I padroni della “legalità”.

                                                              di Roberto PECCHIOLI

La magistratura non deve rispondere a opinioni correnti perché è soggetta solo alla legge. I componenti laici [del CSM] sono eletti non perché rappresentanti dei singoli gruppi politici, di maggioranza e di opposizione, ma perché dotati di specifiche particolari professionalità. Sono queste alcune delle ultime esternazioni di Sergio Mattarella, presidente della repubblica italiana.

I più anziani ricorderanno Gilberto Govi, il grande attore dialettale genovese. Nella sua interpretazione più nota, I maneggi per maritare una figlia (nessun riferimento a manovre di potere in Italia!) pronuncia più volte, con la sua mimica irresistibile, una battuta che divenne proverbiale: ma che burlone!   Si ha la tentazione di attribuire al sobrio politico palermitano la qualifica di burlone, tanto le sue dichiarazioni sono lontane dal sentire comune. Scartata l’ipotesi che Mattarella, persona serissima fin dall’aspetto, sia un fine ironista, o semplicemente parli per dovere d’ufficio, pedagogo di un’educazione civica per scuole medie, resta l’amarezza di sentirci estranei alle istituzioni che, da patrioti, vorremmo amare.

No, Mattarella non è affatto un burlone; egli rappresenta al massimo livello chi possiede lo Stato, ne fa le leggi e ne determina l’interpretazione. Impugna l’arma della legalità per difendere il sistema vigente di cui è espressione da almeno quarant’anni, erede di un’importante famiglia di politici. Il problema è che quella da lui presieduta è purtroppo la repubblica dei valvassini. Messa in soffitta l’indipendenza nazionale dopo il 1945, abbiamo via via ceduto altri pezzi di sovranità ad una catena di comando al cui vertice stanno le oligarchie economiche e finanziarie protette dalle armi americane ( l’Impero). I vassalli sono i banchieri centrali e i dirigenti (CEO) delle imprese multinazionali, i valvassori europei i vertici delle istituzioni dell’UE alleati con i gruppi dominanti dei paesi guida, la Germania per il suo ruolo industriale, la Francia come residuo di potenza politico militare e come forza coloniale in Africa.

A noi, a partire dal capo dello Stato, non resta che il ruolo di valvassini. Altri presidenti, come Ciampi e Napolitano hanno esercitato la funzione con ampiezza di poteri conferiti dai livelli più alti della catena. Mattarella, più mite e riservato, di scuola clericale, si limita a ricordare agli italiani recalcitranti e in primis al fastidioso esecutivo in carica entro quali ristretti limiti possa agire, dopo decenni di servilismo e spoliazione, qualunque governo, anche più forte e risoluto di quello, assai balbettante, del professor Conte.

Non a caso, egli ha ricordato, con un inconsueto intervento durante la formulazione della legge finanziaria l’obbligo costituzionale del pareggio di bilancio. Lo “impone la Carta”, frase totem e tabù, feticcio indiscutibile, Corano laico da brandire contro gli infedeli. E’ vero, la Costituzione, con la prolissa modifica dell’articolo 81, restringe enormemente la portata dell’azione governativa. Si omette di ricordare che non fu quella la volontà dei costituenti, ma l’imposizione delle centrali politico finanziarie europoidi. Il pareggio di bilancio è l’espressione di una precisa ideologia economica, il monetarismo, declinata come cornice inderogabile. Ordoliberismo: il liberismo iniettato negli ordinamenti. Quella è la legalità che dobbiamo rispettare, anzi condividere e amare e che Mattarella esorta a mantenere.

