“Israele è triste di perdere una testa di ponte nel Nord-est della Siria con il suo sostegno alla “Rojava” curda”: Elija Magnier in un puntuto twitter.
#Israel is sad for losing a foothold in north-east #Syria, supporting Syrian #Kurds "Rojava" via @Zendette https://t.co/1iob9y95ci
— Elijah J. Magnier (@ejmalrai) October 15, 2019
Già: insieme ai curdi di cui avevano fatto i loro clienti, gli sconfitti dalla nuova situazione in Siria sono gli israeliani. Hannno armato e istruito coi loro consiglieri i curdi; nel Kurdistan irakeno il Mossad ha gli uffici aperti; hanno creato il mito del Rojava con le sue guerrigliere: musulmane sì, ma dai capelli freschi di sciampo, quindi “liberate”, narrativa seduttrice per tutte le sinistre occidentali (che come al solito credono alla loro propria propaganda). Israele ha dato il massimo contenuto al sogno curdo di avere uno stato, ritagliato fra Siria,Turchia, Irak e soprattutto Ira – ingiunzione anti-iraniana. “La creazione di un Kurdistab sotto protettorato israelo-americano”, dice Israel Shamir, accettando che “un tal progetto suppone la pulizia etnica e milioni di rifugiati. A differenza di altre forze, Israele si accontenta di partecipare alla devastazione della regione”:
Ora, apparentemente, Netanyahu e i suoi militari e le sue spie sono stati presi di sorpresa – anche loro – dalla decisione di Trump. “Israele ha la sensazione di essere stato fregato dal ‘grande alleato’”, scrive l’analista militare Ben Caspit su Al Monitor. “Un responsabile israeliano ha recentemente dichiarato ad Al Monitor che ‘dopo esserci creduti per tre anni vincitori delle grandi guerre in Medio Oriente, Israele comincia a capire che invece è il perdente, o almeno che è stato abbandonato durante la corsa”
“Fregati dal grande alleato”
Si pensi che solo pochi giorni la petroliera iraniana che portava il petrolio alla Siria era stata incendiata – secondo tutte le fonti, da missili lanciati dai sottomarini israeliani che stazionano nel Golfo Persico : la “corsa” verso la guerra all’Iran , l’ossessione sionista, era cominciata.
Ed ecco, dice Ben Caspit, “l’annuncio improvviso di Trump di un ritiro rapido dal Nord della Siria ha inflitto un colpo mortale alle speranze e alle attese di Israele”.
“Il rapporto di forze, così strategico alla sopravvivenza di Israele, è sul punto di cambiare sotto i nostri occhi […] Ora Israele è praticamente solo davanti al potente asse turco-russo-iraniano”. Sic. Anche se un tale “asse” è immaginario, frutto delle fantasie del popolo che soffre di stress PRE-traumatico, certo è che Sion sa bene che Erdogan non è suo amico, anzi.
Caspit accusa Netanyahu, con un commento rivelatore: “Chi ha permesso a Netanyahu di rompere con il principio in vigore fin dall’era di Sharon, secondo il quale Israele doveva far di tutto per evitare conflitti militari diretti? Ariel Sharon aveva avvertito ripetutamente che Israele non doveva apparire in prima linea nella guerra contro l’Iran [ma lasciarla fare agli americani]. Netanyahu ha infranto questa regola fondamentale e, ossessionato dall’Iran, lo ha designato come “minaccia terminale” per Israele. Oltretutto, usando la “minaccia iraniana” come leva elettorale. Da dieci anni da quando ha il potere, Netanyahu non ha cessato di tuonare che metterà fine al programma nucleare iraniano. Ne è stato capace?”
“E’ vero – ragiona l’analista – che Israele è il regime più protetto del mondo, ma il problema è che allo stato attuale nessun sistema è in grado di identificare e neutralizzare i missili da crociera iraniani. Il caso dello spettacolare attacco alle installazioni Aramco in Arabia Saudita lo ha provato. Le industrie militari israeliane girano a pieno regime per trovare una soluzione ai missili iraniani, ma questo prenderà tempo…
Israele in stress pre-traumatico paventa di dover condurre da sé una guerra su più fronti. “Israele è convinto che se ci sarà un attacco iraniano contro Israele, non proverrà dal territorio iraniano. I generali di Tsahal insistono sul fatto che se quell’attacco si concretizza, Israele non deve permettere agli alleati regionali dell’Iran di fare ciò che l’Iran desidera, ossia aggredire Israele senza esserne additato come responsabile. Questo è l’obiettivo israeliano. Ne saremo capaci?”.
Par di sentire il ronzio infiammato delle elucubrazioni ebraiche: come riprendere il sopravvento?
“Il cambiamento nella regione obbliga Israele a modificare i suoi piani, a ripensare le sue idee e a prepararsi a scenari messi da parte da molto tempo”.
Cosa c’è in questi scenari, possiamo solo temerlo. Israele maestra di false flag, è quella che nel settembre 2018 ha fatto abbattere l’aereo-spia Ilyushin Il-20M dalla contraerea siriana, che in quei minuti si stava difendendo nei cieli siriani un attacco aereo condotto da F-16 di Israele. Una azione di cui i russi hanno accusato apertamente Sion. Un trucco di questo stampo che metta in conflitto l’aviazione russa con quella di Erdogan, è certo fra gli scenari a cui si pensa.
Macron si preoccupa di salvare i “suoi” jihadisti
Tra i perdenti creati dal voltafaccia di Trump ci sono anche i francesi. Per creare il futuro Rojava avevano piazzato a fianco dei curdi 300 elementi dei corpi speciali che “facevano formazione e guidavano gli attacchi aerei verso Daesh (inesistente), in realtà per il vecchio progetto di far cadere Assad. Il tutto però sotto la protezione degli F-16 americani. Partiti loro, “non c’è più missione chiara per le forze speciali”, e la situazione è “diventata insostenibile” .
Il Figaro scrive: “Confidenza di un diplomatico a Bagdad: un emissario di Emmanuel Macron è apparso il fine settimana in Irak per il trasferimento dei jihadisti francesi detenuti dai curdi siriani e delle forze speciali nel nord-est siriano”. Tutte quelle migliaia di jihadisti con passaporto francese, giovanotti delle banlieues “radicalizzati”, stipendiati, armati e mandati a sostenere il grande progetto dei tagliagole International perché Assad Must go, adesso vengono spostati in Irak?
E perché tanta fretta? “Parigi teme che i curdi siano costretti a cedere questi cittadini francesi al governo siriano nel quadro del ravvicinamento tra il Rojava e Damasco”.
https://www.lefigaro.fr/international/djihadistes-paris-face-a-l-urgence-en-syrie-20191015
La Siria di Assad non è fra i vittoriosi. Vale la pena di leggere Israel Shamir: “Se Assad mettesse le mani sulla zona petroliera a est dell’Eufrate, sarebbe in grado di ricostruire la Siria con i soldi suoi, senza bisogno dell’assistenza occidentale. E’ per questo che le truppe americane, da quella zona petrolifera ed agricola, non se ne sono andate. I siriani hanno fatto un tentativo quando gli americani hanno fatto i bagagli, ma sono stati avvertiti che sarebbero stati bombardati senza pietà al minimo gesto. L’Occidente vuole il governo siriano debole e spezzato, mancante di liquidità, costretto a prendere a prestito ad interesse ed a mendicare gli aiuti”.