di Thierry Meyssan Rete Voltaire 23 novembre
Da un lato, il governo francese sta mobilitando tutti i suoi mezzi di comunicazione per focalizzare la sua popolazione sugli attentati del 13 novembre. Dall’altro, lancia assieme a Israele una nuova guerra in Iraq e in Siria. Il suo obiettivo non è più quello di rovesciare il regime laico siriano, né di distruggere il suo esercito, ma ormai quello di creare uno stato coloniale a cavallo dell’Iraq e della Siria, gestito da curdi, per una manovra a tenaglia sugli Stati arabi. Il sogno di una potenza israeliana dal Nilo all’Eufrate sta tornando.
Al G20, Mosca e Washington impongono di tagliare i finanziamenti a Daesh
Il vertice del G20 ad Antalya (Turchia) si è certamente preoccupato dell’economia, ma soprattutto della situazione nel Vicino Oriente. Numerosi negoziati bilaterali hanno avuto luogo durante il vertice, e non sappiamo i dettagli di ciò che è stato discusso e concluso nel corso di questi dialoghi in disparte.
Tuttavia, il presidente russo, Vladimir Putin, ha denunciato senza nominarli quegli Stati partecipanti alla conferenza che sponsorizzano Daesh. Ha mostrato ai suoi colleghi delle fotografie satellitari di convogli di autocisterne che attraversavano la Turchia per vendere il petrolio rubato dall’organizzazione terroristica in Iraq e in Siria [1]. Pubblicamente chiamato in causa per le sue violazioni delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza in merito al suo finanziamento a Daesh, il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha accusato il colpo. Secondo il Partito Socialista turco, Bilal Erdoğan (figlio del presidente) dirige personalmente questo traffico [2].
I presidenti Putin e Obama hanno deciso di distruggere le autocisterne della famiglia Erdoğan per porre così fine al traffico di petrolio. Lo stesso giorno, il CentralCommand statunitense bombardava per la prima volta in un anno e mezzo delle autobotti cariche di petrolio in Iraq, mentre le forze armate russe ne distruggevano un grandissimo numero in Siria [3].
La Russia e gli Stati Uniti hanno costretto la Francia a unirsi a questa operazione. Fingendo di rispondere agli attentati di Parigi, il presidente Hollande ha annunciato senza arrossire che dava ordine alle sue forze armate di bombardare degli obiettivi di Daesh in Siria, mentre il presidente Putin dava pubblicamente istruzioni alle forze armate russe di coordinarsi con la Francia e di trattarla «come» un alleato [4].
Il presidente francese incontrerà prossimamente i suoi omologhi statunitense e russo.
Sembra che siano stati presi provvedimenti efficaci per isolare i 24 istituti bancari che Daesh utilizza dall’Iraq per trasferire denaro; provvedimenti che il sottosegretario di Stato USA David S. Cohen aveva invano cercato di imporre per mesi [5].
La Francia e i “falchi liberali” organizzano una nuova guerra
Nel prendere atto che avrebbe dovuto ritirare Daesh dalla Siria, il gruppo di Stati, di multinazionali e di personalità statunitensi che organizza la guerra ha deciso allora di lanciarne una terza.
La “Primavera araba” (da febbraio 2011 a gennaio 2013) era stata lanciata dal Dipartimento di Stato USA. Si trattava di rovesciare regimi arabi laici, sia alleati sia resistenti agli Stati Uniti, per sostituirli con dittature dei Fratelli Musulmani. Dopo aver rovesciato i presidenti tunisino ed egiziano durante le “rivoluzioni” del Gelsomino e del Loto, la guerra è stata dichiarata alla Libia e alla Siria (come previsto dal trattato di Lancaster House del novembre 2010), ma le potenze coloniali non giunsero ad attaccare l’Algeria (presa di ostaggi di In Amenas).
La seconda guerra siriana (da luglio 2012 a ottobre 2015) è stata lanciata dalla Francia, dai “falchi liberali” degli Stati Uniti (Hillary Clinton, Jeffrey Feltman, David Petraeus, etc.) e da Israele, finanziata da un gruppo di Stati (Turchia Qatar, Arabia Saudita, ecc.) e da alcune multinazionali (Exxon-Mobil, KKR, Academi, etc.). Non si trattava più tanto di cambiare il regime, quanto di «far sanguinare» il paese e distruggere il suo esercito (più di 100.000 soldati siriani sono morti combattendo contro il terrorismo). Si è conclusa con l’intervento militare della Russia.
La terza guerra siriana (dal 20 novembre 2015) è iniziata da alcuni membri dello stesso gruppo, questa volta in vista della creazione di un nuovo Stato nel nord della Siria e dell’Iraq, al fine di prendere a tenaglia gli Stati Arabi che resistono a Israele [6].
Poiché gli organizzatori della guerra sono divenuti consapevoli che non sarà più possibile per loro continuare ad agire contro la Siria, hanno convenuto di riprendere e continuare quel programma che aveva già portato alla creazione del Sud Sudan nel 2012. Questo progetto corrisponde al piano di Alain Juppé (marzo 2011) e a quello pubblicato da Robin Wright (settembre 2013), che prevedevano che, dopo aver appoggiato Daesh per creare un Sunnistan, si sarebbe dovuto creare un Kurdistan [7].
Non si tratta più né di una guerra presuntamente ideologica (Primavera Araba) né di una guerra presuntamente religiosa (Seconda Guerra Siriana), bensì di una guerra presuntamente etnica.