Alcuni ritengono l’articolo 81 non compatibile con l’impianto generale della costituzione. Se fosse vero, noi saremmo guidati da una costituzione in contrasto con se stessa nei principi fondamentali ed economico-sociali. Niente paura. A custode della legalità costituzionale abbiamo una Corte i cui membri non sono affatto uomini e donne di parte. Infatti, tra i presidenti del recente passato, annoveriamo un ex ministro della giustizia di centrosinistra, Giovanni Maria Flick, attuale avvocato di Autostrade/Benetton, e tra i membri in carica spicca Giuliano Amato, ex ministro, ex presidente del consiglio, componente italiano del gruppo che scrisse il Trattato di Lisbona, l’illeggibile cosiddetta costituzione europea. Tutti nominati esclusivamente per le loro preclare virtù e non certo per appartenenza a partiti, circoli di potere o gruppi di pressione.

Miss Italia è stata eletta in quanto la più colta e intelligente delle partecipanti, le cene eleganti di Arcore erano un cenacolo di fidati consiglieri del principe Silvio, la Juventus ha comprato Ronaldo per il suo taglio di capelli scolpito. Giungiamo al punto. Indipendentemente dal presidente della Repubblica eletto dal parlamento per anni sette, esiste o non esiste uno “Stato profondo” che rappresenta il terminale fiduciario di un potere sovraordinato? La risposta è sì. Lo ha spiegato (ingenuamente?) Rocco Casalino, passato dal Grande Fratello a portavoce del primo ministro, allorché è sbottato contro l’alta dirigenza pubblica che boicotta attivamente ogni azione del governo, lo conferma l’elezione di un deputato in carica del PD, David Ermini, a vice presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ne è prova la composizione della Corte Costituzionale (i giudici restano in carica per ben nove anni) e le stesse dichiarazioni finali del vice presidente uscente del CSM. Legnini, ex sottosegretario di governi a guida PD ha apertamente invitato a boicottare ogni legge sull’immigrazione in base alla norma costituzionale sul diritto d’asilo. Questa è la legalità della quale siamo prigionieri.

Per questo siamo stati tentati, per un breve attimo, di definire una burla (riuscita, come il titolo di un’opera letteraria di Italo Svevo) alcune dichiarazioni del Capo dello Stato. La sensazione è che si confonda l’essere, la realtà, con il dover essere, che impone un’imparzialità e un’indipendenza che milioni di italiani non riescono a vedere. Forse perché sanno per esperienza diretta che non solo l’alta dirigenza e le massime cariche degli organi di garanzia, orgoglio degli Stati demoliberali (check and balance), sono espressione diretta delle varie famiglie del potere, ma che identica situazione vale per funzioni infinitamente più basse. Qualcuno crede sul serio che i dirigenti sanitari, i responsabili degli uffici periferici del fisco e degli altri organi governativi, militari, civili, amministrativi, siano sempre “dotati di specifiche particolari professionalità”, per usare il lessico presidenziale, e siano modelli irreprensibili di equilibrio, estraneità a gruppi di potere, imparzialità?

Non è diverso a Bruxelles nelle carriere di una burocrazia ricca di privilegi, autolegittimata, autoreferenziale. E’ tutto rigorosamente legale, come legalissimo è l’intero impianto delle normative europee, il mitico “acquis” comunitario che diventa immediatamente legge scavalcando governi, parlamenti, opinioni pubbliche e costituzioni. Nella nostra è scritto che la sovranità appartiene al popolo. L’inghippo sta nel rigo successivo, allorché si precisa che il suo esercizio avviene “nelle forme e nei limiti” della Costituzione stessa. Dunque, pareggio di bilancio imposto dall’oligarchia nella disgraziata stagione di cui non vediamo la fine, nessuna sovranità monetaria, poiché l’euro è di proprietà della Banca Centrale Europea (lo hanno ammesso a denti stretti, sollecitati da un’interrogazione del deputato Borghezio), la supremazia del diritto comunitario e le legislazioni imposte a colpi di trattati.

