“Ciò che ci minaccia non è l’eccesso di Europa ma la sua insufficienza”. Questa la frase-chiave – che originalità! – dell’articolo che Hollande ha firmato di suo pugno sul JDD (Journal du Dimanche). Ma non c’è luogo comune che il Budino si risparmi: la UE? “non c’è migliore invenzione per proteggere i nostri valori”. Coloro che la criticano sono “i populisti”, quelli che “vogliono tornare ai muri, i reticolati” perché “hanno paura del mondo”. La UE invece è “potenza al servizio dell’equilibrio del mondo”. Che cosa la blocca? “Gli egoismi nazionali”. Sulla Grecia “ha prevalso lo spirito europeo” grazie alla “qualità della relazione franco-tedesca”. E via così, intrecciando vacuità che sono anche menzogne: la crisi greca ha aperto una frattura franco-tedesca; gloriarsi di “preservare la pace” si può solo a patto di dimenticare l’aggressione alla Libia, l’istigazione alla guerra civile in Ucraina, la brutalità e l’umilaizione inflitta ai greci, l’adesione alle ostuilità americane verso la Russia…
Il testo di Hollande è così piatto, falso e intellettualmente nullo, che “ci si domanda se non sia scritto da uno stagista figlio di qualche oligarca europeo” (Laurent Herblay su Marianne). Ma il punto è che è stato scritto per il novantesimo compleanno di Jacques Delors e in suo onore, il che va inteso come un messaggio in codice: qui è la gran loggia eurocratica che parla. Delors dovrebbe sedere, o aver seduto, all’Eliseo o anche incoronato re laico della UE, non fosse stato per il suo ritrarsi a vita privata in relazione (si disse, voci mai confermate) allo “scandalo Dutroux” in Belgio, bambine rapite ed uccise da una rete pedofila fortemente copeta da poteri molto, molto forti.
Hollande procede alla beatificazione del personaggio: gli attribuisce, come ministro francese degli anni ‘80, “la politica contrattuale di redistribuire i frutti della crescita” (sic) e un “risanamento dei conti pubblici” (fu sotto Delors che cominciarono i deficit). Se è un messaggio a Schauble, è un richiamo a “tornare a Delors”, promotore di un’Europa che, mitologicamente, “non si può ridurre a regole, meccanismi e discipline”, che deve “redistribuire i frutti della crescita”.
La verità è il contrario speculare. Che la moneta unica senza unità politica provocasse disastri, fu pianificato e freddamente previsto da Delors e dal suo protetto, quel Padoa Schioppa (allora vice-direttore di Bankitalia) che nel 1987 stilò il saggio “Efficienza, Stabilità, Equità”: il professore vi prevedeva che l’unificazione monetaria avrebbe provocato “shock asimmetrici”, fughe di capitali dai Paesi deboli e altri disastri; benissimo, diceva, perché a un certo punto i governi, incapaci di rimediare ai guai, sarebbero strisciati in ginocchio a cedere i loro poteri sovrani alle élite sovrannazionali che sanno come dominare il caos. Jacques Delors, l’allora presidente della Commissione europea, ne fu così entusiasta da proporre Padoa Schioppa come segretario esecutivo della futura Banca centrale europea, e da voler scrivere la prefazione del rapporto.
“La liberalizzazione dei flussi di capitale diminuirà la capacità di controllare i contraccolpi esterni e interni”, si entusiasmava Delors: perciò, “per assicurare la stabilità, le economie nazionali dovranno essere più strettamente coordinate. Ciò significa che la Commissione Cee deve avere più poteri regolatori…controllare il bilancio globale…coordinare le politiche macroeconomiche. Per questo bisogna abolire il protezionismo”.
Su questa linea il Solenne C. Mario Monti ripete che “non si deve sprecare la crisi”: i disastri sono auspicati e voluti, servono a far avanzare l’Europa delle oligarchie bancarie e dei congiurati illuministi di cui Delors è Venerabile Maestro: la messa sotto controllo tecnocratico degli stati nazionali, per mezzo di politiche antisociali mai viste prima. Forse con una variante che i Venerabili del tempo non potevano prevedere: la necessità di condividere il potere tecnocratico con quello bancario-usurario. Il disegno di Monnet e Delors non prevedeva ancora il libero mercato globale, il liberismo totale non era ancora reso obbligatorio da trattati, il capitalismo finanziario terminale era ancora di là da venire, vigeva anche fra i tecnocrati un ideale dirigista-illuminista, la parte pubbluca dominava nelle economie del mondo “libero”, il “mercato” e i “mercati” parvero allora agli stessi congiurati del tutto dominabili dall’alto. Naturalmente, l’irruzione e il dominio dei “mercati” ha cambiato tutti i dati. Per questo la perorazione di Hollande ha rivela il lato “religioso” (pseudo-religioso, ovviamente) dei federalisti: è la vecchia Chiesa che non hac capito che tutto è cambiato, e ripete i suoi atti di fede contro la nuova Chiesa: quella per cui gli interessi dei creditori vanno perseguiti fino all’ultimo greco, anzi all’ultimo europeo.
