L’ostinazione con cui il giornale israeliano di Torino La Stampa insiste a pubblicare storie di fanciulli – tutti fotogenici – “sfuggiti alle bombe chimiche di Assad”, e tutta la narrativa di propaganda ormai screditatissima e dimostrata falsa, può rivelare due cose: o imperturbabile chutzpah, o estremo disappunto. Perché il tentativo di Netanyahu di trascinare USA ed Europa nella guerra decisiva in Siria appare fallimentare. Il gratuito e limitato attacco dei tre aggressori, USA, Francia, Gran Bretagna, sembra essersi risolto in un danno: politico, militare, d’immagine e psicologico.
La stessa ridda di informazioni contraddittorie sui fatti che esce dalle tre capitali dimostra la confusione che regna i quel campo. Il generale Mattis, capo del Pentagono, che annuncia “il nostro è un colpo isolato”; Nikki Haley, l’ambasciatrice all’Onu, che decreta nuove e durissime sanzioni contro la Russia, evidentemente a nome della lobby, scontenta dei troppo simbolici lanci di missili; Macron che dichiara che ha convinto Trump a lasciare soldati americani in Siria (ossia ciò che vuole Netanyahu), e viene subito smentito dalla Casa Bianca. Si aggiunga che prima esce l’indiscrezione che Trump voleva bombardare siti iraniani e russi ma Mattis s’è fermamente opposto, seguita poi dal dettaglio contraddittorio che Trump, posto di fronte a tre opzioni di attacco in Siria, ha scelto la meno dispendiosa, limitare l’attacco ai tre siti che la fantasia occidentale ha definito “fabbriche e depositi clandestini” di armi chimiche di Assad – e di cui il principale, la palazzina di Berzah, era un laboratorio farmaceutico visitato regolarmente dagli osservatori dell’OPWC (Organisation for the Prohibition of chemical weapons) .
“Trump sta abbandonando Israele?”
Netanyahu. Lo stato d’animo del governo sionista dopo l’attacco, è rivelato dal titolo del Jerusalem Post: “Trump sta abbandonando Israele?”. Ci limitiamo a due frasi. “Senza una presenza americana in Siria per aiutarci a contenere il regime di Assad, Israele può sentirsi obbligata ad aumentare il livello e la letalità delle sue azioni unilaterali per proteggere i suoi confini”. “E’ un grave smacco strategico per la leadership americana e la sicurezza israeliana. I governanti dello stato ebraico non possono fare a meno di chiedersi se Washington gli parerà il didietro se decide un colpo preventivo contro la minaccia dell’Iran basata in Siria”. La sola speranza è John Bolton, “che ha molti amici in Israele”, da cui l’ordine alla lobby di far pressioni sul baffuto consigliere.
http://www.jpost.com/Opinion/Washington-Watch-Is-Trump-abandoning-Israel-549817
Macron è diventato il Piccolo
Emmanuel Macron, partecipando all’attacco, ha danneggiato la sua posizione internazionale che credeva di migliorare. Il suo governo ha emanato un documento (Evaluation Nationale) che pretende di portare le “prove” delle violazioni siriane (attacco chimico) onde giustificare “giuridicamente” l’attacco bellico al regime di Damasco. Senza il mandato ONU. Ossia, come ha riconosciuto persino una tv francese, TV5 Monde, “violare il diritto internazionale per farlo rispettare”. Ovviamente, le opposizioni, da Marine Le Pen a Melenchon passando per Les Republicains, gli sono saltate alla gola: è la prima volta dal 1945 che la Francia esce dalla legalità internazionale. Ora, già questo fatto indica che il giovanotto ha subito una pressione “talmudica”: non riconoscere i trattati internazionali, lo jus publicum aeroropaeum che riconosce anche nello stato nemico un justus hostis, è proprio del diritto talmudico. La superpotenza americana lo fa dall’11 settembre, dichiarandosi (con la dottrina Bush) pronta ad aggredire ogni Stato che a suo giudizio disturbi il proprio interesse nazionale, ossia senza riconoscere allo stato aggredito la legittimità di esistere. Che possa farlo Parigi, è dubbio. Macron rischia di finire come Sarkozy, che è sotto processo in relazione alla sua aggressione alla Libia per far uccidere Gheddafi, il pagatore della sua campagna elettorale. In ogni caso, Macron si è isolato dalla UE e la “relazione speciale” che sperava di approfondire con la Germania per guidare a due l’Unione, si allontana. Anche la posizione di Parigi come onesto mediatore in questione internazionali, dal Medio Oriente all’Iran, è intaccata, e così nell’Africa Francofona.
Ha perso l’appoggio della UE. I 28 ministri degli esteri, riunitisi due giorni dopo l’attacco, hanno invocato il dialogo con la Russia in Siria. Altrimenti, la UE si spaccava, ha detto un anonimo presente alla riunione: “Bisogna evitare che ogni paese faccia la sua politica autonoma di fronte a Mosca. E’ importante perché la UE esista”. Mettete in conto a Salvini anche questo successo.
«Deux jours après les frappes, les pays européens appellent au dialogue avec la Russie en Syrie ».
Anche l’opinione pubblica francese – mentre i media inneggiavano a Macron “chef de guerre” – è rimasta fra l’irritazione, l’ironica incredulità (“Abbiamo convinto Trump a restare in Siria- chi, lui?”) e la derisione: specie quando dopo tutte le accuse “la Russia è colpevole”, si è saputo che la Francia ha preavvisato la Russia dei luoghi e delle ore in cui avrebbe voluto colpire. Macron torna ai problemi interni (scioperi, opposizione di massa alle sue “riforme” liberiste) molto rimpicciolito. Le Monde, a nome dei Rotschild, titola: “Missione Incompiuta”.
