di Roberto PECCHIOLI
Disse Gilbert K. Chesterton che l’uomo, quando smette di credere in Dio, non è che non crede più a nulla: al contrario, è disposto a credere a tutto. Il creatore di padre Brown sarebbe stupito di trovare conferma alle sue intuizioni nel presente scettico, secolarizzato e relativista. Davvero, crediamo a qualsiasi sciocchezza, purché “nuova” e ripetuta allo sfinimento. Si afferma giorno dopo giorno una figura nuova, il credulone universale che non sappiamo definire se non come “affermazionista” – o affermativo, per non torturare la lingua italiana- in opposizione al negazionista, l’orrendo personaggio creato dal conformismo dominante. Il negazionista somiglia a Emmanuel Goldstein, l’arcinemico di 1984 e più ancora a Mefistofele, “lo spirito che sempre nega”, intento a rubare le anime belle per traviarle dalla Verità impartita dall’alto.
La lingua di legno ha risorse infinite. Negazionista, passibile di dure condanne penali,
finora era chi metteva in dubbio la ricostruzione storica dell’Olocausto. Dal 2020 è
diventato “negazionista”, un malvagio dalla personalità disturbata, chiunque non sia
d’accordo con il confinamento e le altre misure assunte nei confronti del contagio da
coronavirus. Da qui il nuovo vocabolo si è trasferito nell’ambito di qualunque dissenso
rispetto alla versione ufficiale di un fatto. Esiste una sottospecie di negazionista ancora più
stupido e ridicolo, il “terrapiattista”, un signore che presta fede a idee o principi
palesemente infondati, come la strampalata opinione di non credere alla sfericità dei
pianeti. Agli inizi del Novecento si aggirava per la provincia lombarda l’ultimo dei
“terrapiattisti”, Giovanni Paneroni, che spiegava le sue teorie in un memorabile volantino:
“la terra l’è minga tonda, o bestie, sennò in Congo che è sotto pioverebbe all’insù!” La gente
rideva del buon Paneroni, che oggi sarebbe considerato un diffusore di Fake news.
Il fatto è che il potere vuole l’esclusiva. Nessuna opinione, notizia o versione è più ammessa
se non proviene dai santuari della Verità politicamente corretta. I dissidenti non sono
degni di parlare, probabilmente non sono neanche persone umane: terrapiattisti da avviare
al TSO, trattamento sanitario obbligatorio. Poveri stupidi? No, canaglie in malafede da
deridere e espellere dal consorzio civile. Tuttavia, la verità non ammette aggettivi, tanto
meno può essere “ufficiale”. Il negazionista è chi la pensa diversamente: un idiota
spregevole, malintenzionato e in cattiva fede.
Si infoltiscono le quadrate legioni dei creduloni, degli yesmen, degli “affermativi”, coloro
che fanno propria all’istante ogni idea diffusa dall’alto e ne diventano partigiani devoti e
intolleranti. D’altronde, come si possono tollerare i negazionisti, accaniti diffusori di
nefandezze e “discorsi di odio “? Distinguere l’odio è semplicissimo: è nel ghigno di chi
dissente. L’affermativo non odia, è riflessivo, serio, progredito e civile. Quando parla,
distilla gocce di Verità: è il Cacasenno postmoderno. Logico che si inquieti – santa
indignazione! – per gli spropositi altrui carichi di odio.
Affermativo è chi dice sì al potere. Una volta lo si sarebbe definito leccapiedi, ruffiano o
filisteo, ma il progresso avanza e le parole cambiano. Egli afferma; ogni sillaba suggerita
dal potere è accolta come conquista individuale nel pantheon del suo cervello emancipato e
civilizzato. Un affermativo isolato è soltanto uno yesman, ma centomila diventano una
forza storica. La differenza rispetto al passato, una schiacciante vittoria della modernità, è
che costui, leccapiedi e conformista, è convinto del contrario, si considera originale,
anticonformista e persino trasgressivo. Si muove in maschera intruppato in un bizzarro
gregge individualista che segue docile il pastore. Il belato di massa vuol dire sì.
La sua figura non è nuova. Il capostipite, l’eroe eponimo è il dottor Pangloss, esilarante ma
serissimo personaggio di Voltaire. Pangloss, precettore di Candido, è solennemente
convinto di vivere nel migliore dei mondi possibili. La sua scienza, la metafisico-teologo-
cosmologo-stoltologia è la dottrina unica, onnicomprensiva degli affermativi. Recitano
ogni giorno con pensieri, parole e opere il credo di Pangloss: “le cose non possono essere in
altro modo che come sono. Ogni cosa è fatta per lo scopo migliore. I nostri nasi sono fatti
per portare gli occhiali. Le gambe sono chiaramente fatte per portare le braghe, e noi le
portiamo.” Alleluia, brava gente.
