Andrea Cionci
Storico dell’arte, giornalista e scrittore, si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall’Afghanistan e dall’Himalaya. Ha appena pubblicato il romanzo “Eugénie” (Bibliotheka). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi – vive una relazione complicata con l’Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore
Quanto state per leggere ha rilevanza storica: il Santo Padre Benedetto XVI, in sede impedita dal 2013, in questi giorni sta drammaticamente intensificando i suoi messaggi in Codice Ratzinger e ne ha appena inviato uno clamoroso, inequivocabile e definitivo.
Perché avviene questo? Circa due settimane fa, Mons. Gänswein, in una telefonata con un sacerdote bergogliano tedesco, ha tirato fuori una serie di frasi che, all’apparenza, sembravano parole durissime verso don Minutella e gli altri sette sacerdoti fedeli a Benedetto del Sodalizio Sacerdotale Mariano, mentre invece, a una lettura più attenta, tali espressioni si sono rivelate dei clamorosi elogi verso questi preti-eroi.
Ad esempio, Mons. Gänswein ha dichiarato che Don Minutella è “teologicamente pazzo”, ma, visto che Gesù vieta esplicitamente di dare del pazzo al proprio fratello, pena l’essere gettati nella Geenna (Matteo, 5,22), questa espressione riprende univocamente la “follia in Cristo”, tema teologico – appunto – di cui parla San Paolo nella I Lettera ai Corinzi (4,10). QUI
Alcuni degli otto sacerdoti del Sodalizio Mariano sono però rimasti abbastanza scossi da questa bordata di Codici Ratzinger e allora il Santo Padre Benedetto ha deciso di calcare la penna – per quello che gli è consentito dal suo stato giuridico di prigionia – per rassicurarli, facendo piazza pulita degli ultimi dubbi.
E così, giovedi scorso, ha inviato alla Lumsa il fedelissimo Mons. Gänswein alla presentazione del libro del matematico ateo Piergiorgio Odifreddi corredato con qualche pagina di Benedetto XVI, di cui abbiamo già scritto QUI .
Innanzitutto, l’arcivescovo Gänswein ha esordito con una meravigliosa anfibologia: “Prima di venire qui ho pregato con Papa Benedetto, come ogni sacerdote cattolico fa, i vespri. E questo dice tutto”. QUI
Infatti: dice tutto. La sapiente costruzione della frase, fa sì che possa essere intesa perfettamente anche come: “Prima di venire qui, ho pregato i vespri, come fa un vero sacerdote cattolico, cioè IN UNIONE CON PAPA BENEDETTO”. Quindi sta dicendo ai preti del Sodalizio che fanno bene a restare una cum papa Benedicto. QUI per leggere l’intera trattazione della frase, con il contributo del prof. Gian Matteo Corrias.
Ma entriamo nel vivo e lasciamo proseguire Mons. Gänswein, come da video QUI : “Papa Benedetto mi ha detto, per prima cosa: «Lei non faccia un saluto istituzionale, faccia un saluto personale da parte mia e dica a tutti: ‘Non ho meritato questa illustre lista di presentatori’. Io gli ho detto: «Santo Padre, se dico questo non mi credono, però obbedisco»; «O credete o non credete, se non credete leggete, o Geremia o Isaia. Non dico quale versetto e quale capitolo, ma lì è la risposta»”.
Ormai avvezzi al linguaggio del Santo Padre, abbiamo colto al volo il riferimento alla Scrittura tipico del Codice Ratzinger che, come sapete, ricalca in toto il metodo comunicativo di Gesù QUI .
Vi lasciamo immaginare il sobbalzo quando, al capitolo 36, al versetto 5, lo scrivente ha letto la frase:
“Quindi Geremia ordinò a Baruc: «IO SONO IMPEDITO e non posso andare nel tempio del Signore”.
Il Santo Padre, del quale da due anni diciamo che è in sede impedita, ha scelto fra 73 libri biblici l’unico in cui compare l’espressione “io sono impedito”. Guarda caso, questa è esattamente la chiarificazione finale di cui avevano bisogno i sacerdoti del Sodalizio Mariano e tutti gli altri veri cattolici che pregano in unione con papa Benedetto.
Ma, adesso, allacciate le cinture perché il Codice Ratzinger diventa ancora più straordinario.
Ricordate cosa ha detto papa Benedetto? “Non merito quella illustre lista di presentatori”.
No, in effetti non si meritava proprio di essere presentato, fra gli altri, dal super-ateo Paolo Flores d’Arcais che, nel suo libello “La sfida oscurantista di Ratzinger” del 2010 ecco come osava parlare del Santo Padre Benedetto XVI: “Contro lo sfondo di virile austerità di Giovanni Paolo II assumono pesantissimo rilievo le svenevoli attenzioni dell’arcigno teologo tedesco per estenuanti frivolezze estetiche, dagli elaborati e sontuosi berretti, alle babbucce rosse, a un segretario che sembra uscito da Beverly Hills”. Vi rendete conto?
