Infanzia e crescita del Femminicida

di Maurizio Blondet – 01/06/2016

Infanzia e crescita del Femminicida

Dopo che “tutta la città ne parla”, e poi la società passa ad altro senza una diagnosi, aspettiamo il prossimo “femminicidio”: già il termine mette fuori strada, serve come falsa diagnosi ideologica (un “delitto di genere”, ho sentito persino dire) che assolve la “cultura” corrente, quella della liberazione sessuale, e della società che si gloria di non essere “repressiva”.

A costo di ripetersi, bisogna richiamare l’idea della “invasione verticale dei barbari”. Ogni nuova generazione di neonati è una invasione di barbari che invadono non dall’esterno, ma dall’interno e dal basso la società; la società ha il compito di educarli, disciplinarli, renderli civili prima che diventino adulti. Il che significa anche – soprattutto – fargli subire dei sacrifici e delle sconfitte esistenziali, in modo da far maturare i loro caratteri.

Come sicuramente avete avuto modo di constatare, un bambino fra i 3 e i 5 anni è un mostro morale: strillante, imperioso, spaccatutto, pieno di rabbia, del tutto soggetto ai suoi impulsi immediati, è pronto ad uccidere, bruciare e distruggere se non li soddisfa. Il treenne mette a segno infatti numerosi tentativi di omicidio – di fratelli, di papà e mamme, di cani e gatti, di oggetti che lo ostacolano in qualunque modo e non pochi atti di autolesionismo criminale (ingoiare autmobiline…). Se poche delle sue stragi vanno a buon fine, è perché non ha tanti mezzi per far danni; non ha l’autonomia economica, né la patente di guida e ancor meno la disponibilità di una pistola (quando riesce a metter le mani su un’arma incustodita, il caro piccino non esista a far fuoco sulla sorellina: e allora ne parlano i giornali). E’ per questo che i genitori tengono fuori dalla sua portata coltelli, accendini, materie esplodenti, alcol, medicinali; e controllano il piccolo mostro continuamente. A poco a poco imparerà a sue spese che né gli altri esseri viventi né il mondo sono al suo servizio per soddisfare le sue voglie, prenderà zuccate e ceffoni, prima dal papà poi dal capufficio, dal caporale, dalla società in generale, e apprenderà quel che Freud chiamava “il principio di realtà”. Stroncherà la sua infantile violenza, insomma lo civilizzerà – perché “civiltà è il grande sforzo collettivo di ridurre la violenza ad ultima ratio“.

Femminicida per età mentale

Femminicida per età mentale

Ora, pensate a uno di questi piccoli mostri che entra in una società che si gloria di essere adulta e matura, di avere abolito ogni forma di “repressione”, che ogni giorno celebra la propria liberazione da tutti i pregiudizi, quindi da ogni gerarchia e di tutti i tabù moralistici, tipo l’antipatica distinzione fra “bene” e “male” (cosiddetti); dove i genitori prendono ogni cura per risparmiargli ogni “frustrazione”, ogni pressione dell’ambiente, tensione, sforzo e ogni dovere; scansano ogni ostacolo che si trovi davanti, vogliono essere suoi amici invece che suoi superiori. Lo mandano in una scuola che si vanta di essere “non repressiva”, di non bocciarlo mai e poi mai, che si sforza di “farlo divertire”, anzi prova a confondere il confine tra “studio” e “divertimento”; una scuola che sostanzialmente lo incita a “esprimere le proprie inclinazioni, ed opinioni”, ossia (a quello stadio) le proprie narcisistiche emozioni.