Nella nostra infanzia era diffuso un oggetto perfettamente inutile: raffigurava un cane a cui
dondolava costantemente la testa in segno di approvazione. Il “cagnolino che faceva sì”
troneggiava nei cruscotti delle automobili e nessuno seppe mai che cosa significasse. Oggi
ne circolano milioni di esemplari in forma umana. Molti appartengono alla categoria di chi
prende per oro colato le opinioni di persone famose o popolari, i tuttologi contemporanei.
Sia che la Ferragni, Alba Parietti o altri pontifichino sul cambiamento climatico, il fascismo
risorgente, le vaccinazioni, il virus, l’immigrazione o la moda di stagione, vengono ascoltati
come oracoli, inondati di “mi piace”. Qualche furbastro/a si è addirittura inventato una
nuova professione, l’Influencer, un tizio che con gesti, parole e comportamenti, influenza,
ossia dirige e forma l’opinione, il consumo e la condotta altrui. Uno strizzacervelli senza il
lettino del dottor Freud. Proprio vero che la modernità è il regno del superfluo e la tomba
del necessario.
I devoti del progresso, suggestionabili, creduloni, sono gli affermativi migliori. Parlano con
voce altrui, ignari ventriloqui del potere, discettano su qualsiasi argomento, specie quelli di
cui sanno meno di nulla, strologano, giudicano e, invariabilmente, affermano ciò che
conviene al potere. Vomitano come pappagalli i luoghi comuni e le fandonie che
interessano chi comanda. Se un attore conosciuto, con aria pensosa e fronte leggermente
corrugata – non troppo altrimenti rovina il look – dice la sua sul virus o il riscaldamento del
pianeta, è Vangelo per milioni di persone. Ieri “benpensanti”, sempre non pensanti.
Gli affermativi, forti delle dichiarazioni di politici, giornalisti, esperti di varia umanità,
scienziati veri e sedicenti influencer a contratto (la paga è buona, il lavoro facile e la
carriera sicura) sono certissimi, ad esempio, che il Covid 19 sia una piaga dovuta a
sfortunate malattie di certi pipistrelli cinesi e guardano con commiserazione chiunque
afferma che il virus sta consentendo vasti esperimenti di biopolitica e ingegneria sociale.
Approvano entusiasti i provvedimenti più inutili, arbitrari e irrazionali. Credono senza se e
senza ma nei “diritti”, ma non obiettano alcunché, anzi sono i più accesi sostenitori di
misure che negano in radice le libertà più elementari e concrete. Sono gli stessi di
“#andratuttobene” e subito dopo del catastrofismo più dissennato.
Diventano negazionisti solo per il tempo di rigettare le tesi dei cialtroni secondo cui il
contagio è diventato l’alibi di governanti e poteri forti sociopatici per devastare la vita e
l’economia, condannando alla disoccupazione milioni di persone, favorire l’egemonia delle
grandi corporazioni transnazionali e cambiare in profondità il modo di vivere, essere e
pensare. I “superiori” lo hanno ammesso a Davos e lo scrivono apertamente nell’Agenda
2030 dell’Onu, ma è tutto e sempre per il nostro bene, nel migliore, anzi l’unico, dei mondi
possibili: esempio magistrale di metafisico-teologo-cosmologo-stoltologia. Tornano di
colpo affermativi per sostenere le manipolazioni, le mezze verità e le menzogne sulla
moneta, il potere finanziario, il dominio tecnologico, l’UE, la sovranità perduta (è per il
nostro meglio, spiegherebbe Pangloss e Candido- nomen omen- gli crederebbe), sul sesso
che diventa “genere” e non è “binario” , nonché su mille altre post verità.
Pangloss sarebbe un forte assertore dei vaccini: non una terapia sperimentale di cui
ignoriamo gli effetti collaterali e ancor meno eventuali controindicazioni di lungo periodo,
ma la fulminea risposta del progresso e della scienza a un incidente di percorso che ci
renderà più forti. Roma risorgerà più bella e superba che pria, affermava Nerone dopo
l’incendio, nel geniale pezzo di bravura teatrale di Ettore Petrolini dedicato al potere e alla
credulità popolare.
Se gli affermativi pensassero, azione fortemente sconsigliata, temuta quanto il contagio,
dovrebbero confrontarsi con il loro spirito subalterno e con l’evidenza della sottomissione
servile alle parole d’ordine ricevute. Sono gli autentici negazionisti, che, al riparo del
gregge, rinunciano alla nefasta mania di pensare. Per loro essere conformisti sotto l’ala
paterna del potere è un’aspirazione gregaria, la penosa necessità di cercare protezione e
falsa sicurezza in comportamenti tribali. Non vi è nulla di più tribale che accettare
spensierati le versioni ufficiali senza sottoporle a giudizio critico, additando come nemici
coloro che osano metterle in discussione, sino alla delazione più disgustosa.
Credono a tutto con una costanza degna di miglior causa. La rinuncia al pensiero è grave,
ma si prova pena per masse cretinizzate alle quali è riservato un bombardamento
mediatico, educativo, sociale enorme: affermano, annuiscono per coazione a ripetere.
