Immancabile, la Procura di Roma indaga su quelli che a Torre Maura hanno protestato con violenza contro lo scarico, nel loro quartiere, di 70 zingari. Ha posto l’aggravante dell’”odio razziale” come movente.
Nelle stesse ore, è apparsa la foto di un personaggio attivamente pro-immigrati.
Il figlio di Tria. Era secondo skipper della barca a vela-civetta che accompagnava la Mar Jonio di Casarin e soci, finanziata da Banc Etica e vari Fratoianni. La vela, alta sul mare, serviva a rendere visibili ai clandestini nel gommone la nave-soccorso. Rimasto solo al largo, lo yacht è arrivato a fatica a Lampedusa, riferisce la Verità.
Quel che importa è come lo vediamo nella foto: bello, palestrato, palesemente ricco.
Le cronache non ci restituiscono invece le foto di Niccolò Ciappini, il figliastro del ministro Tria, figlio della seconda moglie Maristella Vicini; ma possiamo giurare che avrà l’aspetto ricco . Questa è la jeunesse dorée . Il ragazzo di cui le cronache ci narrano come sia stato assunto nel gruppo Tinexta da Pier Andrea Chevallard amministratore delegato della medesima, nonché “compagno” di Claudia Bugno, la consulente che Tria vuole assolutamente al suo fianco perché non sa privarsi della sua preziosa professionalità, comprovata nella presenza della brillante professionista nel consiglio d’amministrazione di Banca Etruria (a fianco di papà Boschi) durante il crack (Bankitalia, non conscia delle sue alte qualità, l’aveva multata per 121 mila euro), poi alla vicepresidenza Alitalia da cui se n’è andata perché l’ex commissario Luigi Gubitosi non la voleva più lì».
Se aggiungiamo che la figlia dell’ex ministro Padoan, Veronica, è ricordata per aver capeggiato la rivolta degli immigrati senza documenti sbarcati e offerti allo sfruttamento del caporalato di Rosarno, possiamo concludere che i militanti dell’accoglienza, che schifano i razzisti di Torre Maura, appartengono alla speciale categoria dei Ricchi di Stato.
Una categoria tutta italiana. I ricchi esistono ovviamente in ogni parte del mondo, anche miliardari, ma sono dei privati a capo di imprese private.
All’estero, lavorare per lo Stato, anche ai vertici, non rende ricchi. Qui sì, come ha mostrato un recente servizio di Milena Gabanelli.
Questa dei ricchi di Stato è una categoria speciale. Non devono lottare per sopravvivere, non devono competere, non conoscono la precarietà del lavoro come il resto degli italiani. Cadono sempre in piedi, come dimostra il caso di Claudia Bugno: cacciati da una partecipata, vengono assunti da un’altra e ai vertici.
Il caso ancor più notevole è quello di Maria Cannata, la dirigente altissima che per 17 anni ha gestito il debito pubblico italiano contraendo derivati con Morgan Stanley in modo così abile, che secondo la Corte dei Conti ha concorso a creare un danno allo Stato da 4,1 miliardi di euro , ma che secondo le stime di Luca Piana de L’Espresso, nel tempo, tra il 2016 e il 2021 le perdite saranno 24 miliardi.
Processo? Prigione? In qualunque altro paese, non nell’Italia dei Ricchi di Stato. La Cannata è uscita dal Tesoro solo per godersi la profumata pensione che spetta tali pubblici dirigenti. Anche perché sarebbe ingiusto prendersela con la dottoressa Cannata, e non “il suo predecessore Vincenzo La Via e gli ex direttori del Tesoro Domenico Siniscalco, poi passato alla stessa Morgan Stanley, e Vittorio Grilli, ora a Jp Morgan”.
https://www.lettera43.it/it/articoli/economia/2018/02/16/derivati-stato-italia/217902/
Per livello di emolumenti senza confronto con quelli del settore privato, per impunità e intoccabilità, per la rete di relazioni utili che hanno intrecciato attorno a sé e nel loro ambiente per i loro rampolli, questa corrisponde perfettamente alla definizione di una oligarchia. Mantenuta da denaro pubblico.
