Dice da qualche parte Ortega y Gasset che la politica è lo strato superficiale della vita comune civile, allo stesso modo che l’epidermide è la superficie dell’organismo umano: le affezioni che si manifestano nella pelle, eruzioni, bolle, foruncoli, papule, eritemi, sono spesso solo sintomi di mali più profondi, interni e “centrali”, dalla sregolazione dell’apparato digestivo fino alla sifilide o alla lebbra. Allo stesso modo in politica. Sicché è sconfortante e risibile lo spettacolo del varo del “decreto anticorruzione”, con cui il parlamento, questa clinica di sifilitici, confeziona la pomata per curare l’ulcera locale luetica. Disgustoso il plauso generale, totalitario, per il papale “la corruzione spuzza!”. Plaude la mascalzoneria napulitana di Scampia che di camorra vive e muore, plaudono i lebbrosi e i sifilitici della politica, i giornalisti dell’herpes genitale grattandosi lì sotto. “Come dice bene papa Francesco! Gli altri spuzzano, noi no”, facendosi snaguinare furiosamente le verruche squamanti. Specie i magistrati, questo lupus eritematoso della società, questi che scendono in sciopero per non farsi accorciare le vacanze, questo potere bubbonico, si proclamano ogni giorno, in posa eroica, “in prima linea contro la corruzione”. Hanno occupato tutti i poteri e contropoteri (persino i media) e il potere supremo: dall’inquilino del Quirinale al presidente del Senato che sono dei loro, è il potere giudiziario che, ingrossando e divorando, ha occupato il potere esecutivo fino ai vertici, platealmente chiamati in quei vertici dai politici papillomatosi che si lasciano espropriare del potere esecutivo, volentieri pure, perché è uno scarico di responsabilità. La sola attività politica rssidua consiste, ormai, nella mostruosa proliferazione cancerogena del potere legislativo: quattro leggi varate ogni giorno, spensieratamente aggravando l’immane sovraccarico della incertezza del diritto, dell’arbitrio cervellotico o furbesco, aumentando astronomicamente le possibilità di inghippi. Irresponsabili all’ultimo stadio.
Da quarant’anni questa classe politica non fa’ che scaricarsi: alla difesa? Ci pensa la NATO. La società, i valori, le norme? Ci pensa “l’Europa”, ossia il melano-sarcoma burocratico che prolifera senza fine, orrendo, a Bruxelles. La moneta? Ci pensa la BCE. Tanto, i soldi abbondanti per tutta la casta inadempiente e incompetente, ignorante e callosamente corporatista, arrivano dalle tasche del contribuente: “Ci pensa Equitalia”, con le sue illegalità, i suoi abusi di potere, il suo frugare e sospettare deii cittadini che tiene come un potere occupante straniero sotto il suo tallone; come potere estraneo, indifferente sadicamente che la sua spoliazione stia uccidendo l’attività economica, invogli solo alla fuga, all’espatrio, per uscire dal soffocante potere totalitario dei funzionari – oltretutto illegittimi, essendo stati messi al posto di responsabili senza concorso, illegalmente.
Addestrati all’irresponsabilità
I “politici” dunque non hanno bisogno di “pensare” più a nulla. Quarant’anni di scarico di responsabilità, e poi ci si stupisce di questa marea di irresponsabilità che travolge la cosa pubblica.
Cosa dovrebbe rendere responsabile un alto funzionario? Che cosa dovrebbe trattenerlo dal rubare avendo in mano le leve tecniche di uno Stato dove non c’è più “patria”, e non rimane nemmeno la più residuale idea di quel che si chiamava “interesse nazionale”? Anche l’interesse nazionale è stato demandato all’estero, agli americani, alla Bundesbank, i polacchi persino, ai baltici: ossia a qualunque entità anti-nazionale. Il presidente del Senato Aldo Grasso, procuratore che non dovrebbe per questo solo fatto essere stato elevato a quel posto, dice: c’è la corruzione perché le pene sono basse: più manette, e si risolve. E’ la pomata giustizialista, moralista, sul lupus eritematoso. Ovviamente, nessuno ricorda le grida manzoniane, che comminavano lo squartamento ai malviventi, senza diminuire il numero dei farabutti, perché protetti, alimentati e domestici dei governanti, dai signorotti, dalla Casta del tempo.
