VIAGGIO NEI LABORATORI CLANDESTINI D’OLANDA DOVE SI PRODUCONO TUTTE LE PASTICCHE SPACCIATE DALL’ADRIATICO ALL’AUSTRALIA – UNA SFIDA IMPOSSIBILE PER LA POLIZIA: “QUI CI SONO UN SACCO DI PIZZERIE CHE NON FANNO PIZZE” – AI VECCHI CRIMINALI OLANDESI HANNO COMINCIATO AD AFFIANCARSI MAFIOSI TURCHI, GANG MAROCCHINE, BANDE ALBANESI O RUSSE, OLTRE CHE ESPONENTI DI ‘NDRANGHETA E CAMORRA – I TRAFFICI CON LA CINA
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ECSTASY OLANDA
Alessandra Coppola per il Corriere della Sera
Pascoli, serre, canali e ancora pascoli. Cavalli tarchiati, pecore dal muso nero, un via vai di camion e furgoni. Se non lo scrivessero i rapporti di polizia, sarebbe difficile immaginare in questo cuore verde, umido e lindo d’ Europa il laboratorio mondiale di ecstasy e speed: «droghe pesanti» dunque illegali. Che circolino in una discoteca sulla Riviera adriatica, in un party a Ibiza, in un attico a New York, si può affermare con ogni probabilità che le pillole dello sballo sono state sintetizzate qui: tra il Brabante e il Limburgo, nel Sud dell’ Olanda, alla «triplice frontiera» con Belgio e Germania.
Un sentore acido, dice l’ agente Willem-Jan Uijtdehage, diverso dai vapori dei fertilizzanti o dal puzzo degli allevamenti industriali: è la prima spia. Frenetica attività notturna, secondo allarme, passaggio di veicoli costante; e poi finestre oscurate, addirittura con assi di legno, dov’ è invece tradizione tenerle trasparenti. Scatta un blitz che può portare a questo anonimo magazzino dietro a una pompa di benzina sulla strada per il villaggio di Lage Zwaluwe, acquitrini, barche da pesca, casette con le tende ricamate. Oppure a questo rivenditore d’ auto del paesino di Rijen, che espone vecchi modelli, carri da luna park con un cuoco grottesco e un pentolone sul fuoco, un rimorchio per friggere patatine. Il laboratorio, uno dei più grandi mai scovati, era nel capannone bianco che ora espone il cartello: «Chiuso su ordine del sindaco per violazione della legge olandese sulle droghe, vietato avvicinarsi». Era sotterraneo ed era appestato, racconta il poliziotto, mostrando un video girato dai colleghi: «Ci sono voluti giorni per bonificarlo». Enormi fusti di sostanze chimiche, tubi, ampolle, miasmi e incrostazioni.
Si chiamavano bokkenrijders , già nel XVIII secolo banditi con un’ aura diabolica che razziavano le campagne, nel folclore locale a dorso di capre volanti, in una terra di confini labili e molte vie di fuga. Quando il Trattato di Maastricht del 1843 fissa la frontiera tra Belgio e Paesi Bassi, diventano figure più concrete, dedite a un’ attività specifica: il contrabbando. Burro, sale, generi alimentari, per cominciare. Province povere ed emarginate d’ Olanda; cattolici in un Paese protestante; alloggi sociali negli anni tra le due guerre, poi dopo il secondo conflitto mondiale, un vigoroso taglio ai sussidi: «Al principio era gente che sbarcava il lunario come poteva», spiega Hessel de Ree, il più stimato dei cronisti di nera della regione. Poveri diavoli, in gran parte accampati in roulotte, che però con il traffico di jenever , sorta di gin autoctono, fanno un salto di qualità: cominciano a distillare.
«Cuocere» MDMA non è così diverso, ma è via via molto più remunerativo. Siamo oltre gli anni Ottanta, quando le capacità si affinano e gli olandesi diventano i più bravi di tutti. Fanno girare le pasticche per il mondo con l’ aiuto della mafia israeliana, accumulano patrimoni e foderano i caravan di banconote, regalano alla stampa personaggi carismatici come John Heijnen, generoso bon vivant della York-bende, protagonista degli anni Novanta, ricatturato a fine 2017.
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