Forse, Papa Benedetto non meritava nemmeno che l’iper-ateo Odifreddi presentasse il suo libro – quasi un monologo – come uno scambio paritario col Santo Padre, dato che su 150 pagine di verbose riflessioni del matematico, quelle di papa Benedetto in risposta sono meno di una ventina di cui la metà circa, biglietti di auguri. Peraltro, Odifreddi dopo la pubblicazione di questo articolo QUI non ha detto o fatto nulla per soccorrere il suo “amico papa” in sede impedita, ma ha ignorato bellamente la questione.
Né Benedetto XVI meritava di essere presentato dal gayfriendlyssimo Mons. Vincenzo Paglia, il presidente della Pontificia Accademia per la Vita che si è fatto ritrarre nudo in un affresco omoerotico nella cattedrale di Terni e che non mette minimamente in discussione la legge 194 sull’aborto, come leggete QUI. Né forse si meritava di essere presentato dal vaticanista del Tg1 Fabio Zavattaro che, come tutti gli altri vaticanisti, del resto, finge di non sapere nulla della annosa e stranota Magna Quaestio.
Ma… quindi? ALLORA, PAPA BENEDETTO NON STAVA FACENDO UN COMPLIMENTO AI RELATORI?
NO. STAVA DICENDO LA VERITA’ (COME SEMPRE).
Torniamo al libro di Geremia, ed ecco cosa si trova sui “presentatori”: I”l Signore mi disse: «Anche se Mosè e Samuele si presentassero davanti a me, non volgerei lo sguardo verso questo popolo. Allontanali da me, se ne vadano!” (15,1).
Oppure: “Verranno dalle città di Giuda e dai dintorni di Gerusalemme, dai monti e dal meridione, presentando olocausti, sacrifici, offerte e incenso e sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore. Ma se non ascolterete il mio comando di santificare il giorno di sabato, io accenderò un fuoco alle sue porte; esso divorerà i palazzi di Gerusalemme e mai si estinguerà” (17,26).
“E ancora: “Poi venite e vi presentate davanti a me in questo tempio, sul quale è invocato il mio nome, e dite: “Siamo salvi!”, e poi continuate a compiere tutti questi abomini. (7,10).
Ecco perché il Santo Padre non meritava quei “presentatori” che giovedi alla Lumsa si sperticavano in salamelecchi verso il papa emerito, lasciandolo però tranquillamente impedito.
Dato che, fra i relatori, il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano è però un galantuomo e un valentissimo professionista, gli chiediamo ufficialmente di dare spazio a tale questione ormai stranota, per non passare alla storia come i “presentatori” descritti dal profeta Geremia e da Benedetto XVI. Stesso invito lo rivolgiamo al Prof. Bonini, stimato rettore della Lumsa.
Ma adesso andiamo al secondo Libro dell’Antico Testamento citato dal Papa, quello di Isaia che non parla di impedimento, ma riporta ben 14 volte la parola “prigioniero”/“prigionieri”. Ricorre continuamente il tema della loro vittoriosa scarcerazione: i prigionieri che devono uscire dalle tenebre: “Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre” (42,6). Sembra proprio un chiarissimo invito a quei sacerdoti fedeli a Benedetto, che però vivono ancora nel nascondimento, a uscire dalle tenebre e a gridare la verità, cioè che il papa è solo Benedetto XVI
Ancora, i prigionieri, liberati, metteranno in prigione i loro carcerieri: “…così faranno prigionieri coloro che li avevano resi schiavi e domineranno i loro avversari” (14,2).
Sembra questo un cenno al ribaltamento canonico-escatologico che porterà all’annullamento dell’antipapato di Bergoglio, ma ci ha colpito un punto in particolare, al cap. 51, versetto 14:
“Il prigioniero sarà presto liberato;
egli non morirà nella fossa, né mancherà di pane”.
In sintesi: il papa ha dichiarato di essere impedito, ma il prigioniero (lui stesso) sarà presto liberato (immaginiamo come), ma non sarà dimenticato nella fossa, né farà mancare quello che serve in modo indispensabile, ciò che chiedono i sacerdoti e i credenti fedeli al vero papa (potete immaginare cosa sia). I prigionieri, cioè i veri cattolici, saranno liberati e il Signore farà giustizia.
Ora, anche Voi, come dice il Santo Padre Benedetto XVI, “potete credere o non credere”: i bergogliani e gli una cum potranno dire che “è solo un caso”, che “l’emerito non ha specificato il capitolo o il versetto”, che “si vuole leggere solo quello che fa comodo”… E va benissimo così, perché il Papa, il Vicario di Cristo non ha affatto bisogno di costoro.
Abbiamo quindi l’ennesima conferma che il Codice Ratzinger – inteso come corpus delle dichiarazioni velate del Santo Padre – è uno strumento di conversione, un seme di verità che attecchisce solo in chi ha orecchie per intendere.
E, davvero, per non intendere questi messaggi ormai clamorosamente patenti bisogna essere veramente duri d’orecchio, in completa malafede, o totalmente accecati.