Twittare non è governare
Il “presidente del consiglio” (scusate le virgolette) crede che twittare sia governare. Da’ ordini per tweet, si elogia per tweet, proclama fantasmagorici successi per tweet. Senza nemmeno curarsi se, sotto, resta un apparato che esegua gli ordini politici o sia occupato solo, inadempiente, irresponsabile, al compito della propria sopravvivenza, anzi prosperità, arricchimento, metastasizzazione senza limiti. Sotto, non c’è più nulla. I migliori dei grand commis, i più stimati, sono come quell’Incalza che ogni ministro dei miei stivali ha sempre ritenuto indispensabile: a copertura della propria incompetenza. Incalza “sapeva far funzionare le cose”. La sua specialità, per la quale è stato tanto stimato, consisteva – se ho ben capito – nell’aggirare in modo legalissimo il coacervo, il rumentario, l’intrico patologico di normative-spazzatura, stentoreamente punitive e sospettose, che dovrebbero preservare le opere pubbliche e i grandi stanziamenti dalla Corruzione (spuzza, si sa): e ne sono ovviamente la causa. La semplificazione delle “norme” (ossia della rumenta) non fa’ comodo a nessuno, nè al parlamento che la produce a valanghe, nè al ministro, è al funzionario – la cui competenza consiste appunto nella conoscenza approfondita della rumenta e della sua discarica.
Quarant’anni di de-responsabilizzazione hanno reso inutile la responsabilità di fronte ai cittadini. E hanno fatto dimenticare le arti del governo – quelle fornite dalle scuole d’alta amministrazione; noi che non le abbiamo mai avute, avevamo almeno l’IRI che in qualche modo per decenni ha formato i grand commis. La “politica” ha provveduto a saccheggiare, devastare, e infine a svendere, anche quella impropria scuola di amministrazione e centrale intellettuale di politica economica strategica. La magistratura ha contribuito ad abbasse il prezzo per la svendita che dovevano pagare gli stranieri, mettendo sotto accusa al momento giusto i dirigenti delle partecipazioni pubbliche appena andavano “sul mercato”.
Dall’estero sono venute anche le scusanti ideologiche per lo scarico di ogni responsabilità ed ogni preoccupazione di competenza, patriottismo e arte di governo. Il neo-vangelo liberista, le “privatizzazioni”, la diffamazione del governo come “statalismo” e dirigismo contrario al Mercato; e come conseguenza del “privatismo”, l’illusionistica furbesca narrativa di trasformare i funzionari statali in “managers” , il che li ha liberati solo dal concorso, per attaccarli al carro del partito. Ciliegina sulla torta maleodorante, le centrali del potere che ci hanno espropriato della sovranità (e quindi di responsabilità) stanno facendo sparire persino il termine di “governo”, di “governare”, che evoca troppo il potere esecutivo; l’hanno sostituito con “governance”, parola chiave della neolingua. Essa non allude solo alla gestione privatistica, efficientista, degli amministratori delegati delle aziende quotate che devono piacere ai “mercati”. Come nota il pensatore Dany-Robert Dufour, “punta a relegare la cosa pubblica negli scaffali dei vecchiumi, e a sostituirla con l’insieme degli interessi privati, supposti capaci di auto-regolarsi” dalla dogmatica dominante, quella del capitalismo globale che estende al politico la (falsissima) “mano invisibile del Mercato”.
In questo senso, i moralisti tipo 5 Stelle o il Fatto Quotidiano, e le sinistre residuali incapaci di capire quanto servono il capitale, giocano contro lo Stato la “società civile” 1, che pretendono morale per natura – come il Buon Selvaggio dell’Illuminismo. Con ciò, cadono nel tranello del capitalismo speculativo terminale, a cui non par vero battezzare ‘società civile’ tutti gli interessi privati e particolari in mucchio, quelli delle caste potenti e parassite e quelle degli individui atomizzati, ridefiniti “consumatori”, le cui voglie anche perverse allo Stato si intima di non ostacolare, (come non deve ostacolare il “libero mercato”) ma di legalizzare, di farne legge.
Ora, già Hegel aveva mostrato che l’addizione degli interessi privati, anche legittimi, non fa’ l’interesse generale. “Nella società civile, ciascuno è per se stesso un fine, tutto il resto è niente per lui”. Ne segue che più facilmente la “società civile” produce totalitarismo più di qualunque preteso autoritarismo statale o religioso: quel totalitarismo che si esprime così vistosamente sulla Rete di Beppe Grillo, sede di processi e inquisizioni, di condanne e roghi di eretici; dove si vede ad occhio nudo che “il potere totalitario è innanzitutto la tirannia di tutti verso tutti”, dove tutti si fanno poliziotti volontari del dittatore collettivo. “La società totalitaria”, ha ben spiegato Claude Polin, “non si fa’ dall’alto verso il basso, ma dal basso in alto”. Proprio perché “nessun individuo sia sottomesso a un altro, occorre che ciascuno possa invocare un soggetto collettivo a cui avrà dato lealtà e la cui volontà ha forza di legge”, scriveva Hegel, a giustificare lo Stato come “la realtà della libertà concreta”. Anche questa dizione imperfetta e rivoluzionaria hegeliana (“soggetto collettivo”, non “superiore”) è ormai troppo alta per i cantori della “società civile”. Essi rigettano lo Stato in base alla loro ideologia libertaria che rigetta ogni sottomissione, anche quella che è condizione per la libertà “concreta”. Naturalmente, sono finiti sotto il tallone del capitalismo libertario che rigetta lo Stato anch’esso, per “privatizzare” tutto e saccheggiare tutto, delle burocrazie inadempienti sovrannazionali sottratte ad ogni giudizio, e delle masse volontarie di psicopoliziotti, il gregge egolatra che si crede anti-autoritario ed anti-conformista, trasgressivo e libero da gerarchie e da tabù….e sorveglia occhiuto che nessuno sia meno standardizzato di sè, coltivi altri desideri ed aspirazioni più alte.
