Femminicidi e disoccupazione giovanile di massa: cosa unisce queste due patologie sociali? C’è una causa che congiunge il matrimonio omosessuale e i confini spalancati alle immigrazioni di massa , i diritti gay con la denatalità e la delocalizzazione dei lavori in Asia? Il suicidio assistito con l’austerità imposta e l’iniquità sociale senza precedenti nella storia, e che nessuno si cura di rettificare?
Per quanto sembri incredibile, questi fenomeni apparentemente disparati hanno una sola causa:il liberalismo. Lo dimostra Alain de Benoist nel suo ultimo saggio, “Critica del Liberalismo – La società non è un mercato” (Arianna Editrice, 286 pagine, 23,5€). Un testo capitale e arma intellettuale necessaria per la polemica filosofica e politica al totalitarismo vigente.
Il liberalismo, appunto. Che non va confuso con la teoria economica, promotrice della libera concorrenza. No, liberalismo è – dice De Benoist – “anzitutto un’ideologia basata su un errore antropologico”, ossia su un fatale equivoco sulla natura dell’uomo. Alla sua base c’è l’individualismo, inteso nel modo più radicale: l’idea che esistono solo gli individui, che sono primari rispetto alla comunità – la quale non è che somma di individui-atomi – e non le devono niente .
“Il liberalismo non è [come pretende essere] l’ideologia della libertà, ma l’ideologia che mette la libertà al servizio del solo individuo affrancato da ogni appartenenza” e da tutto quello che eccede l’individuo, ” inteso come essere desiderante e consumatore ideale del mercato.
“Questa teoria sostiene che l’uomo è anzitutto quello che ha liberamente scelto di essere, interamente padrone di sé e delle sue scelte, a partire non da qualcosa che già c’è, ma a partire dal niente”. E’ l’ideologia della sinistra fucsia ( Fusaro), del partito radicale di massa imperante totalitariamente. L’idea che la libertà sia “il diritto di avere diritti”, che “lo Stato esiste solo per soddisfare i desideri individuali, subito elevati a diritti”.
E’ la mentalità diffusa nell’uomo comune odierno, che si S ente “liberato” dai “tabù”, e si fa adirittura psico-poliziotto a difesa di questa ideologia, ormai “fatto sociale totale”.
“La nazione? Un feticcio introvabile”
Ma la più radicale asserzione viene dallo storico tempio intellettuale del liberismo, la Mont Pélerin Society , fondata nel ’47 nientemeno da Milton Friedman, Friedrick Hayeck e Karl Popper “per promuovere il libero mercato e la società aperta”. La afferma un socio francese della Mont Pélerin, Bernard Lemennicier: ogni nazione, ha scritto, “è semplicemente un aggregato di esseri umani”, quindi un”feticcio politico introvabile – Come può una società avere dei valori e delle preferenze indipendentemente dai membri che la costituiscono? Essa non ne ha. […] Non bisogna ingannarsi sul sentimento di appartenenza. Non si appartiene ad una nazione, né a un territorio, né a uno Stato, che sono qualcosa di non-esistente, senza alienare il proprio libero arbitrio e la propria condizione di essere umano”.
Si capisce che, se aderisco a questa ideologia “non ho, per principio, alcuna regola collettiva da rispettare, e nessun potere pubblico può ordinarmi di sacrificare la mia vita per una causa qualsiasi”. Da questa asserzione dell’uomo della Mont Pélerin discendono direttamente la globalizzazione e tutti i “diritti umani”, il gender e lo spalancare le porte all’immigrazione senza limiti, perché il nigeriano che è arrivato qui pagando gli scafisti e senza documenti è “un individuo” e quindi detentore assoluto dei ”diritti” superiori alla società , e un ministro che provi a frenare l’invasione viene catalogato come liberticida e malvagio, un delinquente che un procuratore Patronaggio incrimina. “In nome dei diritti umani, si vuole proibire alle nazioni di approvare leggi che giudicherebbero eventualmente utili per preservare o incoraggiare la vita comune e educazione comune”.
Attenzione: con questa ideologia, diventato “fatto sociale totale” , lo Stato liberale “non può sviluppare la minima condizione del bene”. Come nel liberismo economico puro “non occorre tener conto della moralità o immoralità del bisogno cui risponde la cosa utile”, la merce che acquistiamo, così uno Stato veramente liberale deve essere “indifferente rispetto ai fini”, garante solo dei diritti “senza presupporre la minima concezione del bene”. Ayn Rand, il celebre guru del libertarismo radicale, giunge a sancire: “L’altruismo è incompatibile con la libertà”.