Le operazioni segrete sul campo
Per fare tutto questo, sono riusciti a trasformare il partito curdo siriano marxista-leninista YPG (ormai denominato «Forze democratiche di Siria») e ad allearlo con il clan Barzani dell’Iraq. Certo, i due gruppi sono curdi, ma non parlano la stessa lingua, si sono uccisi a vicenda durante tutta la Guerra Fredda, e si richiamano a ideologie diametralmente opposte. [8]
Si noti incidentalmente che, ormai, il governo regionale curdo dell’Iraq è una dittatura. Il suo presidente Massoud Barzani, un agente del Mossad installato dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, si aggrappa al potere dalla fine del suo mandato, nel giugno 2013 [9]. Hanno spinto le «Forze democratiche» (sic) a curdizzare forzatamente le popolazioni non-curde del nord della Siria (ottobre 2015), provocando la rivolta degli arabi e dei cristiani assiri nonché l’ira di Damasco, senza incontrare peraltro alcuna reazione internazionale [10]. Non ce ne fu d’altronde nemmeno in occasione dell’annessione dei campi petroliferi di Kirkuk da parte del governo regionale curdo dell’Iraq (estate 2014), poiché l’opinione pubblica internazionale non aveva occhi che per la pulizia etnica praticata da Daesh. All’epoca, non solo le grandi potenze non avevano condannato la guerra di conquista del Governo Regionale Curdo dell’Iraq, ma si erano offerti di fornirgli armi direttamente, senza passare per il Governo centrale di Baghdad, con il pretesto della lotta contro Daesh.
Le parti in conflitto non annunceranno di fare la guerra per creare uno stato coloniale israeliano e prendere gli Stati arabi resistenti in una manovra a tenaglia, bensì riterranno necessario dichiarare che stanno lottando per un Kurdistan indipendente; una posizione grottesca, dal momento che il territorio coinvolto non è mai appartenuto al Kurdistan storico, mentre ivi i curdi sono largamente minoritari (meno del 30 per cento della popolazione).
Il 5 novembre, la Francia ha annunciato l’invio della portaerei Charles de Gaulle in zona, con il pretesto della lotta contro Daesh, in realtà per posizionarsi in vista della terza guerra siriana [11]. La nave ha lasciato Tolone, il suo porto d’attracco, il 18 novembre.
Dal 13 al 15 novembre, il Governo regionale del Kurdistan iracheno, sostenuto dalle «Forze Democratiche di Siria» hanno respinto Daesh dal Monte Sinjar (Iraq). In realtà, i soldati di Daesh si erano ritirati lasciando appena 300 uomini di fronte a una coalizione di diverse decine di migliaia di soldati. La zona liberata non è stata restituita al Governo iracheno, ma piuttosto annessa dal Governo regionale curdo dell’Iraq.
Benché finga di non sostenere questa operazione e di condannarla, la Turchia l’ha approvata in occasione del Trattato segreto Juppé-Davoutoğlu del 2011. Se lo pseudo-Kurdistan fosse creato, la Turchia non mancherebbe di sospingervi i militanti del PKK.
La Risoluzione 2249 autorizza, di fatto, la nuova guerra
Il 20 novembre, la Russia ha cercato di far passare di nuovo il progetto di risoluzione che aveva redatto per la sessione del 30 settembre e che era stata costretta a ritirare [12]. Tutt’al più, essa stessa ha modificato il testo includendovi dei riferimenti agli attentati del Sinai, di Beirut e di Parigi, menzionandovi anche l’articolo 51 della Carta (diritto di autotutela). Per una seconda volta, ha dovuto rinunciare al suo testo e lasciar passare una proposta francese che legalizzava l’intervento militare contro Daesh in Siria e in Iraq, che il Consiglio ha approvato all’unanimità (Risoluzione 2249) [13]. Benché possa essere interpretata in vari modi, la risoluzione calpesta di fatto la sovranità nazionale dell’Iraq e della Siria. Autorizza le grandi potenze a ingerirsi, posto che pretendano di lottare contro Daesh [14]. Si tratta evidentemente di liberare il nord della Siria da Daesh, però non per restituirlo alla Siria, ma per proclamarvi uno Stato indipendente sotto autorità curda.
La Russia non si è opposta a questa risoluzione e l’ha votata. Sembra che desideri per ora approfittare del piano franco-israeliano per spingere Daesh fuori dalla Siria senza tuttavia accettare il principio di uno pseudo-Kurdistan. La creazione di un tale Stato non ha alcuna legittimità nel diritto internazionale (i curdi della Siria non sono oppressi, ma godono degli stessi diritti degli altri cittadini). Si riapre la questione dei diritti delle minoranze già posto dalla creazione del Kosovo da parte della NATO. Essa autorizza di fatto qualsiasi gruppo etnico, qualunque sia la sua situazione politica, a rivendicare uno stato indipendente, il che implica di conseguenza la dissoluzione della maggior parte degli Stati del mondo – compresa la Francia- e il trionfo della «globalizzazione».
Da ricordare:
Il Cremlino e la Casa Bianca si sono intesi nel voler tagliare i finanziamenti di Daesh. Hanno bombardato in Iraq e in Siria le autocisterne della società di Bilal Erdoğan e hanno isolato le banche di Daesh.
Dopo l’annessione dei campi petroliferi di Kirkuk nel giugno 2014, Israele e Francia sono giunti a continuare l’espansione del territorio del Governo regionale curdo dell’Iraq (annessione dei Monti Sinjar) e a lanciare la conquista del territorio non curdo della Siria settentrionale da parte dell’YPG, ora chiamato «Forze democratiche in Siria». Intendono alla fine unire le due entità e proclamare l’indipendenza di uno Stato presunto curdo.
La creazione di uno pseudo-Kurdistan in aree non-curde non ha legittimità rispetto al diritto internazionale. Mira unicamente, con quella del Sud Sudan, a prendere a tenaglia i maggiori stati arabi (Egitto, Siria e Iraq) per realizzare il sogno di una potenza israeliana che va dal Nilo all’Eufrate.