I libertari-standard e il Mercato, il gregge e Wall Street, gridano, in fondo, la stessa pretesa: “Nessuno ci dia ordini, noi ci auto-regoliamo”. Tutti e due sono contro ogni “autoritarismo” e non cessano di scagliarsi contro i “poteri gerarchici”, di cui ormai non sussistono nemmeno le macerie. Entrambi aggrediscono ogni affermazione dell’esistenza di una verità assoluta e oggettiva, in cui denunciano (falsamente) la radice della “intolleranza” e del “totalitarismo”, e dunque entrambi esprimono revulsione e rigetto dell’ultimo ente che ancora (per poco) è costretto ad affermare che la Verità è una, la Chiesa. La Chiesa deve solo tacere!, gridano le masse liberate dal Mercato. Parli solo il Papa che dice “chi sono io per giudicare”, che è simpatico, che sente la”spuzza”, ma la nostra no, degli altri, dei corrotti.
E’ tutto uno spargere pomate sulle vitiligini, gli epiteliomi, le dermatiti veneree. Grattandosi e graffiandosi il prurito incoercibile, si scagliano contro ogni governo e accettano la governance. Pretendono moralità nel pubblico e non riconoscono la cosa pubblica come livello necessario alla civiltà. Si vogliono trasgressivi, legalizzare ogni vizio, ma chissà perchè il direttore generale del Ministero deve essere specchiato, onesto, patriottico.
Un po’ di cronaca
Alessandra Mussolini: “Non so come la De Girolamo sia diventata deputata. Anzi lo so ma non lo dico”. “Rapinano un market: sono due carabinieri. Sparatorie, inseguimenti, un morto e nove feriti”. Consigliere comunale aveva la patente sospesa ma guidava lo stesso: si finge il fratello gemello per evitare la multa. Napoli: uomo violenta il figlio di 11 anni e lo vende sul web, esibendo le foto porno dei rapporti sodomitici e incestuosi. “La Tasi è costata ai contribuenti il 15% in più dell’Imu cancellata, e grazie alla estensione dell’imnposta sui terreni agricoli, ha portato il gettito al record insuperato: 25,2 miliardi di euro, il 157% in più dei tempi della Uci”. Imu da pagare anche per le seggiovie: 26 mila euro annui per una seggiovia a sei posti, 50 mila per una cabina ad otto posti. “Fa’ due crociere in un anno, gli esattori gli fanno visita”. “Presti i soldi ai figli? Vanno dichiarati al Fisco”. “Tenta di uccidere la moglie per la seconda volta ma sbaglia persona, e ferisce brutalmente un’amica di 71 anni”. Sono notizie alla rinfusa, ognuno veda quanto viene dalla pubblica irresponsabilità, e quanto dalla società civile. Spira un vento cattivo sulle anime, tanti stanno cedendo al loro satana interiore senza difese nè provare a resistere, in un’obbedienza animalesca , primaria, ai propri impulsi più ciechii.
La malattia non è politica; quella è la superficie, l’herpes sulla pelle. La malattia centrale è quella che diagnosticò Dostoievski nei Karamazov: “ Se Dio non esiste, allora tutto è permesso!”. La scomparsa di Dio induce – è ovvio – la scomparsa di tutte le regole, di tutte le norme sociali. E’ una bella pretesa volere, promuovere, diffondere e glorificare la trasgressione, e poi non volere la “corruzione”. Non capirlo è esso stesso un sintomo del crollo della ragione, esito sorprendente per un’ideologia che cominciò con le feste della Dea Ragione.
- Il termine è mistificatorio fin dall’inizio, la sua matrice è nella Rivoluzione: compiuto il processo egualitario di sterminio delle strutture “naturali” della società (famiglia, gilde artigiane, corpi intermedi, gerarchie, ordini religiosi), lo si sostituisce con la “società civile”, spettro parodistico delle realtà concrete distrutte. “Nel linguaggio di Gramsci, il termine ‘società civile’ designa l’insieme degli organismi in seno ai quali si elaborano e promuovono le mentalità e le ideologie: mass-media, università, circoli, eccetera”. Roberto de Mattei, La Sovranità necessaria, Minotauro, 2001, pagina 151. ↩