Mi era sorta una curiosità circa i “plebisciti” coi quali, secondo la propaganda risorgimentale che ci hanno insegnato a scuola, nel 1860 il popolo italiano votò in massa la unificazione d’Italia sotto il Re di Sardegna, con percentuali per il Sì dal 72 al 79% secondo i luoghi. Come avvennero,visto che a quel tempo elezioni politiche non erano praticate? il suffragio universale non esisteva nemmeno nel mondo dei sogni, e, ammesso che in qualche occasione si tenessero elezioni ad esse si accedeva per censo, ossia limitato agli abbienti, non esteso alle “plebi” evocate romanamente.
Si votò sì o no alla seguente domanda: “Il popolo vuole l’Italia Una e indivisibile con Vittorio Emanuele Re costituzionale e i suoi legittimi discendenti?“…
Scopro rapidamente un passo dello storico Cesare Cantù, un brianzolo, mica un irredentista borbonico, “il plebiscito giungea fino al ridicolo, poiché oltre a chiamare tutti a votare sopra un soggetto dove la più parte erano incompetenti, senza tampoco accertare l’identità delle persone e fin votando i soldati, si deponevano in urne distinte i Sì e i No, lo che rendeva manifesto il voto”.
E nel Sud «Giorni prima che si facesse il plebiscito furono affissi, alle mura delle città principali, dei grandi cartelli, in cui si dichiarava nemico della Patria chi si fosse astenuto o avesse dato il voto contrario all’annessione». (C. Alianiello, La conquista del Sud)
E cosa poteva accadere a chi, nonostante tutto, avesse il coraggio di mettere la propria scheda nell’urna “NO” ?
Risponde T. Pedio (Vita politica in Italia meridionale, 1860-1870) che afferma: «Basta che si manifesti il desiderio di votare per il mantenimento dei Borbone, perché si venga arrestati e rinviati a giudizio per rispondere di attentato a distruggere la forma di Governo; basta un semplice sospetto, perché si proceda al fermo preventivo che impedisce a numerosi cittadini di partecipare alle operazioni di voto». Un alto ufficiale piemontese, testimone oculare, ebbe a dichiarare: «In Caserta, lo Stato maggiore della mia Divisione, composto di cinquantuno ufficiali non tutti presenti al momento del plebiscito, si trovò ad avere centosessantasette voti. Nel resto del Regno si fece il plebiscito al pari di quello di Napoli».
Il «plebiscito» a Napoli avvenne in un clima intimidatorio, «sparpagliati per tutta la città, garibaldini e camorristi cercavano di convincere in tutte le maniere e con i modi più sbrigativi come si doveva votare, cercando di sforzare la volontà altrui. In ogni seggio di votazione vi erano due urne palesi, quella del No era coperta dai nazionali e camorristi». (N. C. D’Amelio, Quel lontano 1860).
«Tra un’esibizione di bandiere tricolori con stemma sabaudo e l’occhiuta vigilanza di addetti, guardie, e curiosi accalcati in entrata, ogni segretezza del voto – come si può capire – era pura illusione». (G. Campolieti, Re Franceschiello). Quei pochi che ebbero il coraggio di votare contro subirono minacce fisiche e violenze, Specialmente i garibaldini si erano diverti ad andare a votare più volte, e certamente nessuno pensò di impedirlo ai galantuomini delle città di provincia, che affermavano in tal modo la loro importanza». Insomma, «si fece ricorso a ogni trucco, nel voto e negli scrutini, per ottenere il risultato plebiscitario desiderato». (P. G. Jaeger, Francesco II di Borbone l’ultimo re di Napoli).
Oltretutto, come illustra la mia fonte, lo stesso avidissimo e senza scrupoli “re Vittorio Emanuele” in qualche modo subì la estensione del suo potere al Sud con ripugnanza, come qualcosa contro natura. Disse : «…che unirsi con i meridionali era come mettersi a letto con un malato di vaiolo»;
Va da se che operò qui la mano della Massoneria, oltre che dei camorristi . Resta il punto che La stessa unità d’Italia è stata attuata dal”Risorgimento” con questa radicale immedicabile impostura e violenza ab initio il che rende malata e patologica la “patria” che ci è stata data.