Ben presto egli apprende di essere cittadino di una repubblica, quindi che lui ha per nascita solo dei “diritti”, specie quello ad essere felice, mentre l’insieme degli organi di comunicazione e propaganda gli instillano nella piccola testa omicida l’idea che non ha dovere alcuno, verso nessuno, se non verso se stesso: “Soddisfa la tua sete!“, “Sei nella società dei consumi, nell’abbondanza senza sforzo!” “Tutto ti è permesso, a nulla sei obbligato!” …Nel frattempo il mostro non è più tanto piccolo, diventa grande e grosso, mette su il pelo, gli si ingrossano gli organi sessuali, aumenta il testosterone: è Conan, sempre treene ma ora temibile. A quel punto, per legge, la società lo considera adulto (guai se non lo facesse) anziché bisognoso di controllo, e lo ammette alle gioie dello stato adulto, – che oggi consistono soprattutto nella liberazione sessuale. E’ un punto cruciale: quando aveva tre anni, almeno, il piccino era sì una belva pronta a tutti i delitti pur di soddisfare le sue voglie, ma era “innocente”; non conosceva ancora le voglie della libidine, incoercibili se non ti insegnano a regolarle, sublimarle e (eh sì) reprimerle. Reprimerle? Non sia mai! Anzi è glorioso dar loro sfogo, siamo una società liberata! Nessuno lo avvisa che il sesso, lungi dall’essere “facile”, è un abisso oscuro e tempestoso, di lampi e sconfitte e ripugnanze radicali, che confina col demoniaco e sconfina spesso nel satanico – il luogo in cui a un bambino dovrebbe esser vietato entrare.

Siccome ha il pelo pubico e la voce di un adulto maschio, anche le ragazze credono che sia un adulto; ci si fidanzano – il che significa che ci vanno a letto. Poi lo lasciano, perché lui è noioso e non ha nulla dentro, “si fidanzano” con un altro, perché anche le ragazze hanno diritto alla felicità sessuale.

Rimasto a tre anni di età morale e mentale, non sa – non può ammettere – che la sua fidanzatina ha una volontà propria, diversa dalla sua. Non riesce proprio a capire come quella “cosa” bionda prima stava con lui egli faceva quelle cose, ed ora le fa’ a un altro: è “sua”! Prova un dolore acuto – il maschio abbandonato – che non sa cosa sia. Sa solo una cosa: è la cosa bionda che glielo provoca, e se lui la elimina, il dolore sparirà.

Il fatto è che adesso, lui – siccome in qualche modo “funziona” nella società (che si contenta davvero di poco) – ha un lavoro uno stipendio, persino il porto d’armi, e guida l’auto. E nessun genitore tiene fuori della sua portata l’accendino e la bottiglia dell’alcol.

L’età infantile del mostro, del barbaro lasciato crescere senza civilizzarlo, è mostrata da un fatto evidente: non pensa nemmeno un attimo alle conseguenze del suo omicidio, la prigioni, la carcerazione per decenni. Ha premeditato l’assassinio quel tanto che basta, s’è portato la bottiglia di alcol; ma non ha alcuna capacità di prevedere “oltre”, non riesce a immaginare il dopo, imprevidente come appunto un barbaro selvaggio negroide. Non si è preordinato alcun alibi, ha negato l’evidenza: “No..non sono stato io!”. La scusa del piccino di 2 anni che ha rotto la finestra a sassate.

Così succede, una quarantina di volte quest’anno. E’ la società “liberata” che non sa più civilizzare i suoi barbari verticali, è la società progressista che non sa (né vuole) trasmettere il Progresso; ad ogni generazione cade in un gradino più basso della barbarie, perché gli “educatori” sono essi stessi di una generazione precedente che non è stata civilizzata. E lo chiamano “femminicidio”.

E’ inutile che vi dica come dovrebbe essere una società capace di civilizzare i barbari verticali, che sappia renderli virilmente adulti, continenti, cavallereschi, dotati di senso della dignità e dell’onore – ossia della vergogna di compiere atti bassi contro i più deboli. Inutile che vi canti le lodi del “controllo sociale”, del giudizio sociale che premeva su molti dei peggiori e li faceva essere meno pessimi; strillereste che voglio la società bigotta, insopportabilmente repressiva, ormai superata dal progresso e dalla libertà; una società dove un giovane e una giovane “si parlavano” sul divano di casa, alla presenza (orribilmente noiosa) della nonna o della sorellina…. Sicché tocca a voi, ragazze.

Abbiate almeno la coscienza di intuire che la “Libertà sessuale” vi ha reso delle schiave sessuali; che vi spinge a proporvi solo come oggetti di seduzione, e senza la nonna sul divano che vi evita l’irreparabile. Sappiate almeno riconoscere i sintomi del piccolo criminale infantile nel torsolone palestrato e col pelo pubico, il Conan non civilizzato nel tizio con cui andate a letto. Vorrei dirvi: negategliela, a questi qui; siate come le dame del tempo che fu, che si negavano a chi non fosse “prode e cortese”, e civilizzarono i maschi germani facendone dei cavalieri obbligandoli a procrastinare, a sospirare il piacere – che poi non arrivava mai, magari. Ma so che chiedo troppo.