Questa oligarchia è, vediamo, militante dell’accoglienza senza limiti di tutti i clandestini che arrivano dall’Africa; perché tanto, poi lo scarica a Torre Maura e simili quartieri, sulle spalle di quei razzisti che, se hanno un lavoro, prendono sul migliaio di euro. I fortunati, perché c’è anche la donna di 88 anni che racconta: “Viviamo in questo appartamento comunale da 41 anni . Prendo 600 euro di pensione al mese, il soffitto del bagno mi sta per crollare in testa. Quando chiamo il Comune, mi tengono in attesa un tempo infinito e ora mantengono questi rom“.
Naturalmente hanno contro i giornalisti, che sono per l’accoglienza in quanto appartenenti alla casta dei Ricchi di Satto – almeno quelli della Rai TV.
Essi, molto ricchi, hanno trovato rivoltante che i nazifascisti razzisti diTorre Maura da 600 euro almese o disoccupati, hanno calpestato il pane destinato dal Comune agli zingari. Sono pieni di buoni sentimenti progressisti; essere di sinistra, in Italia, esige un certo reddito, l’appartenenza a una certa rete oligarchica privilegiata
Chi ha calpestato il pane ieri notte a #TorreMaura, per giunta gridando “#zingari dovete morire di fame”, ha compiuto un gesto sacrilego che tormenta le coscienze di tutti noi #Roma #Rom
Hanno contro anche i giudici, che prendono, fra annessi a connessi, 145 mila euro annui, abbastanza da non sentire la durezza del vivere e poter coltivare sentimenti umanitari riguardo ai ROM. Dunque giudici che incrimini per odio razziale gente che spacca tutto quando gli mettono vicino i 70 Rom che sono, sostanzialmente, mantenuti dal denaro pubblico, favoriti e alleviati di pesi come pagare le bollette, o i canoni d’affitto.
Questi italiani razzisti se fossero in Francia, sarebbero noti come ”la France péripherique”, quella parte della società descritta dal sociologo-geografo Christophe Guilly, “la gente che si trova anche territorialmente, nei territori che contano poco”, più abbandonata delle stesse minoranze etniche e di nuova immigrazione, perché la ““metropoli mondializzata popolata di radical chic progressisti, che si crogiolano nel liberalismo economico, la società aperta, i comportamenti consumisti libertari” fa’ vivere le minoranze etnicizzate delle banlieues nella luce dei suoi consumi di lusso, del suo benessere, del suo superfluo, della sua “creatività senza pregiudizi” e senza tabù. I nuovi immigrati vi si concentrano perché godono degli affitti “sociali” delle grandi metropoli, mentre “le classi popolari sono intrappolate lontano dalle zone che creano posti di lavoro, e non godendo di affitti sociali, spendono per il diesel 250 euro al mese, un quarto del salario minimo”.
In Francia, questi sono i Gilet Gialli. Ossia un popolo che si è riconoscuuto unito nell’insurrezione e nell’opposizione, dalla Normandia alla Provenza, che ha riscoperto la fraternità cantando l’inno nazionale, che ha la coscienza politica unitaria, messaggi politici generali perfettamente enunciati (Macron dégage!), la costanza di scendere in piazza da venti settimane sfidando le percosse della polizia del Potere. A Torre Maura, non viene a nessuno l’idea di indossare il gilet giallo. Anche in Sardegna, i pastori che hanno protestato per il prezzo del latte, non l’hanno fatto. Indossare un gilet giallo è fare appello al popolo, al proprio popolo, agitare una bandiera, chiamare gli altri a combattere insieme. I pastori sardi non hanno chiesto al resto degli italiani – anche poveri e periferici – di unirsi a loro: non solo perché la loro rivendicazione era particolare e particolarista , ma anche (soprattutto) perché non si aspettano che, avessero fatto appello al resto del popolo, questo sarebbe sceso in piazza e li avrebbe capiti e sostenuti. Nessuna categoria di oppressi si aspetta di essere compresa e aiutata dall’altra?
Pongo la domanda. Perché finisce così: che la Procura da 145 mila all’anno incriminerà per odio razziale aggravato i quattro gatti di Casa Pound o di Forza Nuova già noti e stranoti alla Digos, i giornalisti Rai da 90-240 mila faranno servizi sul razzismo nero pericolossimo, il figlio di Tria tornerà con lo yacht degli amici a “salvare” i clandestini (che hanno pagato il biglietto per essere “salvati”) e l’oligarchia li scaricherà da qualche parte tipo Torre Maura, certo non ai Parioli o a Capalbio.