Militarmente, l’attacco è stato un clamoroso insuccesso. Su questo sono d’accordo gli esperti militari francesi come quelli americani. Sull’autorevole sito Sic Semper Tyrannis, un “Publius Tacitus” (pseudonimo sotto cui si nasconde un generale o un ammiraglio in servizio, obbligato all’anonimato) giudica che “il generale Mattis e il generale Dunford [il capo degli stati maggiori riuniti] si sono disonorati a prestarsi a questa mascherata”.
Il generale Dominique Delawarde è sarcastico. Riporta la versione russa – 103 missili su sei obiettivi (di cui quattro aeroporti militari siriani) dei quali 71 sono stati intercettati dalla contraerea siriana, senza che quella russa sia intervenuta.
E la versione americana: 105 missili su 3 “installazioni clandestine di armi chimiche”. Tutti andati a segno.
Il generale Delawarde commenta con ricordi personali: “Gli americani hanno fornito foto satellitari «Battle Damage Assessment» (stima dei danni inflitti dopo un bombardamento). Anche nel dicembre 98, al tempo dell’Operazione DeseertFox, gli americani avevano colpito e fornito questo tipo di foto satellitari. Il nostro satellite francese, molto preciso, dava dei risultati molto diversi dai loro. Erano rimasti sorpresi di come li avevamo colti in flagrante menzogna” . E “mi ricordo personalmente delle menzogne quotidiane del portavoce della NATO sulle false perdite dei serbi in Kossovo da marzo a maggio 1990. La NATO dichiarava più di 800 materiali importanti distrutti al 78 mo giorno di bombardamento. Il conteggio reale effettuato dopo il cessate il fuoco, risultò di una trentina. Tutti i MiG distrutti a Pristina il primo giorno di guerra, una ventina, al momento del cessate il fuoco sono usciti dai sotterranei ed hanno decollato tranquillamente per Belgrado. Questa coalizione ha troppo mentito negli anni passati per essere credibile oggi”.
https://reseauinternational.net/frappes-sur-la-syrie-resultats-consequences/
Dunque il generale francese tende a credere alle stime russe. Anche se, onde fosse vero che il 70% dei missili sono stati intercettati, “i risultati sarebbero semplicemente catastrofici per i tre aggressori. Significa che se fosse intervenuti i S-400 russi, nessun missile di Usa, Regno Unito e Francia avrebbe raggiunto nemmeno il territorio siriano”.
Con un caveat e un’eccezione: tutti i 19 missili JASSM-ER a bassa tracciabilità, lanciati dai bombardieri B-1B e usati per la prima volta in un conflitto, non sono stati nè intercettati né visti dai radar russi. Ed hanno raggiunto il bersaglio. I russi dovranno lavorarci.
Erdogan s’è rimesso nei guai. Tradendo di nuovo.
Prima dell’attacco, il suo ministro degli Esteri ha applaudito ai lanci di missili e lui, applaudendo gli attacchi occidentali, ha di nuovo dichiarato che Assad deve essere cacciato.
Erdogan insomma ha scelto di tornare “con la NATO” senza essere informato della natura limitata dell’attacco; insomma la NATO continua a non parlargli. In quste ore, tace. Come chi s’è messo unpiede in bocca. Infatti adesso ha perso anche la fiducia di Mosca e Teheran, che lo avevano accettato nella nuova coalizione per la sistemazione della Siria e l’integrità territoriale siriana; i due alleati gli hanno lasciato occupare Afrin, chiudendo un occhio sulla sua avidità. Adesso la posizione del turco presso Mosca e Teheran è scaduta – può dare addio agli S-300 – mentre l’Alleanza non lo ha recuperato e non gli perdonerà il suo flirt con la Russia.
Il saudita Mohamed Bin Salman ha commesso lo stesso errore: si aspettava che i missili contro Assad fossero il preludio automatico a una guerra contro l’Iran (deve averglielo assicurato Netanyau). Ora, il suo appoggio all’attacco alla Siria gli sarà ripagato in Yemen dall’Iran; le buone relazioni con Mosca, che ha tanto cercato, sono di nuovo al gelo. Adesso il regno wahabita è il solo alleato di Sion nell’area: posizione imbarazzante. Del resto, anche Netanyahu s’è giocato la buona relazione personale con Putin: “S’è dimostrato come il vero istigatore della guerra contro la Russia. Mosca ha preso nota”, scrive il sito Geopolitka. Ru
L’Egitto non si è unito al coro anti-Assad, né ha commesso l’errore di farsi nemica Mosca. Ciò mette Il Cairo in una posizione futura di guida del mondo sunnita, specie dopo che Erdogan, con le sue oscillazioni, è scaduto.
Nell’insieme, il risultato dell’attacco agli occhi delle capitali del Medio Oriente (ma non solo Teheran, e gli emirati di Golfo filo-americani, ed anche di Cina, India, Pakistan) è interpretato come una dimostrazione di debolezza, inconcludenza, inaffidabilità e confusione mentale del dominio delle potenze globaliste occidentali.
Naturalmente, Israele ritenterà. Intraprenderà le sue aggressioni unilaterali e sempre più letali in Siria. Ma oggi è più scoperta e i suoi alleati, da Macron alla May a Bin Salman, hanno perso e dimostrato la loro inefficacia anche militare.