Le deroghe alla sovranità sono divenute regola, benché la costituzione (art. 11) le ammetta esclusivamente [ai fini di] “un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le nazioni.” Parole, evidentemente, ma chi ha in mano lo Stato, decide l’interpretazione delle leggi. Sergio Mattarella era il vice di Massimo D’Alema al tempo del bombardamento italiano sulla Serbia. Il primo comma del medesimo articolo 11 è categorico: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.” Niente paura, è tutto legale: si trattava di un’azione umanitaria di polizia internazionale, non certo di una guerra, le bombe sganciate su una nazione europea storicamente amica furono semplici danni collaterali.

La morale è semplice: hanno sempre ragione “loro”, i proprietari della legge, a noi resta un unico compito: spettatori paganti e plaudenti. Perciò si inquietano tanto se qualcuno, magari un governo dotato di maggioranza parlamentare e consenso popolare non si comporta come vogliono i mandanti di lorsignori.  Se non ci piace, meglio non lamentarsi. Sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale, cantava Enzo Jannacci su testo di Dario Fo. Ma siamo in democrazia, perbacco, non può aver avuto ragione un incallito comunista come il commediante varesino: la nostra è una società aperta, tutti gli organi pubblici sono formati dagli italiani migliori, dediti anima e corpo al nostro servizio.

Il potere inganna i popoli da sempre, ma la nostra è la prima epoca in cui non solo afferma di agire per nostro mandato e in nome della democrazia, ma pretende che noi siamo persuasi che tutto è per il nostro bene. Ricordate Mario Monti? Lo presentarono come il salvatore dell’Italia; fu nominato in gran fretta senatore a vita, un istituto che ben rappresenta il principio feudale tuttora vigente e ci salvò, eccome se ci salvò. Fu una straordinaria stagione per lo Stato profondo, che tornò più potente che mai. Del resto, non era stato scalfito da Berlusconi, tutti mantenevano i loro posti.

La spiegazione è nel senso delle parole di Mattarella: lorsignori e signore sono al servizio esclusivo del popolo in quanto ottimati, i più capaci e preparati. Lasciamoli lavorare in pace, giacché tutto funziona alla perfezione e chi lo nega è un populista, un reazionario, un fascista, un comunista, un nemico della santa democrazia.

Tutte le carte del mazzo, jolly compresi, sono in mano a costoro. Non riusciremo a imporre una repubblica nella quale il capo dello Stato sia scelto da noi, responsabile in prima persona come tutti gli altri detentori protempore di cariche pubbliche, né che le istituzioni di garanzia siano attribuite per sorteggio tra i cittadini in possesso delle necessarie competenze. Non saremo in grado di restituire verità a una costituzione stravolta da rimaneggiamenti e interpretazioni interessate, sottraendo il monopolio alle caste che se ne fanno scudo e la usano come arma politica nel nome della “loro” legalità. I valvassini sono potenti e implacabili, dietro una facciata di tolleranza e democrazia. Del resto, anch’essi hanno paura: non temono la nostra collera, che hanno dimostrato di saper controllare fino a volgerla a proprio favore, ma il giudizio severo dei loro padroni valvassori, vassalli, conti e marchesi del nuovo feudalesimo al servizio dell’impero globale del denaro. Loro sì, padroni di tutto, possono spazzarli via senza fatica. Possiedono tutti i mezzi, determinano tutti i fini. Ai valvassini il compito ingrato di farci credere qualunque menzogna, a partire dalla più colossale, che la sovranità ci appartenga.

Il paradosso, nascosto dall’informazione asservita, sta negli autori di uno striscione che ha accolto Sergio Mattarella in una visita istituzionale. Il testo era quello dell’articolo 1 della Costituzione, la sovranità appartiene al popolo. Gli autori? Pessimi soggetti, militanti di Casapound. Fascisti impuniti, biechi provocatori nemici della repubblica democratica? Che burloni, avrebbe detto Gilberto Govi roteando gli occhi e atteggiando il volto mobilissimo di fronte agli spettatori paganti.

ROBERTO PECCHIOLI