Al prossimo femminicidio, non vi accontentate della diagnosi falsa e ideologica, ipocrita, con cui la società si auto-assolve. Almeno questo, ragazze.

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https://keinpfusch.net/impagnatello-e-l-educazione-maschile/

giugno 2, 2023

Impagnatello e l’educazione maschile.

Ho gia’ descritto con una certa dovizia di particolari, in passato, gli effetti di quella forma di mutilazione spirituale che e’ l’educazione maschile. Per chi non ha la mia eta’, e quindi non l’ha mai subita, e’ una forma di educazione che insegna , essenzialmente, a reprimere e lentamente soffocare le emozioni, interiorizzandole sino a farle atrofizzare.

Come ogni cosa, occorre chiedersi quale fosse l’obiettivo di questa educazione. Cosa ci vedeva la media delle persone, in una strategia educativa atta a rendere psicopatici i maschi, al punto da rendere impossibile il pianto?

Lo chiedo tenendo presenti i recenti reati contro le donne. A quanto dicono le femministe, occorre smettere con questa educazione e il nuovo maschio dovrebbe evitare questa mascolinita’ tossica in quanto, appunto, tossica (cosa sulla quale potrei concordare, e concordo in una certa misura) ma a mio avviso sbagliano perché quello che vogliono mettere al posto di quest’educazione non funzionerebbe.

Sinche’ le femministe dicono che i maschi dovrebbero essere educati a convivere con le proprie emozioni, e quindi lasciarle fluire, e lasciarsi anche piangere, sembra tutto ok. Possiamo discutere se un maschio che piange sia un piccolo prezzo o meno da pagare, per avere un maschio “nuovo”, ovvero migliore. Ma e’ una soluzione miope.

Il pianto non e’ la sola azione insolita che viene da un’emozione lasciata andare. Certo, possiamo lasciar emergere la sofferenza e piangere davanti a tutti. Ok. Ma la sofferenza non e’ la sola emozione. What about rabbia? Furore? Odio?

Capisco , care donne, che siate disposte a vivere con un maschio cui scappa la lacrima ogni tanto. Ma se invece di esprimere il dolore con una lacrima, si esprimesse la rabbia con un cazzotto, siete sicure di voler essere nella stessa casa?

Le emozioni non sono tutte uguali. La teoria secondo la quale l’educazione maschile classica fosse tutta da buttare perche’ insegnava ai maschi a trattenere e soffocare le emozioni e’ ingenua, perche’ vi sfugge una cosa:

per quanto orrenda , crudele, dolorosa, persino simile alla tortura, la “vecchia” educazione maschile fosse (e ve lo posso dire, ho avuto il peggio di quella minestra, e’ peggio di quanto pensiate), aveva un pregio: reprimere le emozioni significa non solo trattenere il dolore e non piangere, ma anche trattenere la rabbia e non uccidere.

Il vantaggio di quell’educazione che reprimeva ogni emozione era che, applicata alla popolazione che ha forza letale dai 15 anni in poi, reprimeva anche quei sentimenti esplosivi che portano a molti omicidi di donne.


Questa e’ la ragione per la quale mi lascia perplesso tutto questo puntare il dito contro la vecchia educazione maschile “tossica”. La mia impressione e’ che il problema che stiamo avendo e’ che l’educazione maschile tossica sia caduta, ma al suo posto non ci sia nessun argine verso le emozioni che invece andrebbero arginate.

Questi ragazzi , e dico ragazzi perche’ l’artefice dell’ultimo omicidio e’ 20 anni piu’ giovane di me, non hanno mai avuto l’educazione “boys don’t cry” , o alla mascolinita’ tossica, che le femministe lamentano.

Se la avessero avuta, tranne pochi casi, avrebbero saputo contenere la paura e la violenza. Venivamo educati col mantra che “le femmine non si toccano nemmeno con una rosa”. Eravamo letteralmente inibiti, spesso a sonori schiaffoni quando litigavamo con le femmine alle elementari , a non toccare le bambine come si faceva coi maschi. E si, volavano ceffoni, quindi era l’educazione maschile “at its best”. Ma a furia di ceffoni imparavi a trattenerti dal prendere a schiaffi le bambine, per quanto petulanti, fastidiose, irritanti e snervanti si sforzassero di essere. Ed erano brave.

