“Venerdì 8 gennaio nel centro di Gallarate si è consumata una maxi rissa a cui ha preso parte un centinaio di ragazzi, presumibilmente per la maggior parte minorenni, alcuni armati di catene e bastoni. Soltanto l’arrivo della polizia, allertata dai commercianti, ha interrotto la rissa. Essa ha provocato il ferimento di un ragazzino di 14 anni, colpito alla testa per fortuna in modo non grave. L’aspetto più inquietante della vicenda è che, secondo le prime indagini, i ragazzi si siano ‘sfidati’ sui social e nelle chat per darsi poi un appuntamento ‘reale’ in piazza. Una modalità che viene usata sempre più frequentemente da gruppi di giovani o giovanissimi, come in questo caso, e che sfocia in episodi violenti”.
Dicono i titoli che “Gallarate è sotto shock”. Perché tanto “shock? Dov’è la sorpresa? Questo è il risultato evidente e diretto dell’abolizione della scuola pubblica operata dalla dittatura sanitaria Pd-5s, con la scusa della “pandemia” – e aggravata in modo definitivo dalla disonestà inadempiente del corpo insegnante che (salvo eccezioni) è ben felice si stare a casa prendendo lo stipendio, partecipando all’impostura della “didattica a distanza” ed esibendo la “paura dell’infezione”.
Questi ragazzini (quasi tutti maghrebini) sono stati a scuola una settimana in un anno di pandemia e lockdown, il cui scopo è appunto questo: distruggere i servizi pubblici: inoperosi, senza doveri né compiti, e senza controllo alcuno degli adulti, diventano teppisti in bande – che saranno, vedrete, sempre più pericolose e violente verso i vecchi e i deboli.
Perché a Gallarate sono comparsi i primi besprizorniki. Che significa “incustoditi”, nella vecchia neolingua sovietica. Terminologia ipocrita: a lasciarli “incustoditi” era il fatto che non avevano più né mamma né papà perché entrambi erano stati uccisi dalla carestia 1921-22 – quella dovuta alle requisizioni ordinate da Lenin, 5 milioni di morti – in quella del 32-33 quando il regime decise l’eliminazione dei Kulaki come classe (almeno 4 milioni) o nelle successive purghe: quando la Ghepeù arrestava, deportava o fucilava il papà come controrivoluzionario, poi arrestava, o come minimo licenziava, anche la mamma, e non di rado anche gli zii, come “membro della famiglia di un traditore della madrepatria“.
Così, scrive Gianantonio Valli (Giudeobolscevismo)
“Se nel 1921 i bambini abbandonati erano stati 4 milioni e mezzo, l’anno seguente gli orfani che vivevano nelle case abbandonate, nelle stazioni, negli immondezzai, nelle cantine, nei cantieri avevano raggiunto i 7 milioni – orfani di genitori assassinati o deportati, vagano disperati nelle campagne, si spingono nelle città, si danno endemicamente a forti e prostituzione e a alcolismo, droga ed omicidi – tanto che una legge del maggio 1935 introduce la pena di morte dall’età di 12 anni”.
Nel 1933 l’inviato Mirko Ardemagni, fascista (il nostro regime aveva riconosciuto quello staliniano) scrive : “Per alcuni anni l’infanzia abbandonata divenne un incubo anche per la popolazione civile dei centri urbani. Le masnade di piccoli demoni non risparmiavano nessuno. I diritti incontrovertibili della fame spingevano al delitto. Imbattersi in loro voleva dire perdere tutto: denaro, indumenti e qualche volta anche la vita. Giovanette di 11 -12 anni cominciano a far l’amore coi compagni di sventura sull’esempio dei grandi, recando spesso con incredibile disinvoltura il peso di una gravidanza precoce destinata a finire nel gorgo del nulla”. Nel 1920 – solo due anni dopo dall’inizio del potere bolscevico – un’inchiesta aveva scoperto che alla prostituzione si dedicavano l’88 % delle ragazzine, e con percentuali analoghe i maschi. “Il bezprizorny è forse il più tipico frutto della rivoluzione russa. E’ un piccolo demone che un giorno uccide e l’altro compie un gesto di eroismo, una volta ruba e l’altra dona, sono i figli di nessuno,i soli veri figli della rivoluzione”.
Solgenitsin h raccontato che nel GuLag e torme di besprizorniki rapinavano gli adulti malati, vecchi o incapaci di difendersi; e racconta di alcuni di questi adulti che non visti hanno ammazzato questi bambini bestiali ed odiosi.
Gli sviolina tori occidentali del sovietismo sparsero poetiche lacrime su questo fenomeno mostruoso: Joseph Roth, in visita nel ’26, descrisse gli “incustoditi” come “nutriti d’aria e di sventura” .
L’età media dei ragazzi che si sono scontrati a Gallarate, molti provenienti in treno a Varese e da Milano apposta per pestarsi “incappucciati e armati di bottiglie di birra“ è fra i 13 e i 15 anni.
Fra i nostri besprizorniki e quelli sovietici la differenza è solo di numero e d’intensità della violenza e – di appetito. Ma aspettate un altro mese di didattica a distanza, di disorganizzazione, di scomparsa di stato sociale perseguita dalla covid-dittatura, di nuovi milioni di genitori senza lavoro e alla fame, e vedrete quello che faranno ai vecchietti che si azzardano a uscire per fare la spesa.