Il ”diritto” che vige nel totalitarismo chiamato libertario, infatti, dissocia il senso della “giustizia” dal concetto di bene.
“Asserendo di prescindere da tutte le convinzioni etiche, religiose, filosofiche dei membri della comunità, rompe con l’idea secondo cui la salute pubblica e il bene comune passano anzitutto attraverso una presa in considerazione delle concezioni del bene nel dibattito pubblico”. Infatti “la libertà liberale non implica per l’individuo alcun obbligo di agire in vista di un bene, nemmeno del bene: si può nuocere a se stessi dal momento che non disturba nessuno”: infatti vediamo il trionfo di queste libertà: ci si può drogare fino alla morte (depenalizzazione), infettarsi nelle dark rooms sodomitiche, farsi mutilare per cambiare sesso, affittare l’utero, esigere dallo Stato il suicidio assistito – e guai a chi giudica chi lo fa: è omofobo, fascista, bigotto.
Le madri che fanno somministrare ai figlioletti il farmaco che ritarda la pubertà perché”possa scegliere più tardi” cosa vuol essere sessualmente, sacrificano i figli al dio del liberismo, “l’individuo astratto”, che esige “la neutralizzazione generale: dalle singolarità collettive tra i popoli e le culture così come le differenze di sesso”.
Le assistenti sociali di Bibbiano, strappando i figli ai genitori per darli a coppie gay, puntano a creare “l’uomo nuovo”; l’individuo astratto senza appartenenze.
“Il mercato è naturale, la democrazia no”
Questo individualismo radicale porta a un’altra conseguenza che ci vediamo attorno dilagante: la corruzione politica …”Provoca la corruzione della democrazia: perché se la democrazia è fondamentalmente un regime politico, è perché presuppone che l’individuo, sollevandosi fuori della sfera privata e cogliendosi come cittadino, si identifichi con una causa collettiva, con un interesse generale non riconducibile alla somma degli interessi particolari”.
“Il politico non è più portatore di alcuna dimensione etica, nel senso che nel suo nome non si può esigere e nemmeno promuovere alcuna concezione del bene comune”: e allora perché ci stupiamo se quelli che eleggiamo sono senza principi? Che svendano i monopoli pubblici redditizi come Autostrade agli amici, che intaschino i milioni del Mose invece di metterlo in funzione? Tout se tient: se volete avere come “diritti” i vostri vizi privati, dovete accettare gli effetti collaterali di questo “Individualismo” radicale.
Del resto, nonostante tutto il loro parlare di “democrazia” , i dirigenti liberisti sono ben pronti a eliminarla, come vediamo fare nella UE. Perché il loro credo è stato espresso nel modo più agghiacciante da Alain Minc, j e intellettuale-imprenditore (è capo di una ditta i autostrade): “Il capitalismo non può crollare, è lo stato naturale della società. La democrazia non è lo stato naturale della società. Il mercato lo è”
“C’è politica unicamente in riferimento a popoli e comunità”, scolpisce De Benoist. La dittatura del liberismo (e del capitalismo) sotto cui oggi viviamo “è in sé un regime di devastazione dell’umano, come della devastazione della natura non umana [ciao gretini], è regime incompatibile con la cultura”.
“Il liberalismo” che promuove “l’abolizione di ogni morale che reprime la soddisfazione immediata del desiderio”, attraverso la “deregolamentazione” è “distruzione generalizzata di tutto ciò che non ha valore mercantile”, come la famiglia, residuale “struttura collettiva non contrattuale”, spazio di gratuità sottratto al mercato: in fondo è per questo che non facciamo più figli. Avere figli è “un sacrificio” dei nostri desideri (pardon, “diritti”) individuali, oltreché “un costo” che “ostacola la nostra efficienza sul mercato” del lavoro” e penalizza la nostra “competitività” nei confronti dei colleghi single.
Conclusione: “Il liberalismo è il progetto politico di smantellamento completo del’ordine della legge e uno dei più potenti motori del nichilismo”.
E tutta questa devastazione è perché si è rigettata la verità antropologica sull’uomo: ossia che “l’uomo è un animale sociale, la cui esistenza è consustanziale alla società”, la comunità storica nazionale che gli ha dato quasi tutto, a cominciare dalla lingua, alla cultura e la rete delle solidarietà giuridiche ed extra-giuridiche basate sulla appartenenza” e che “può chiedere alle persone di operare in primo luogo per il bene comune”, non come individuo egoista auto-distruttore e narciso.
Come? Il libro ha anche una “pars costruens”. Vi lasciamo il piacere di scoprirla invitandovi a leggerlo. Come il precedente di De Benoist sul populismo, è un mezzo indispensabile di comprensione dell’oggi.