Herblay nota “la debolezza incredibile della difesa degli euro-fanatici” che si rivela nelle sciatte, vacue e ripetitive righe di Hollande: è appunto la debolezza di chi s’è abituato tanto al “sacrificium intellectus” per mostrare la sua fede, da non aver più intellectus alcuno. Come i veri credenti di una fede sorpassata, i federalisti sanno trovare nelle smentite fattuali la conferma della loro credena. Vedete? I greci non vogliono uscire dall’euro, è segno che è un successo; la prova che ci vuole ancora più Europa. E’ stato così da quasi mezzo secolo. Hanno messo la finanze pubbliche in balia dei “mercati” (con i famosi divorzi fra banche centrali e Tesoro, prodotte in tutta Europa a un segnale convenuto)? Gli attacchi dei mercati alle monete giustificano, rendono anzi benefica, la moneta unica. La moneta unica provoca una crisi invincibile, assai più grave che quella che s’è vista in Usa e in Gran Bretagna? Gli stati (che hanno salvato le banche, per questo si sono indebitati) devono tirare la cinghia, rientrare dal debito, fare austerità. Adesso l’austerità sta strangolando i popoli? Per forza, occorre l’unione politica!
Sulla Grecia, ha il coraggio di scrivere Hollande, “lo spirito europeo ha prevalso. Ma non possiamo fermarci lì. Ho proposto di riprendere l’idea di Delors: del governo dell’eurozona e di aggiungervi un bilancio specifico, e un parlamento per assicurarne il controllo democratico”. Sono quasi una per una le stese parole usate qualche giorno prima dal “nostro” (loro) ministro, il lugubre Padoan: più Europa, gli stati dell’euro uniti sotto un governo unico, con un bilancio unitario e un parlamento per la “democrazia”…Vuol dire che hanno ricevuto la luce dalla stessa fonte, la (diciamo) Chiesa laica di cui Delors è il decrepito nume.
Vedremo se Schauble saerà impressionato da questo vecchio catechismo – lui che è dell’idea della nuova Europa, quella dove gfli stati sono chiamati “a sottomettersi o a dimettersi”, che appartiene apparentemente a un’altra parrocchia. Senza la Germania, il paradiso sognato dai federalisti Veri Credenti non si farà. La Merkel, già nel 2012, aveva dichiarato: “Finché io vivo, non ci saranno euro-obbligazioni”, ossia titoli di debiti messi in comune, quelli della Germania con Francia, Italia, Spagna, Grecia…la sola idea fa’ ridere. E la Merkel, in confronto a Schauble, è una raffinata e cedevole diplomatica. Berlino ha contrastato e limitato il programma di Draghi di acquisto dei debiti sovrani, giungendo allo scontro e al sabotaggiosotterraneo (la Bundesbank, nei mesi scorsi, faceva il contrario della BCE).
E adesso Berlino si fa’ consigliare dai “Saggi” , un consiglio di esperti economici…tedeschi, spuntato per miracolo, che dice: un paese che sia “non cooperativo in modo permanente” e incapace di far fronte ai suoi debiti, deve come ultima risorsa, abbandonare l’euro. I Saggi interpretano l’articolo 125 del Trattato di Lisbona come il divieto di un paese membro della UE di fare default; guarda caso, è ciò che pensa Schauble. Che, anzi, vuole un indurimento dell’articolo. Una revisione del trattato alla fine del quale ci sarà anche un meccanismo di risoluzione per gestire e finanziare le ristrutturazioni in maniera ordinata, in cui gli stati nazionali saranno soggetti a strette condizionalità.
E’ la risposta ai sogni illuministi di Hollande e (in tono minore) di Renzi. Certo, i Vecchi Credenti non abbandonano lo sforzo, stanno già attuando meccanicamente (come hanno sempre fatto ad ogni crisi) gli automatismi d’uso per fare “più Europa”: l’incarico a Monti per studiare l’eurotassa fa’ parte di questa meccanica. Hanno ancora molte leve in mano. Faranno danni ancora per molto tempo.
Londra accelera l’uscita
Il premier David Cameron, a sorpresa, ha anticipato al 2016 il referendum – programmato per il 2017 – con cui il popolo britannico dovrà deccidere se restare nella UE o no. Un po’ perché la sua popolarità è in ribasso (lui è europeista), ma molto – secondo il giornalista Neil Clark, intervistato da Russia Today – dopo aver visto il tratrtamento che hanno fatto subire alla Grecia. “La gente guarda e vede l’intimidazione che la Grecia ha subito dalla UE, che si riteneva essere per la democrazia. Il sostegno all’ìUnione Europea si riduce. Interessante il punto di vista della sinistra britannica: si son resi conto che la UE non è poi tanto progressista, al contrario; che distrugge posti di lavoro e livelli di vita dei lavoratori in tutto il continente”. Ora, il popolo di sinistra inglese è precisamente quello che, nel referendum, avrebbe votato per restare in Europa….Posizione molto indicativa, se si confronta con quella che ha tenuto la sinistra italiana, e non parliamo di quella francese, davanti alla brutalizzazione della Grecia – del governo “di sinistra” in Grecia. Reazioni zero, anzi “Più Europa”. La British Lef ha capito, almeno, che si deve svignarsela da questa prigione di popoli.
La cosa è abbastanza seria perché da Washington, Obama abbia preso il telefono per dire a Cameron di non uscire dalla Ue, l’America ha bisogno di un’Europa unita e del suo controllore britannico per interposta persona. Ovviamente Obama è lì per pochi mesi ancora.