Ora probabilmente non esiste piu’ l’educazione maschile a ceffoni, e neanche quella ulteriore, che non veniva impartita dalla famiglia ma dalla societa’, che se picchi una donna innanzitutto sei un codardo di merda, ma inoltre non sai mai con quanti fratelli, fidanzati e amici dovrai vedertela. E quindi, cazzotti o peggio.

No, questi maschi che uccidono non hanno avuto, a mio avviso, l’educazione maschile “tossica” cui vi riferite.

La mia impressione è che non ne abbiano avuta alcuna.


Il problema, quindi, non viene dal fatto che esista l’educazione maschile “tossica”. In quel mondo, rabbia e paura erano represse quanto la lacrimuccia di “boys don’t cry”.

Il problema di questi uomini, al massimo, e’ che nessun’altra educazione ha preso il posto di quella vecchia, detta “tossica”.

Il maschio tossico uccideva per repressione. Accumulava rabbia, rancore e violenza sino a quando nessuna positura repressiva riusciva piu’ a contenerle. Erano come dighe , che ad un certo punto traboccavano. Uccidevano piu’ facilmente, quindi, quando la situazione di tensione e di rabbia, domestica(domestica o meno) era tesa e rimaneva tale per anni. Accumulandosi.

Erano educati a reprimere e interiorizzare, accumulando, sino a quando non riuscivano piu’ ed esplodevano, in seguito a qualche provocazione che causava il raptus. Erano storie del tipo , dopo anni di situazione tesa, “arriva il marito a casa e la cena non gli piace, e uccide la moglie”. Naturalmente la cena non era il problema. Questo e’ perche’ dopo aver accumulato rabbia e rancore senza poterle sfogare, ad un certo punto arriva la goccia che fa traboccare il vaso.

Ma questi “nuovi” omicidi non c’entrano. Lui ne aveva sedotte due, e le aveva messe incinte. Non c’erano scontri apparenti. Lei non era in tensione , prima di capire che avesse un’altra e imparare che l’altra fosse incinta. Non c’erano alterchi precedenti.

Questo non e’ un maschio che ha ricevuto l’educazione alla mascolinita’ tossica, signore. Questo e’ un maschio che NON ha ricevuto NESSUNA educazione.

Non e’ che io voglia scagionare la vecchia educazione maschile, ma se puntate a quella, che peraltro e’ rara oggi, siete fuori strada: in quelle condizioni di basso stress non avrebbe ucciso.


Adesso la domanda sara’: ma stai dicendo di rimettere in auge la vecchia educazione maschile? Mai sia. E ve lo dico io che ci sono passato. Bisognera’ disegnarne una nuova, ma ricordate una cosa:

qualsiasi genere di educazione maschile si voglia mettere al posto della vecchia, crudele, dolorosa, orrenda educazione maschile, dovra’ tenere conto del fatto che dai 14 anni in su un maschio puo’ applicare forza letale su una femmina.

In qualsiasi modo la si imposti, essa dovra’ ottenere un certo livello di inibizione della violenza, controllo della rabbia, interiorizzazione della frustrazione.

Ora, il problema è: chi?


Su questo temo di avere brutte notizie: non può essere una donna.

Per due motivi:

  1. Nessuna di voi si e’ mai svegliata col livello di testosterone di un maschio di 14 enne e un corpo che puo’ uccidere.
  2. Nessuna di voi mostra la benche’ minima capacita’ di trattenere la rabbia, la violenza o la frustrazione (o in generale, di controllare le emozioni): se non uccidete maschi , e’ solo perche’ vi manca la forza letale e perche’ considerate troppo prezioso il vostro corpo per rischiarlo in uno scontro fisico.

Inventare una nuova educazione maschile e’ un lavoro che possono fare solo gli uomini. Ma finche’ tocca al maschio stare fuori casa 13,14 ore al giorno per lavorare, non ci sara’ nemmeno il tempo per stabilire coi figli maschi il rapporto che serve. La societa’ italiana attuale non consente ai padri di essere presenti, quando vogliono farlo.

Ma ripeto, il punto e’ che questi maschi assassini che vedo oggi non sono maschi “tossici”, sono solo maschi cresciuti allo stato brado. Senza l’autodisciplina che serve a trattenere la forza letale.

Sono i millennials, darling.