Quattro grandi potenze giocano la loro partita a due passi da casa nostra ma né l’Europa né l’Italia sono in grado di esercitare il benché minimo ruolo, di qualunque tipo. Stati Uniti, Russia, Iran e Turchia, e sullo sfondo la Cina, si contendono i loro spazi in Africa e in Medio Oriente, polveriera del mondo, e arrivano a lambire il nostro mare, ma l’Italia non esiste, non gode neanche di una copertura europea, conta quanto il due di coppe a briscola anche laddove dovrebbe avere un ruolo importante, come la Libia.
La repubblica italiana è sempre stata a sovranità limitata, sotto la protezione americana, rispetto a cui siamo stati servili e inaffidabili al tempo stesso. Totalmente sdraiati ma capaci di trattare sottobanco con gli arabi o i sovietici. L’unico personaggio che perseguì gli interessi nazionali italiani senza appiattirsi sugli Usa e le sue multinazionali fu Enrico Mattei, non un politico ma un manager di stato che probabilmente pagò caro il suo ruolo. E l’unico episodio governativo di dignità nazionale che si ricorda in 75anni fu a Sigonella, quando l’Italia di Craxi seppe dire di no all’America di Reagan, e pure lui ne pagò probabilmente lo scotto.
Abbiamo scontato per troppi decenni la nostra sconfitta militare, e quando pareva che potessimo finalmente emanciparci grazie alla caduta del bipolarismo Usa-Urss e all’ombrello europeo, siamo ricaduti in una posizione marginale perfino più subalterna che in passato. Prima dovevamo ubbidire agli americani e non scontentare i sovietici, ora la scala delle nostre servitù si è allargata alla Germania, alla Francia e a tutte le potenze internazionali citate, nonché ai paesi limitrofi perché non ci mandino caterve di migranti.
Il colpo di grazia finale è stato avere uno sprovveduto e inattendibile ministro degli esteri di proverbiale ignoranza, accompagnato da un premier spuntato dal nulla, indicato dal ministro medesimo, mai legittimato dalle urne o da un ruolo autorevole precedentemente coperto. Non abbiamo una linea di politica estera, non sappiamo che dire su nessun argomento, tra pareri approssimativi e orecchiati in materia internazionale; ci troviamo così muti, balbettanti, incapaci di assumere una posizione se non quella di chi ripete: però non passate alle mani, non sparate, fate la pace, non fatevi male o perlomeno non fateci del male, noi non c’entriamo, prendetevi la Libia, il Medio Oriente, vedetevela voi col nucleare, noi non ce l’abbiamo con nessuno, stiamo zitti e buoni per i fatti nostri.
Davanti a questo quadro, purtroppo, non ci pare un rimedio né un’accorta scelta strategica e tantomeno uno scatto di dignità l’appiattimento di Salvini e di alcuni settori del centro-destra sulle posizioni americane-israeliane e anti-iraniane. Parlo a titolo personale, ma reputo sciagurata l’uccisione di Soleimani e pericolosamente falsa la tesi di chi attribuisce all’Iran un ruolo nel terrorismo internazionale. Sappiamo che il terrorismo che si è accanito contro l’occidente ha matrice sunnita e non sciita, le complicità internazionali sono negli stati arabi, non in Iran che anzi ha combattuto l’Isis, e altre formazioni terroristiche in Siria e in Libano. Certo, c’è un odio ideologico e militante dell’Iran nei confronti degli Usa e di Israele, totalmente ricambiato; le milizie che combattono dalla parte dell’Iran non sono da meno quanto a fanatismo e ferocia, gli ayatollah come i pasdaran.
Ma gli Usa, considerando l’Iran uno Stato canaglia e nemico principale – così come ritiene Israele – lo sta spingendo a radicalizzare la propria posizione e a rompere ogni possibile patto anche in tema di disarmo nucleare.
Ho reputato preferibile Trump ai democratici alla Hillary Clinton e all’Establishment radical e liberal; e considero vergognoso il tentativo di impeachment da quando si è insediato alla Casa Bianca solo perché è un outsider politically uncorrect. Ritengo che Trump abbia ridato slancio e vitalità all’economia americana e al sentimento nazionale. Ma in politica estera ha preso pericolose cantonate, cavalca posizioni tranchant per assecondare la pancia degli americani ed è disposto a una guerra rovinosa se serve a garantirsi la rielezione.
Non si tratta però, come tanti lo presentano, di un forsennato populista perché in queste posizioni Trump ricalca la sciagurata politica mediorientale dei suoi predecessori inglesi e americani che tanti lutti e rovine ha generato, tanto fanatismo islamista ha scatenato.
Si rivedono come in un film a rovescio la sciagurata guerra del Golfo, l’invasione dell’Iraq e la sanzioni, i bombardamenti che distrussero grandi testimonianze di civiltà; e poi il processo a Saddam per un presunto e mai trovato arsenale nucleare; e via via quel che è successo dall’11 settembre del 2001 in poi.
A cui si è aggiunta la sciagurata responsabilità dei francesi, dei tedeschi e di altri partner europei per quel che riguarda la Libia, la primavera araba e il dissennato appoggio a ribelli e a tribù che produssero instabilità, terrorismo, profughi e clandestini. Fa male pensare che dobbiamo sperare nello zar Putin e in certi casi perfino nell’autocrate Erdogan per ristabilire l’equilibrio d’area, a che prezzo poi non sappiamo. La posizione di Salvini su questi temi ricalca su scala ridotta le posizioni e i moventi di Trump; più equilibrata mi è parsa la posizione della Meloni.
Ma da noi l’unico tema internazionale che desta interesse e interventi, dal Papa ai magistrati, è l’accoglienza dei migranti e la condanna per razzismo di chi vi si oppone… Stiamo seduti sull’orlo di una polveriera e continuiamo a ripetere: prego, accomodatevi, ingresso libero, pace pace.