fronte dell’Est.
Ecco, proviamo a immaginare le summenzionate categorie, nel caso in cui il nostro povero Paese venisse trascinato in un conflitto dagli sciagurati che ci comandano. Ve lo vedete il principe consorte (anzi, no, “compagno”) o i figli del sunnominato ministro o dell’Ignazio nazionale con la piuma nera sulla testa (no, non quella di Cochise, ma degli Alpini!)? E Gianni Riotta o il libero zio Fester saprebbero emulare le gesta di chi in precedenza ho citato? E potrei a lungo proseguire…
Il sunto di tutto ciò è dunque il seguente, argutamente suggeritomi da un caro amico di adozione fiorentina: chi vuole una nuova Armir, che la componga!
A costoro e a tutti i loro simili dedico questa poesia che il grande Trilussa nel 1916 vergò.
L’eroe ar caffè
È stato ar fronte, sì, ma cor penziero,
però te dà le spiegazzioni esatte
de le battaje che nun ha mai fatte,
come ce fusse stato pe davero.
Avresti da vedè come combatte
ne le trincee d’Aragno. Che gueriero!
Tre sere fa, pe prenne er Montenero,
ha rovesciato er cuccomo der latte.
Cor su sistema de combattimento
trova ch’è tutto facile: va a Pola,
entra a Trieste e bombarda Trento.
Spiana li monti, sfonna, spara, ammazza,
“Pe me – borbotta – c’è ‘na strada sola”
e intigne li biscotti ne la tazza.