Conosciamo qualcuno sinceramente convinto che la banche facciano l’interesse dei
depositanti: lo dicono eminenti giornalisti, serissimi uomini politici e gli onnipresenti
“esperti”. Anche la DAD, didattica a distanza, ha molti sostenitori; il telelavoro è una
splendida opportunità, ma che vitaccia per un famiglia con due figli in DAD e i genitori in
smart working. Smart, cioè furbo, è ciò che piace a chi comanda. Lo svuotamento della
materia grigia non permette di riflettere. E’ certo smart, per gli affermativi, un futuro
ozioso da assistiti con reddito di cittadinanza, da spendere con carta di credito fornita dal
sistema, utilizzabile solo per le spese consentite dal potere, pena il blocco della magica
card.
Sterminato è l’esercito degli adoratori degli “esperti”, dispensatori di consigli che non si
possono rifiutare, che si atteggiano a sapienti anche sui temi estranei alla loro conoscenza
parcellizzata e parziale. Non si crede più in Dio, ma solo nella scienza. Tuttavia, è sempre
più comune l’imposizione non di postulati, ma di asserzioni indimostrate, tra le quali
spicca il mito del progresso e una vera e propria superstizione favorevole all’uguaglianza –
o meglio all’equivalenza-indifferenza – che trova una formidabile eccezione nell’unica
disuguaglianza davvero odiosa: l’enorme disparità di reddito tra alcuni – i pochissimi
straricchi – e la schiacciante maggioranza. Per gli affermativi c’è una ragione: se non hai
successo, è colpa tua, non sei stato abbastanza bravo – cioè cinico, amorale, spietato- nella
competizione che, da Darwin in poi, è un aspetto della “lotta per la sopravvivenza”.
Bisogna ammettere che i suggeritori sono assai convincenti: chi nega, dubita o vuol vederci
chiaro è un complottista, in un mondo in cui tutto è reso semplice come il rasoio di Occam.
La spiegazione proveniente dall’alto è tanto chiara e pronta all’uso che deve essere per
forza quella giusta. Pangloss ha lasciato molti allievi, candidi come Candido. La natura è
diversità e leggi immutabili, ma se il Titano postmoderno non è d’accordo, così sia. La
maternità diventa un costrutto sociale anche se a partorire è l’esemplare femmina della
specie; il matrimonio non è l’unione tra uomo e donna; l’utero in affitto è un atto di
generosità; non esistono padri e madri, ma genitori numerati, non necessariamente due
come in biologia (natura è parola vietata agli affermativi). Sconcerta che non si chiedano
mai per quale motivo a nessuno è venuto in mente, per migliaia di anni, di pensarla come
oggi è diventato obbligatorio. Sbagliamo, è elementare: il progresso ci ha tratti dall’oscurità
e dalla barbarie, quindi tutto ciò che si credeva ieri è destituito di valore per manifesta
inferiorità. La luce ha finalmente sconfitto l’ombra, gli antenati sono un fardello di cui
liberarsi con vergogna.
Così dicono in alto, nelle università, nella cultura, in televisione, nei giornali, al cinema,
nell’inesistente “comunità internazionale”, la persona collettiva che ha elaborato l’Agenda
2030 per renderci più felici, più uguali, più tutto. Conviene crederci, e infatti la Tv di Stato,
in coda alla pubblicità commerciale, trasmette un insopportabile pistolotto in cui il magico
mondo nuovo viene presentato con toni enfatici e millenaristici. No, nessun
indottrinamento, nessun lavaggio del cervello. E’ corretta informazione a uso dei sudditi, i
fortunati cui è capitato di vivere nel migliore dei mondi possibili nel tempo più colto,
razionale, intelligente e progressivo.
Basta crederci, è comodo e rassicurante. Più di ieri, meno di domani, come le promesse
degli innamorati. Non c’è effetto senza causa, tutto è necessariamente concatenato e ha per
fine il meglio, insegnava Pangloss, aggiungendo: “guarda il mondo con occhiali rosa o
magari arcobaleno così da vedere il mondo giusto nei propri colori. “Infatti la bandiera dei
Buoni, dei Giusti e Affermativi è arcobaleno. Emblema di un nulla pomposo e ottimista,
simbolo dei felici cittadini del mondo, soldatini dell’esercito del bene. In fondo, beati loro
che ne sono persuasi e vivono sereni come gli animali sicuri della pastura.
Nulla di più falso di quel che disse Amleto (un negazionista convinto che ci fosse del
marcio in Danimarca): ci sono più cose in cielo in terra, Orazio, di quante possa
comprenderne la tua filosofia. Filosofia? Che cosa è mai, se non la sterile pretesa di capire
e pensare, perfettamente inutile alle generazioni con la “pappa pronta” per le quali
riflettere è un faticoso esercizio che distoglie dal consumo, dallo smartphone e dal
chiacchiericcio social. La verità esiste, è quella proclamata ogni giorno a reti unificate: il paradis degli affermativi